Il regista Carlo Mazzacurati ci lascia, e con lui un cinema onesto, di carattere, leggero e nobile. Muore nel suo Veneto, a 57 anni, terra che spesso è stata protagonista dei suoi film, con i suoi paesaggi nebbiosi, la laguna e il delta del Po. E i suoi personaggi, in bilico fra l’ironia e una intraprendenza non sempre fortunata.
Il pensiero va ai due protagonisti de “La lingua del Santo”, presentato a Venezia nel 2000, Antonio Albanese e Fabrizio Bentivoglio. E, fra gli ultimi film, “La Passione” con gli eccellenti Silvio Orlando e Giuseppe Battiston. Nel 1994, Venezia (quando ha solo 38 anni) gli conferisce il Leone d’argento per “Il toro”, con Marco Messeri, Diego Abbatantuono e Roberto Citran, con musiche di Ivano Fossati: un film lungimirante e vagamente metaforico sul rapporto fra capitalismo e l’Est. Erano gli anni da direttore della Mostra di Gillo Pontecorvo, il quale prediligeva i giovani e ne intuiva il talento. Ricordiamo Mazzacurati nella Sala grande mentre ritira l’ambito premio, vestito come di consueto, senza l’abito d’occasione.
Già nel 1987, Mazzacurati era arrivato alla Mostra di Venezia con il suo primo lungometraggio “Notte italiana”, un bel bianco e nero tinto di giallo. Il suo aspetto bonario ed ironico lo rese simpatico a Nanni Moretti, ed anche a Gabriele Salvatores che utilizzò la sua sceneggiatura vincitrice al Premio Solinas per “Marrakech Express”. Per Moretti produttore, Mazzacurati aveva invece scritto la sceneggiatura di “Domani accadrà” diretto quindi da Daniele Luchetti. Ma il suo volto poco conosciuto, come spesso capita ai registi, appare per tre volte nei film di Nanni Moretti: “Palombella rossa”, “Caro diario” e “Il caimano”.
Laureatosi al DAMS di Bologna, i primi passi li muove in sceneggiature anche leggere come “Fracchia contro Dracula” (con Villaggio) per poi passare dietro la macchina da presa. Questi i titoli da ricordare: “Il prete bello” (dal romanzo di Parise) nel 1989, “Un’altra vita” (del 1992), “Il toro” del 1994. Il tema delle migrazioni da Est sarà fortemente evocato in “Vesna va veloce” pure a Venezia nel 1996 con una brava Tereza Zajickova, ed ancora “L’estate di Davide” due anni dopo. Con “La lingua del santo” del 2000, citato prima, Mazzacurati si misura con la commedia all’italiana, fino a realizzare poco dopo il remake di un classico come “A cavallo della tigre”.
Anche il documentario rientra nelle sue grandi passioni: presenta sempre a Venezia i suoi “Ritratti” di grandi intellettuali e scrittori veneti: Mario Rigoni Stern, Andrea Zanzotto, Luigi Meneghello, insieme a Marco Paolini.
La sua cifra emotiva si confronta col racconto di personaggi sconfitti come ne “La giusta distanza”, premiato alla Festa di Roma nel 2007 (vedi il video sotto).
E’ ancora inedito (uscirà ad aprile) il suo ultimo film “La sedia della felicità” con Valerio Mastandrea e Isabella Ragonese, che vedremo con particolare affetto, sperando che la distribuzione faccia lo stesso, in omaggio ad un delicato regista italiano.
Armando Lostaglio