Addio Francesco Rosi, padre del cinema politico e sociale

Apprendiamo, con molta tristezza, la morte di un altro dei grandi padri del cinema italiano, il grandissimo Francesco Rosi. Un grandissimo regista, che ha innovato il cinema italiano, aprendo nuove strade e guardando sotto diverse lenti temi talvolta troppo superficialmente trattati. Un regista che ha avuto, come tutti i grandi, forti storie di amicizia e collaborazione con i migliori attori di tutto il dopoguerra.

Mi piace ricordarlo per 4 film che secondo me segnano la sua carriera, il suo rapporto con il pubblico e al tempo stesso il modo di fare cinema in Italia, direi anche in Europa. Parlo chiaramente a titolo personale, e di sicuro non saro’ esaustivo in questo mio omaggio al grande maestro. Per me Rosi ha avuto tre fasi importanti nella sua carriera : il cinema politico / “engagé” (Le mani sulla città, Uomini Contro), le grandi biografie (Lucky Luciano e l’immenso Il caso Mattei), infine il cinema di analisi societale/famigliare. Un percorso completo, con alcuni punti cardine: la mafia, il boom economico, la politica estera dell’italia.

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Con e forse prima di Elio Petri, Francesco Rosi è stato il primo a lanciare il cinema politico grazie al pluripremiato “Le Mani Sulla Città”, un film di un spietatezza terribile, che fotografa una Italia, una Napoli, che da povera si trova improvvisamente ricca, piccoli squali e amministratori locali che diventano squali capaci di tutto pur di avere accesso al denaro e al successo. Un film spaventosamente cruento e incredibilmente premonitore, una storia molto simile a quella che caratterizzerà l’Italia della seconda repubblica, dove un’immobiliarista decide a ogni costo di entrare in politica per salvaguardare le proprie attività, nonché per incrementarle. Il tutto con un cinismo, una freddezza pazzesca, nella quale Rod Steiger gioca un ruolo fondamentale nella riuscita del personaggio e del film.

Un secondo Rosi è per me quello delle fantastiche biografie, quella piu’ romanzata di Lucky Luciano, oppure quella piu’ documentaristica della vita di Enrico Mattei. Rosi esalta la figura e il talento di Gian Maria Volonté, facendolo recitare in un modo pazzesco, specialmente ne “Il caso Mattei”. Il modo con il quale è realizzato il fim è assolutamente innovativo, un mix di finzione e realtà documentaria. Interventi in un cinema buio dello stesso Rosi che si alternano a scene recitate in maniera sublime da Volonté.

La ricostruzione fedele degli avvenimenti che permette di ricostruire le vicende e gli intrighi dell’uomo piu’ potente d’Italia nel secondo dopoguerra. Un giornalismo talmente professionale che può essere all’origine della scomparsa del giornalista palermitano Mauro de Mauro che di quel film fu consulente. Come lo hanno definito i migliori critici cinematografici viventi, questo film è realmente un giallo politico, nel quale Rosi inventa una nuova filosofia narrativa, in cui lui stesso è protagonista.

Rosi e Volonté in conferenza stampa.

Appare inoltre una sua dettagliata analisi dei rapporti tra Mafia e politica, che troviamo ancora più esplicitamente descritta nel bellissimo e citato Lucky Luciano. Di Volonté disse: “Ho lavorato sempre bene con Volonté. Mi ha molto convinto in alcuni film, Lucky Luciano e Cristo si è fermato a Eboli. Ma anche in altri, Il caso Mattei per esempio, ha movimenti stupefacenti che confermano la sua ricchezza di mezzi espressivi, la sua profondità di attore”.

Concludo questo breve omaggio con un film bellissimo, purtroppo caduto troppo rapidamente nell’oblio, si tratta dello splendido “Tre fratelli”, film di rara poesia che illustra in maniera perfetta le spaccature che gli anni 70 hanno creato nella società e anche nelle famiglie italiane. Una storia di tre fratelli con vite e strade diverse, che per un lutto si incontrano di nuovo dopo anni al loro paese del quale ormai conservano solo ricordi d’infanzia e forti estraneità.

Rosi riesce, in maniera delicata e sociologica, a descrivere tre percorsi di vita diversi, che trascorsa l’adolescenza non hanno più occasione di incrociarsi, mostrando quella che potrebbe essere una classica famiglia del sud Italia di quegli anni, spesso spinta a emigrare al Nord, con successi e problemi diversi e profondi. L’operaio Placido, il magistrato Noiret e l’insegnante Mezzogiorno, fornendo un quadro molto fedele del vissuto familiare in quelli che furono gli anni di piombo.

Famiglie nelle quali i legami di sangue sono spesso l’unico legame di percorsi e idee completamente diversi. Un film nel quale Rosi vuole anche mettere in scena quelle che sono le spaccature dell’Italia di quegli anni, nel quale il terrorismo lascio’ ferite mentali oltre che fisiche. Il ritratto della sua grandezza se lo diede egli stesso, senza volerlo, quando disse : “In ogni sceneggiatura lascio uno spazio al personaggio. Lo andrò riempiendo, in seguito, con l’esperienza che sarò venuto facendomi sulla materia affrontata nel film e grazie all’apporto che l’attore finirà per darmi”.

Fabrizio Botta

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Fabrizio Botta
Fabrizio Botta, Piemontese d'origine e Francese d'adozione, si e' stabilito nella "Ville Lumière" dopo aver ottenuto un Dottorato all'Université Pierre et Marie Curie. Dopo aver lavorato per 10 anni come ricercatore nel campo ambientale, da qualche anno si occupa di valutazione del rischio all'Istituto Superiore di Sanità Francese. Appassionato di viaggi, di geopolitica e di fotografia (https://www.instagram.com/_fabrizio_botta_photographer/), dal 2015 collabora con Altritaliani per la sezione cinema.

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