I biglietti cinesi di Puppo. Dal fiume delle perle al mare di Canton.

Ecco a voi la terza (e ultima) puntata dei biglietti cinesi di Maurizio Puppo illustrata dalle sue belle fotografie. Si avvicina la fine del reportage, ricca anche di riflessioni conclusive. Buon proseguimento di viaggio a Sud Est della Cina, la regione più ricca e sviluppata del paese, dal fiume Li, detto delle perle, che scorre nella Regione Autonoma di Guangxi Zhuang regalando un panorama unico, fino a Canton sul mare cinese meridionale, la megalopoli più grande del mondo, passando per l’isola di Lantau.

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IX – Non vale solo per la Cina

Il riflesso delle montagne a pan di zucchero sull’acqua di color metallo, le grotte, i bambù, l’aria fresca di pioggia estiva: questo luogo del cielo è il fiume Lijiang. Fatato sogno d’oro, secondo l’antico poeta Han Yu. In questo sogno ci sono le bandiere rosse, sulle barche; la ragazza che tra la folla delle strade di Xingping si destreggia sul motorino con il figlio tra le braccia; la signora che vende cappelli e manifesti di propaganda maoista.

All’inizio del XXI secolo, il Prodotto Interno Lordo cinese contava per il 3% di quello mondiale, la popolazione il 20%. Ora, un quarto di secolo dopo, il PIL vale il 17%, come la popolazione. La vera svolta è avvenuta nel 2008. Prima di allora, lo sviluppo cinese si era fondato sull’offerta di siti di produzione a basso costo alle aziende occidentali. In quel momento di recessione mondiale, la Cina fece un colossale piano di investimenti. E diventò l’economia di punta del mondo, in concorrenza con gli USA.

Ma la statistica, spiegava Trilussa, è la scienza secondo cui, se mangio due polli e tu niente, ne abbiamo mangiato uno a testa. (Non vale solo per la Cina). La crescita si è concentrata a Est, tra Pechino, Shangai e la costa; la parte occidentale è rimasta rurale, e molto più povera. Ecco il paradosso. La Cina è un paese comunista (guidato da un regime autoritario) che conosce un formidabile miglioramento economico collettivo, ma in cui le diseguaglianze sono forti.

Lijang – la signora che vende cappelli e manifesti di propaganda maoista

Paragonabili a quelle americane. Secondo la Banca Mondiale, il 10% della popolazione cinese possiede il 40% della ricchezza: quasi come negli USA. Sventolano le bandiere rosse sul fiume, per le strade si incontra il simbolo della falce e martello, per la Costituzione la Cina è uno “Stato socialista sotto la dittatura democratica popolare diretta dalla classe operaia e basata sull’alleanza degli operai e dei contadini”. Eppure la società cinese a tratti può sembrare la versione avanzata (anzi, avanzatissima) di quella americana. La città che incarna questo paradosso la si trova seguendo il corso dell’acqua: Canton, sul delta del fiume di perle.

X – Canton, sul delta del Fiume delle perle

Sul delta del Fiume delle perle, nella provincia del Guandgong, sul mar Cinese meridionale, c’è la megalopoli più grande del mondo: un’area urbana (vertiginosa sequenza di centri abitati) di  87 milioni di persone. Qui c’è Canton (nome cinese, trascritto dal mandarino, Guǎngzhōu). Terza città della Cina (dopo Shangai e Pechino) quindici milioni di abitanti, capitale della sua provincia più ricca. Dal 1938 al 1945, per la sua posizione strategica, fu occupata dal Giappone, che, nell’intento di sviluppare armi batteriologiche, fece (qui come in Manciuria) mostruosi esperimenti sui prigionieri: vivisezionati, avvelenati, dissanguati, congelati, infettati di orrende malattie. Un abisso di orrore, per lungo tempo quasi dimenticato.

Nel dopoguerra Canton è diventata il laboratorio del modello economico cinese, aprendosi molto presto agli investimenti stranieri. Ora è un’alternanza di scintillanti quartieri moderni e zone più antiche, con strade strette (le corde per i panni tra un palazzo e l’altro) o palazzine coloniali sul fiume, come la vecchia Poste Française.

Canton è una città di mercati. Quello di Quingping è il paradiso della medicina tradizionale: stelle marine, funghi enormi, cavallucci marini essiccati, scorpioni, altri prodotti che a noi stranieri possono sembrare stranissimi, ma sono popolari e ricercati per le loro proprietà terapeutiche. E ci sono i mercati del falso, dei prodotti contraffatti, genere di cui Canton pare essere la capitale. I capi sportivi portano i loghi di celebri marche occidentali, e lo stesso nome, però deformato: Daidas, o Hike. Nel regno del falso, passeggiano famiglie, ragazzini, coppie di amiche, la ragazza perduta nel suo telefono.  Nei corridoi della metropolitana, molte persone sono distese per terra: i primi mendicanti che vedo da quando sono in Cina. Alcuni mostrano un cartello con un QRCode, utile per ricevere l’elemosina; la digitalizzazione avanzata sta facendo sparire il denaro contante.

La sera, sul fiume delle perle, la città si svela in un uragano di luci, con i seicento metri della Canton Tower in un fascio di colori. Dans un monde réellement renversé, le vrai est un moment du faux, diceva Guy Debord. Forse la nuova America è la Cina: Disneyland e Buddhaland.

XI – Disneyland e Buddhaland

Da Canton, un treno veloce (come sempre, in orario più che perfetto) riporta a Hong Kong. A ovest del centro, si trova l’isola di Lantau; qui, su un monte, c’è un monastero di inizio Novecento, con una enorme statua (trentaquattro metri) di un Buddha seduto, costruita nel 1993, che attira un turismo religioso. Per arrivarci, si prende una teleferica che sale ad altezze vertiginose: sorvola un’autostrada, la baia, il monte. Furbo come sono, senza accorgermene prendo il biglietto per una cabina dal fondo di cristallo. La cosa diverte moltissimo gli altri passeggeri; qualcuno si stende sul pavimento trasparente per fare le fotografie dell’abisso su cui penzoliamo. Io mi diverto un po’ meno. Venticinque minuti dopo, per grazia di Dio, si scende. Si è accolti dalla strada che porta al monastero e dalle statue colorate dei personaggi di Walt Disney: Minnie, Paperino e Pluto. Manca Topolino; al suo posto, dietro, in alto, si vede la statua del Buddha.

Graecia capta ferum victōrem cepit, la Grecia conquistata conquistò il crudele vincitore, aveva scritto il poeta latino Orazio. Roma, con le armi, aveva preso il potere, sconfiggendo la Grecia; ma in realtà ne era stata conquistata, sotto il profilo (per dirla con Gramsci) dell’egemonia culturale. Nel mondo di oggi (che anch’esso, un domani, sarà il mondo di ieri) la Cina ha un ruolo di guida nell’economia, sulla transizione ecologica, nell’innovazione tecnologica e sulla scena politica. Ma nel Buddha che sembra prendere il posto, e la postura, di Topolino, si intravede un’America conquistata che, forse senza saperlo, e senza volerlo, ha conquistato il suo crudele vincitore. Chi sognava una libertà diversa da quella americana, come cantava Gaber, non la troverà in Cina. E forse da nessuna parte. Duecentosessantotto ripidi gradini portano al Buddha seduto sul monastero, a un modernissimo negozio di oggetti di culto e alla vista su un’isola che sembra non finire mai. Quella su cui sorge l’aeroporto da cui ripartirò, e in cui si chiuderà, per me, la finestra cinese.

XII – La finestra cinese

Sull’isola di Lantau, lontano da ogni cosa, c’è il villaggio di Tai O, fatto di palafitte collegate da passerelle di legno. Ci vive una comunità di pescatori, i Tanka. Anticamente, Tai O fu un centro di contrabbando del sale; negli anni Sessanta del Novecento (dopo il grande balzo in avanti, il programma di modernizzazione che si rivelò un disastro economico), un punto di fuga per chi voleva lasciare la Cina maoista.Qui si allontana il ricordo della frenesia di Hong Kong e Canton, dei negozi di lusso e dei mercati, delle musichette commerciali, dei grattacieli e dei bar alla moda. Anche Pechino sembra lontana, dall’altra parte della luna. I Tanka hanno facce silenziose e antiche. Cinesi e britannici li chiamavano zingari del mare. Per secoli hanno vissuto sulle loro barche di giunco. Poi, tra gli anni Settanta e gli Ottanta, si sono sistemati nelle palafitte. Fuori dalle case, c’è il pesce a seccare al sole. La spiaggia è nera e deserta. Un cartello indica un sentiero, per andare a vedere i delfini bianchi. Un uomo si è fermato a metà del cammino e guarda il mare. Vive a Los Angeles. È tornato a vedere il luogo da cui è partito, molti anni fa, e tra pochi giorni ripartirà. Lontano, l’aeroporto di Hong Kong sembra un giocattolo, e dei delfini bianchi, mi dice, non c’è traccia.

Domani sarà il momento di lasciare la Cina. Ne ho visitato una parte infinitesimale, come uno straniero (come un turista che si illude di essere un viaggiatore). Eppure so che in quello che ho visto, come in qualunque cosa, ci sono più mondi di quelli che si potrebbero raccontare in una vita. E in ognuno di loro, c’è un mistero che non si svela. Sulla strada che riporta al villaggio, vi sono locande deserte, una stazione della polizia, una scuola, le barche dei pescatori.

Si avvicina la fine del giorno. Da una finestra al pianterreno, vedo l’interno di una casa. Sembra un quadro di Edward Hopper, la scena di un film di Brian de Palma. Foto di famiglia sul muro, luci rosse nella stanza accanto. Di spalle, una donna, con i capelli grigi, immobile, seduta davanti a un grande televisore. Ma lo schermo è nero, spento. Lo spettacolo è finito, almeno per questa volta; ma lei, come me, sembra non accorgersene.

Maurizio Puppo


_ LINK alla prima puntata: I biglietti cinesi di Puppo. Da Hong Kong a Pekino passando per Lamma e Macao  https://altritaliani.net/i-biglietti-cinesi-di-puppo-da-hong-kong-a-pekino-passando-per-lamma-e-macao/

_ LINK alla seconda puntata: I biglietti cinesi di Puppo. Dalla Città proibita a Le terre del riso   https://altritaliani.net/i-biglietti-cinesi-di-puppo-dalla-citta-proibita-a-le-terre-del-riso/

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

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