Ada Montellanico è considerata l’iniziatrice della via italiana del Jazz vocale, esce con “Suono di Donna” in cui rivisita, con un gusto personale molto particolare e affascinante, canzoni di cantautrici italiane ed estere. Ada è una parte importante della storia del Jazz. Nell’intervista per Altritaliani ci aiuta a riscoprire questa parte importante della musica internazionale.
Pietro Bizzini: Quando hai scoperto di avere una voce così espressiva e particolare?
Ada Montellanico: Ma non saprei, questi sono apprezzamenti graditissimi che vengono dalle persone che ascoltano la mia musica…In realtà ho scoperto che mi piaceva cantare da piccolissima, e ho portato sempre avanti questa mia grande passione.
Che cos’è per te il Jazz?
Il jazz prima di essere un linguaggio è un modo di vivere la musica, una scuola di pensiero. Il jazz ha questa grande particolarità dell’improvvisazione che permette all’artista una libertà assoluta. Non ci sono steccati e ci si può rapportare a qualsiasi materiale musicale rielaborandolo a seconda della propria sensibilità. Ognuno di noi racconta la propria storia nell’eseguire un brano ed è per questo che potremmo avere 1000 diverse versioni di una stessa song. L’improvvisazione è una creazione immediata, è l’atto del comporre istantaneo che rende ogni performance qualcosa di irripetibile, grande prerogativa del jazz. Come anche altro fattore precipuo e collegato a questo è l’interplay che si crea tra i musicisti mentre si suona. Deriva da un profondo rapporto con i tuoi compagni di viaggio, in cui il “sentire” l’altro permette un dialogo che a volte devia l’esecuzione in luoghi sonori inaspettati. Questo accade proprio perché qualcuno ha dato un input musicale e l’altro ha risposto, creando così qualcosa di inaspettato. Improvvisazione e interplay sono profondamente legate.
Presentaci il tuo ultimo cd “Suono di Donna” (Incipit Records), perchè hai scelto di sottolinearne l’identità femminile?
Volevo sottolineare questa difficoltà che noi viviamo sempre nell’esprimerci in determinati settori, artistici o meno, dovuta a una realtà storico-culturale, che finalmente, ma sempre con grande lentezza, sta cambiando. La composizione, l’arrangiamento o la direzione d’orchestra sono stati sempre qualità maschili e quindi ho voluto evidenziare quelle donne che con grande coraggio e grande identità hanno voluto imporsi nel panorama musicale. Tutte le artiste che ho scelto sono personaggi molto forti che hanno dovuto lottare per difendere la loro espressività e anche per mantenere e sviluppare la propria specificità femminile. Non amo le donne che per accedere a dei ruoli si mascolizzano e quindi perdono la loro vera identità. Tanto ancora c’è da fare per trasformare lo stato delle cose attuali.
Il “mondo Jazz” italiano è spesso sconosciuto, la parte femminile del “mondo Jazz” lo è ancora di più, sei d’accordo? Quali sono i motivi e le possibili soluzioni?
D’accordissimo! Il jazz è una musica giovane, ha poco più di un secolo e pretende una capacità di ascolto massima. E’ una musica complessa e per le ragioni che descrivevo prima, improvvisazione e interplay, mette l’ascoltatore in continuo movimento. Non c’è il già conosciuto o il prevedibile, quindi ritengo che il jazz non potrà mai diventare una musica di massa. Però c’è un enorme lavoro da fare per sensibilizzare le persone ad un altro tipo di linguaggio, partendo dall’età scolare. Sarebbe necessario che il jazz fosse più presente nei programmi televisivi, nelle radio, sulla stampa. Stiamo lavorando proprio in questo periodo per costituire una Associazione di musicisti di jazz nazionale che ha tutte queste finalità.
Per quanto riguarda la parte femminile, il discorso come accennavo è lungo. Bisognerebbe partire però da noi donne, dal cominciare a pensare che non è impossibile percorrere strade battute sempre ed esclusivamente dal mondo maschile.
Giovanni Falzone è il trombettista che ti accompagna in tutto il disco, come vi siete incontrati e cosa vi ha permesso di collaborare?
Ho sentito Giovanni per la prima volta in un concerto di Tinissima, gruppo straordinario che mi ha incantato. Ci siamo conosciuti personalmente quella sera ed è nato un grande feeling e una forte amicizia. Entrambi sapevamo della ricerca artistica dell’altro e avevamo una stima reciproca. Avevo intenzione di incidere questo progetto con una precisa scelta di strumenti e di brani, avendo già in mente il tipo di suono che avrebbe dovuto avere. Giovanni Falzone mi ha sempre colpito per questa sua energia, grande modernità di sound e profondo lirismo e quindi la scelta non poteva non ricadere su di lui che ha interpretato egregiamente il mio pensiero musicale.
Nel nuovo disco hai scelto di reinterpretare canzoni di artiste molto diverse fra di loro, da Bjork (Joga) a Carmen Consoli (Parole di Burro) passando per Joni Mitchell (Black Crow) e Carol King (So far Away), cosa ti ha colpito di queste cantanti, perchè hai scelto i loro brani?
La mia idea era fare un viaggio nei vari linguaggi musicali scegliendo le artiste più rappresentative, le più originali e quelle che ritengo essere più vicine al mio modo di sentire. L’emozione ha guidato le mie scelte, quella che ho provato ascoltando non solo la musica ma anche i testi, che per me hanno sempre una grande importanza. Le artiste che hai citato sono delle vere e proprie icone del “cantautorato” internazionale, e i brani che ho eseguito hanno una poetica profonda che tocca il cuore.
Quale altre cantanti ti piacerebbe rivisitare? E con quali ti piacerebbe duettare?
C’è spazio sicuramente per un altro “Suono di donna 2”. Inserirei altre importanti artiste come Betty Carter, Melba Liston, Tori Amos, Annie Lennox, Cassandra Wilson ed è proprio con quest’ultima che mi piacerebbe duettare. Ha un sound veramente nuovo e mi piace moltissimo la sua vocalità.
In passato, hai interpretato canzoni di Luigi Tenco, cosa ti ha lasciato questo straordinario cantautore?
Un grande gusto per la magica fusione tra testo e musica. Quella grande semplicità nel raccontare delle storie profonde. La sua vocalità così unica, e il fraseggio jazzistico nel cantare in italiano.
In “Suono di donna” ci sono anche due canzoni tue, “Meteora” e “Trepido Sguardo”, soprattutto la seconda ha una struttura musicalmente complessa e sperimentale, senti di stare cercando nuove sonorità jazz o sono brani che non avranno seguito nei tuoi prossimi lavori?
La ricerca non finisce mai e ogni volta ci si cimenta con delle forme nuove che ti sfidano a fare meglio e ad esplorare nuove strade. “Trepido sguardo” ha espresso la mia nuova strada verso ritmi afro, verso un canto ritmico e melodico allo stesso tempo che avrà sicuramente seguito nei miei prossimi lavori.
Qual’è la via italiana al Jazz? Esiste? Nei tuoi studi musicali, cos’è che ti affascina di più?
Molti critici mi hanno definito come l’iniziatrice della via italiana del jazz vocale, per il mio lungo e approfondito lavoro di fusione tra il nostro idioma e il jazz. E sappiamo come l’italiano sia poco incline alla pronuncia jazzistica. E’ stata una ricerca veramente affascinante e penso di avere trovato naturalmente una strada originale per cantare jazz in italiano, spostando gli accenti della frase musicale, senza però storpiare la nostra lingua e cercando un suono diverso che esaltasse la narrazione. Non saprei spiegare a parole la differenza nel sentire cantare un brano in italiano jazzisticamente o no, ma la differenza c’è e si sente.
Tutt’oggi la ricerca che mi appassiona di più è legata al suono della voce in stretta relazione all’interpretazione del brano. Saper trovare le infinite sfumature della propria voce, per raccontare quello che si ha di più profondo, le emozioni più forti. La ricerca della propria voce come suono interiore.
Pietro Bizzini
SITO UFFICIALE DI ADA MONTELLANICO
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