Il secondo articolo di dicembre per Missione poesia è per Alessia Iuliano e il suo “Dopo la favola” (edito da CartaCanta, 2025), un’opera dove prevale il sentimento d’amore e dove si prova a rappresentare la difficoltà della crescita, la necessità di attraversamento del dolore, vivendo in una modalità parallela tra fiaba e realtà, in una dimensione che congiunga l’interiorità del poeta con un luogo quasi sacro, un luogo che parli, che crei identità e, appunto, crescita interiore.
*****
Alessia Iuliano (Termoli, 1995), laureata in Musicoterapia, ha conseguito il diploma professionale in Illustrazione e un master in Educazione della Scrittura a Mano e del Disegno Infantile, attualmente continua la sua formazione in Scienze Pedagogiche. Nel 2016 è stata vincitrice del premio per la poesia inedita “Le Stanze del Tempo” con Non Negare Nessuno (CartaCanta, 2016); ha pubblicato inoltre la silloge poetica Ottobre nei viavai (RPlibri, 2018). Suoi testi sono apparsi in antologie e riviste tra le quali Almanacco dei Poeti e della poesia contemporanea (Raffaelli, 2017), Come sei bella. Viaggio poetico in Italia (Aliberti Compagnia Editoriale, 2018), Barchette di Carta (Calamaro Edizioni, 2024). Collabora con le riviste online «Pangea» e «clanDestino» e ha illustrato per alcuni marchi editoriali tra cui RPlibri, Fuorilinea Editore e Capire Edizioni. • www.alessiaiuliano.it
Il suo ultimo libro si intitola Dopo la favola, uscito per CartaCanta nel 2025.
Conosco Alessia Iuliano da alcuni mesi. Una ragazza giovanissima, solare, piena di interessi e di gioia di vivere, che ama la poesia e il disegno e che, forse, riesce ad armonizzare queste due arti, tanto da consentire loro di fondersi, dando vita a un’armonia di versi che, in movimento musicale, sembrano quasi rivelare immagini dipinte, quadretti familiari, di paesaggi e di vita impregnati dalle esperienze d’amore. Con lei condivido la collana di poesia dove sono pubblicate le nostre rispettive opere (per me è la mia ultima pubblicazione in ordine di data, Il solstizio dei sentieri), collana dal titolo: I passatori. Contrabbando di poesia, curata da Davide Rondoni per la casa editrice Capire Edizioni.
Dopo la favola
Dopo la favola è un libro che parla soprattutto di crescita e d’amore: di quell’amore giovanile che incanta e stupisce, ma che è capace anche di colpire, di disilludere e di restare sullo sfondo come una roccia pesante quando, una volta cresciuti, si comprendono meglio le cose. Questo non vuol dire che non se ne possa trarre forza e coraggio per andare avanti, e appunto per crescere; per andare a scoprire cosa riserva di altro la vita; per superare la fase della prima giovinezza, l’adolescenza che, dopo l’infanzia, è la fase più critica di ognuno di noi. Non si è più bambini ma non si è abbastanza grandi. Si vorrebbe crescere velocemente per poter fare le cose da grandi, ma per farle bisogna attraversare tutto il cammino… poi arriva il tempo per tutto e ci si accorge che, aspettando, non siamo stati quasi capaci di goderci quell’età della vita che è unica e irripetibile. Ma così è, per tutti noi.
Dunque, nei versi di Alessia Iuliano, l’attraversamento consiste nel tentativo forse di fondere, e confondere, il proprio modo di sentire con quello del resto del mondo; di trovare una consonanza che tutto tenga unito; una modalità parallela di vivere la realtà e la fiaba, immaginata come una dimensione onirica dove tutto diventa possibile ma non realizzabile; una dimensione che congiunga l’interiorità del poeta con un luogo quasi sacro, un luogo che parli, che crei identità.
Ma per riconoscersi è necessario affrontare proprio quel periodo della vita che, come dicevamo, passa dal dolore, dell’immaginazione dove si concretizza un universo magico e parallelo, dal fiabesco dei sogni, dalle mutazioni del corpo, dalla costruzione di ricordi che diventano memorie, creano miti che ci accompagneranno per sempre, nella ricerca di un proprio posto nel mondo. La parola poetica ha il compito di distruggere e ricreare, slegare e riallacciare, dividere e unire le anime parallele di chi scrive, e deve necessariamente ritrovarsi in un luogo, in un corpo, in una visione creando un proprio stile, fatto di uso di strumenti della poesia: una poesia che si fa musica attraverso rime e assonanze, ripetizioni; che si riempie di immagini con simbolismi; di verità e immaginazione con metafore e similitudini; una poesia capace di ricalcare la voce bambina della filastrocca e di trasformarsi in quella incerta e pungente dell’adolescente e, ancora, in quella più conciliante dell’osservazione adulta, della consapevolezza. Prestare la propria voce per dare forma ai modi diversi che ci compongono, alle età che abbiamo vissuto e che viviamo, è forse il modo più significativo per costruire qualcosa, per dare credito sia alle fiabe che alla vita vera, per unire queste dimensioni in un’unica e inesauribile fonte di conoscenza e di esperienza, necessariamente acquisite nel luogo dove ci piace tornare.
L’amore dunque, e un modo di amare: Ho scelto l’amore cento volte/cento volte ho piantato arcobaleni/negli occhi, con le pietre mi sono scavata/dentro… da qui nascono le domande esistenziali che l’autrice si pone, o meglio che pone alla madre la quale, a quel chi sono ? risponde: fiamma, Dentro di noi/in fondo, in fondo/c’è una fiamma, dice… ed è vero, in un certo qual modo, che il fuoco, la rabbia incendiaria, il nome che brucia, determinano molta parte di questa poesia infuocata d’amore, che sembra spengersi, o almeno attenuarsi, a tratti, grazie all’acqua, magari nata dal pianto, o da una pioggia, o da una fontanella in montagna (e ringrazi per chi ti dice) puoi berla tutta quest’acqua è freschissima//è freschissima la voce bambina.
Ma siamo sempre lì, a quei ricordi, a quel passaggio da attraversare, a quel vincolo che lega il sentimento al passato da cui provare a rinascere, da cui liberarsi per andare oltre. Un oltre che si ritrova, con un’intuizione di nuove domande, nella sezione Per i cieli sopra i Tir, laddove l’amore ritorna ma si estende ad altri esseri, ad altri mondi, alla compassione per chi soffre, per chi non ha voce, al dolore del presente che affiora in ogni immagine che ci arriva, che ci trafigge: Nascono nella parte esposta del mondo/al grido che tramuta schianto/quando sale dal fondo della terra/una luce postuma di macerie… ed è a questo punto che Alessia Iuliano ci racconta l’avvenuto cambio di passo, l’acquisizione della consapevolezza che porta al dopo la favola, all’avvento del disincanto certo, ma anche alla conferma che sempre e solo l’amore porta sollievo anche a chi vive una notte buia e profonda, da cui potrà tornare a vedere uno spiraglio di luce.
Alcuni testi da: Dopo la favola
Ora permetti che sia io
una semplice musa, la decima, una
tutta per i tuoi versi resi
alla bianca bocca della luna
per i tuoi diari di vento
per quei mille chilometri e altri cento
lontani e lontano dal mio canto
o pianto allegro che ti celebra
a denti stretti: non sarò altro
né bambolina cui far dono del nome
né di sirena è il mio abbraccio, ti slaccio
il sortilegio di dosso e sfato il mito
delira l’angelo demoniaco dal mio ventre
lascia che sia la decima musa, una statua
ai cui piedi inginocchiarsi e pregare
il Paradiso sopra il viso
*
Non saranno le mie
poesie d’amore
piuttosto di rabbia incendiaria
di visione e pudore
sono poesie di febbre
ardore nel nome che non oso
pronunciare, nel segno di non so
quale veggenza, stupore sulla lingua
del mare, l’onda che mangia la spiaggia
la tua bocca di sabbia
mi tocca e non mi tocca, mi scompone
di grazia tutta la faccia
*
Dovevamo essere noi
il quattordici luglio, durante
la presa della Bastiglia o quando
bruciandosi le dita qualcuno
estingueva l’ultimo fuoco
invece il tempo è trascorso
anni prima di imparare
involontariamente a fuggirti
e ti ho amato, conosco
la luce che intaglia il desiderio
ma siamo stati così a lungo lontani
e non so incontrarti se volti l’angolo
ai mercatini della città
né il tardo muro del pomeriggio
diventa di te l’immagine
casa nella mente di una donna
come pioggia torrenziale si dilegua
*
Vado in apnea, non me ne accorgo
so il disegno della memoria
non un sogno mia madre, mio padre
la fontanella in montagna
puoi berla tutta quest’acqua è freschissima
è freschissima la voce bambina
che gioia poterlo raccontare, poterla
trattenere ogni giorno, tutti i giorni
nel mio fiato la nostra vita
*
Però, come si sta tranquilli
sussurra una passante, le rubo nella sera
la parola che al vento confessa
come si sta tranquilli
e la voce, la mano destra sulla pietra
accanto all’uomo che la ascolta
tranquillità, come a dire ora sfioro la pace
sul fianco del mare, a Termoli si può
ballare senza mostrare le gambe
incontrare sulla bocca di una donna
il ritmo che scuote la pietra delle mura
al belvedere di un piccolo porto
gli alberi delle barche, il faro, tutto
l’amore lo sento di questo tempo
Bologna, novembre 2025
Cinzia Demi
P.S.: “MISSIONE POESIA” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani di Parigi. Altri contributi e autori qui: https://altritaliani.net/category/libri-e-letteratura/missione-poesia/






































