Ha appena aperto i battenti a Rovigo (Veneto), nella prestigiosa sede di Palazzo Roverella che, per l’occasione, ha ‘rinfrescato’ le sue pareti acquisendo un’aura personalizzata alla Kunsthistorisches Museum di Vienna o Louvre di Parigi da inizi Novecento, una mostra davvero straordinaria, seppur di nicchia, per taluni aspetti: si tratta de I Nabis, Gauguin e la pittura italiana d’avanguardia, un evento curato dal prof. Giandomenico Romanelli, per oltre 30 anni, da fine anni Settanta al primo decennio del XXI secolo, direttore dei Musei Civici Veneziani.
Davvero una lectio magistralis, come sua consuetudine, la presentazione alla stampa: il primo riferimento è la modernità di una pittura che basa le sue origini partendo dalla mitica Bretagna di Re Artù per seguire una specie di via Francigena della storia dell’Arte – un vero percorso iniziatico – che approderà alle rive italiane della laguna di Venezia.
Maestri d’eccezione gli artisti facenti capo alla scuola di Pont Aven ed al movimento dei Nabis – in ebraico i Profeti di una nuova pittura, mèntore per eccellenza Paul Gauguin, nella fase antecedente la sua definitiva partenza per Tahiti e le isole Marchesi.
Un percorso all’insegna della semplicità del segno, del colore, ma anche della profondità dell’animo umano, scandagliato dentro e fuori di sé, dove a farla da padrone è lo splendido paesaggio di una terra quasi incontaminata, selvaggia, da portare nel cuore fuori dai propri confini terreni e simbolici.
Gauguin ed i Nabis, per dirla con Romanelli, infatti, han ribaltato i canoni della moderna pittura, inaugurando una nuova stagione artistica del tutto originale, nuova, rivoluzionaria.
E la figura femminile diviene il fil rouge dell’intero iter: dalle donne di Bretagna, immortalate nei loro costumi e nella loro terra, con opere di grande ricchezza cromatica di Cuno Amiet, a Paul Gauguin, grandissimo anche nel raffigurare la figura femminile autoctona con un ‘semplice’ pastello, a
Emile Bernard, sodale dello stesso Gauguin a Charles Cottet, meraviglioso nelle sue ambientazioni quasi favolistiche, per poi arrivare al francese Maurice Denis che già inizia il Viaggio ed approda in Laguna, con quello stile già nel cuore e nella sua tavolozza piena di colori ancor ‘bretoni’, eppur così pieni di grazia, quasi ingenua, addirittura infantile.
Poi la parte del leone la fanno il veneziano Gino Rossi ed il trevigiano Arturo Martini – tanto cari a Peggy Guggenheim ed alla sua collezione permanente di Ca’ Venier de’ Leoni.
Gino Rossi – ha sottolineato Romanelli – fa addirittura il viaggio all’incontrario, recandosi in Bretagna per abbeverarsi alla fonte dei Nabis ed imparare conoscendo, studiando, sperimentando, per poi assurgere a notevole grandezza nel primo ventennio del Novecento.
Presenti in mostra Casorati, Mario Cavaglieri, il rodigino tanto caro anche a Giorgio Bassani che lo volle come autore di copertine delle prime edizioni dei suoi lavori, con tre delle sue opere più deliziose e last but not least, il grande Felix Vallotton, Oscar Ghiglia e Cagnaccio di San Pietro, autore di due nudi di donna davvero potenti, di grande sensualità e forza cromatica senza eguali.
Mostra di nicchia, si diceva in incipit, questa di Rovigo che chiuderà i battenti a metà del prossimo gennaio, ma quanto preziosa ed antesignana dell’Arte che verrà, dopo, molto tempo dopo…
Maria Cristina Nascosi Sandri
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Sito ufficiale della mostra con informazioni pratiche