A Pino Daniele. Che cos’è questa tristezza? Le canzoni non muoiono mai…

Oggi, 4 gennaio, sono passati dieci anni dall’addio di Pino Daniele, l’indimenticabile cantautore partenopeo. Ci ha accompagnato e ci accompagna ancora, ora e sempre. Era una grande voce di Napoli, molto popolare. Lo vogliamo ricordare con il toccante articolo di Marina Mancini del 2015.

***

Che tristezza!

Alcune notizie arrivano come una brutta pioggia freddissima, ingiusta, ti copri per non far passare il gelo, ma poi inevitabilmente, ti arrendi e lasci che sia. Lasci che passi la realtà masticata e mandata giù con un groppo in gola.

Tutto il giorno ho evitato la notizia, appena intravista, di questa morte illecita, scorretta. Di una voce calda, generosa, lanciata verso cuori attenti e i respiri umani….. allontanatasi, in un attimo, un attimo e poi più nulla.

Non so come fosse in realtà, conosco le sue canzoni e la sua riservatezza. Tra tanti clamori, finto talento, gossip e indegne luci come il suono che le sovrasta e con cui si mischia, c’era lui, più grande e più forte nella sua bella umanità e spessore poetico.

Alcune sue canzoni sono un patrimonio d’incanto, altre si legano tra i ricordi e le strade personalissime della mia vita. Come il profumo di limoni, quella volta a Sorrento, sotto un sole che non te lo aspetti così prepotente. Una corsa per prendere un gelato con la macchina in doppia fila, solo per poter dire di esserci stati, con l’eterna “Dimmi quando” di sottofondo a raccogliere le nostre risate in quel sapore dolce di vacanza e leggerezza.

C’era lui fino a ieri, così come tanti altri, come un’ immagine decente di essere umano. Non so come fosse in realtà, ma risuonava la sua bellezza nella sua semplicità, quando cantava così come quando parlava. Quando raccontava della sua città colorata, un caleidoscopio fondamentale, le voci distratte tra i vicoli, era l’abbraccio di chi ti prende per mano e ti accompagna e “ … tu sai ca nun si sulo”.

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Vorrei essere capace di tratteggiare con le parole la sensazione che mi dava la sua voce, conquistata da un porto tranquillo, immersa nella sua bonarietà napoletana. Era lui sullo sfondo e tutto andava bene, gentile e affettuoso come la carezza del mio migliore amico.

Grazie ancora. Questi grazie inutili che servono solo a lasciarci l’illusione che pezzi del nostro affetto possano attaccarsi imperterriti a chi va via. Grazie, e loro che vanno si voltano ancora una volta per guardarci, con un ultimo sorriso insieme amaro e dolce, mentre noi restiamo li, stupiti e increduli.

E poi altro non si può, non si può accettare e non si può capire. Che cosa è stato che ha spezzato anche questa storia d’amore?

Quante volte la mia voce si è intrecciata (a sua insaputa), alla sua voce in un controcanto sfocato e stonato. Lui brillante, emozionante dalla radio in un tripudio festoso di musica.

Nascondo la mia tristezza in un ultimo controcanto. Faccio doverosamente e con ostentazione la vigliacca stasera e grido al cielo, ancora più forte, e lo rimprovero come si deve: “Invece No!”.

Come se nulla fosse successo, come se ancora il suo respiro accompagni la mia vita e distragga le mie giornate mentre percorro strade assolate. E quelle lacrime che scendono sono solo i rimasugli di un raffreddore che non si arrende, che non si da pace e non mi abbandona.

Grazie Pino Daniele.

Che cos’è questa tristezza
che m’ammoscia semp’e cchiù
io mi sento una schifezza
ma non voglio stare giù
Che cos’è questa tristezza
che non vuole andare via
è solo per delicatezza
ma non voglio compagnia

E invece no
ridiamoci sopra un po’
‘na scarpa si ‘na scarpa no
le perdo sempre
e non so dove cercare
e invece no
ridiamoci sopra un po’
‘na scarpa si ‘na scarpa no
come in un film di Charlot

Che cos’è questa tristezza
ma ched’è sta musciaria
sarà il tempo o l’aria strana
o è sulo ‘a capa mia
che cos’è questa tristezza
nun da’ retta sient’a mme
pare brutto annanze’a ggente
ride ride ride
nun fa abbedè
E invece no
ridiamoci sopra un po’
‘na scarpa si ‘na scarpa no
le perdo sempre
e non so dove cercare
e invece no
ridiamoci sopra un po’
‘na scarpa si ‘na scarpa no
come in un film di Charlot

Marina Mancini
(Anzio)

Altre canzoni in ascolto che vi suggeriamo:

Napule: https://www.youtube.com/watch?v=k_o_ujSc-GE
Quanno chiove: https://www.youtube.com/watch?v=QTKamEL9CPw
Quando:  https://www.youtube.com/watch?v=7y6wGkeCnRc
Alleria – Pino Daniele Live: https://www.youtube.com/watch?v=pYYdRz4OfNg

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4 Commentaires

  1. Interessante l’articolo del 4 gennaio 2025 del molto conosciuto blogger e scrittore napoletano, Angelo Forgione, ricevuto alla nostra redazione e che vogliamo riportare qui:
    A 10 anni dalla morte di Pino Daniele, i say «tu staje cca»!

    Sapete cosa significò l’irruzione di Pino Daniele sulla scena musicale italiana? Erano, i Settanta, gli anni della grande crisi dei dialetti. Pier Paolo Pasolini a malincuore e Italo Calvino con sollievo li avevano dati per spacciati. A Napoli sorse pure la demonizzazione dei genitori nelle famiglie benestanti della città, quella per lo spontaneo uso della parlata natìa da parte dei figli, ai quali si smise di trasmetterla perché considerata erroneamente retriva e volgare. L’ordine era perentorio: «Parla bene!».

    In questo difficile scenario, Pino Daniele osò una contaminazione musicale con il blues americano e l’uso di un napoletano più moderno e sfrontato. Riuscì ad affermarsi, e ad arrestare la ghettizzazione del napoletano in musica. Fu di fatto lui a rigenerare lo sdoganamento della parlata partenopea, riportata da lì in poi sulla scena internazionale e poi definitivamente legittimata dall’uso disinibito e spontaneo che ne fece Massimo Troisi, non a caso amico di Pinotto e a questi accomunato nel dare una più asciutta immagine dei napoletani, lontana da quella del folclore.

    Nel 2006, il linguista torinese Gaetano Berruto parlò di « risorgenza dialettale » per fotografare una nuova attenzione verso le parlate locali d’Italia dopo l’assopimento degli anni Settanta. Una risorgenza che doveva molto al napoletano, a sua volta obbligato con Pino Daniele, anche se allontanatosi dal « Neapolitan Power » degli esordi. Lui, cavallo di razza, un puledro che aveva bisogno di frustate di napoletanità per galoppare, dopo aver rivoluzionato la musica napoletana, si era adeguato al trotto del pop italiano e si era fatto divorare dallo star-system commerciale. Aveva chiuso nel cassetto un codice linguistico-musicale di cui sentì la mancanza anche Federico Salvatore, cantandola in una sua celebre canzone: “Chiederei a Pino Daniele che fine ha fatto ‘Terra mia’, ‘Siamo lazzari felici’, ‘Quanno chiove’, ‘Appocundria’, ‘Napule è ‘na carta sporca’, ’Napule è mille paure’, ‘Ma pe cchiste viche nire so’ ppassate ‘sti ccriature’.

    Si Pino se fosse astipato pe nnu’ murì, fuorze stesse ancora cu nnuje, e so’ ssicuro ca stesse cantanno n’ata vota ‘o nnapulitano… oggi di fortissima tendenza.

  2. A Pino Daniele. Che cos’è questa tristezza? Le canzoni non muoiono mai…
    Grazie Marina perché con il tuo bellissimo articolo hai interpretato fedelmente i miei pensieri che sono soprattutto di ringraziamento per un artista di tanta bellezza , che mancherà tanto non solo ai napoletani ma a tutti noi italiani!

    daniele
    (Lecce)

    • A Pino Daniele. Che cos’è questa tristezza? Le canzoni non muoiono mai…
      Grazie!Felice di sapere che le mie emozioni siano arrivate. Un abbraccio

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