Il 18 ottobre, Parigi ha ricambiato l’ammirazione di Scalfari per la Francia, ospitando all’Hôtel de Ville un convegno in occasione del centenario della sua nascita organizzato dall’associazione “Italiques”, che nel 2013 gli aveva consegnato, all’Ambasciata di Francia a Roma, il proprio premio annuale per il libro “Per l’alto mare aperto” (ed. Einaudi 2010), in francese “Par la haute mer ouverte” (éd. Gallimard 2012) dopo la presentazione di Corrado Augias.
È il libro in cui, da “Ulisse, per seguir virtute e conoscenza” (dai versi dello stesso canto XXVI de L’inferno de La Divina commedia), egli frequenta immaginariamente nei giardini del Palais Royal Diderot, al quale si uniscono Voltaire (da cui il dialogo fittizio tra lui e questi recentemente recitato a teatro a Lione) e gli altri maggiori protagonisti della cultura letteraria francese, che sono stati per lui determinanti sia per uscire dalle convenzioni (per esempio inizialmente dalla fascinazione del fascismo, o per far cantare “La Marsigliese” alla fondazione del Partito Radicale nel 1955, o per riconoscere lo sdoganamento di Berlinguer dagli schemi classici del PCl, o per creare nel 1955 il settimanale “L’Espresso” e nel 1976 il quotidiano “La Repubblica” al di fuori degli schemi editoriali classici); sia (come ha ricordato al convegno la figlia Donata Scalfari) per far entrare la Francia in casa festeggiandovi ogni 14 luglio, finché proprio in quel giorno del 2022 egli ha avuto a 98 anni l’ultimo respiro.
È anche con questo bagaglio culturale che Scalfari, “di sinistra e liberale” come ha ricordato Walter Veltroni al convegno, ha fatto parte della migliore classe intellettuale del dopoguerra (proveniente anche dagli altri partiti minori di allora e di prima come Liberale, d’Azione), vicina dal 1955 a Pannunzio e dunque al o nel Partito Radicale, e al settimanale “Il Mondo” (da questi diretto): Ernesto Rossi, Nicolò Carandini, Leopoldo Piccardi, Leo Valiani e (com’è stato ricordato al convegno anche da Frédéric Attal e Paolo Romani) altri che hanno poi difeso il sistema dai predominî della DC (essendoci allora il PCI come unica alternativa). E lo hanno difeso sia nelle istituzioni come Guido Carli alla Banca d’Italia o come esponenti di altri partiti (es. Leo Valiani o Ugo La Malfa), e nei giornali: come Scalfari che ebbe a vantarsi d’essere stato licenziato dalla Banca Nazionale del Lavoro per aver usato nei suoi articoli i termini anticipatori di “razza padrona” riguardo ai predominî nella Fedeconsorzi, entità di rilievo nella stessa banca.
Dal 1955, inoltre, Scalfari scrive sul settimanale allora fondato insieme ad Arrigo Benedetti (con il finanziamento di Adriano Olivetti, che nel 1957 cede la maggioranza delle sue azioni a Carlo Caracciolo) “L’Espresso”, nel quale confluiscono firme poi divenute ancora più note (es. Antonio Gambino, Camilla Cederna), e del quale egli diviene direttore nel 1963 dopo esserne stato direttore amministrativo, il ché è alla base della sua capacità imprenditoriale, anche in contrasto con chi sostiene che in un giornale la redazione e l’amministrazione devono rimanere separate).
“L’Espresso” allora, oltreché per il formato semilenzuolo e i titoli più ad effetto, ha successo per le inchieste che contiene: da quella del 1956 sulla speculazione edilizia a Roma (per cui Benedetti verrà condannato in appello a 8 mesi di reclusione e 70.000 lire di multa, a quella ricordata al convegno da Alessandro Giacone, di Scalfari e Lino Jannuzzi del 1967 sulla minaccia d’un colpo di Stato nel 1964 da parte del Comandante Generale dei Carabinieri Giovanni de Lorenzo (“piano Solo”), con stimolo presunto dell’allora Presidente della Repubblica Segni che tornato da Parigi era stato impressionato dall’ordine, di quel paese. Scalfari e Januzzi dopo la querela di de Lorenzo furono condannati rispetttivamente a 15 e 14 mesi di reclusione, che evitarono grazie all’immunità parlamentare essendosi fatti eleggere nel 1968 rispettivamente deputato e senatore nel PSI.
Negli anni successivi, mentre le altre inchieste al riguardo e Andreotti (allora Ministro della Difesa) confermano l’infondatezza del colpo di Stato, e mentre quelle de “L’Espresso” continuano sugli avvenimenti successivi con altrettanto fervore (esempi: 1975: sul tentativo del “golpe Borghese” del 1970; 1978: Camilla Cederna sul “caso Leone”: scandalo Lockheed e altre irrregolarità descritte anche nel suo libro pubblicato da Feltrinelli, poi infondate, che costringono quell’anno il Presidente della Repubblica a dimettersi), Scalfari dimessosi da Direttore de “L’Espresso” fa parte delle Commissioni Bilancio e Industria della Camera, a riprova del suo spirito imprenditoriale, e nel 1974 pubblica con Giuseppe Turani da Feltrinelli “Razza Padrona”, in cui critica Eugenio Cefis passato nel 1971 dalla Presidenza dell’ENI a quella della Montedison, e tutta la commistione tra l’imprenditoria pubblica e quella privata a danno delle rispettive finalità e del sistema.
Ma, ancora giovane, egli fonda nel 1976 il quotidiano “La Repubblica”, con i capitali de “L’Espresso” e della Mondadori di cui diventa maggioritaria nel 1984 la CIR di Carlo De Benedetti. Il nome gli è ispirato (come ha ricordato Valdo Spini al convegno) dal giornale omònimo portoghese che aveva appoggiato la rivoluzione dei garofani nel 1974, e “La Repubblica” sua è non solo quella di cui per i successivi 20 anni è Direttore, ma soprattutto quella che è tra i più importanti testimoni dei cambiamenti in politica interna ed estera e di quelli sociali negli stessi anni.
Dal nome dell’indirizzo della sede, Piazza Indipendenza a Roma, egli si avvale interamente di questa per i suoi interventi anche nelle situazioni fino ad allora più impreviste come: il rapimento di Moro per cui per reazione Andreotti forma un governo pressoché d’unità nazionale nel 1978 (appoggio esterno anche del PCI dopo che questo si era astenuto nella votazione per il precedente governo, dunque sdoganamento del PCI dagli schemi precedenti); elezione nel 1978 non più d’un democristiano ma d‘un socialista, Sandro Pertini, al Quirinale; e nel decennio successivo (dopo che nel 1980 le brigate rosse invadono anche la redazione del suo giornale per la pubblicazione dei loro comunicati, minacciando l’uccisione del Giudice D’Urso, loro ostaggio): nomina non più d’un democristiano ma d’un repubblicano, Giovanni Spadolini (1981-82) e d’un socialista, Bettino Craxi (1983-87, prima d’un altro socialista: Giuliano Amato: 1992-93 e 2000-01) come Presidente del Consiglio, mentre la DC perde sempre di più i suoi monopolî di scudo al comunismo a causa anche dell’inizio della fine di questo nell’Europa dell’est (al quale contribuisce dal 1978 il Papa polacco Giovanni Paolo II).
All’inizio del decennio seguente esplodono le conseguenze di tutti i vuoti creatisi nella nuova situazione, sia negli ambienti imprenditoriali: es.: “lodo Mondadori” del 1990, di cessione della quota degli eredi Formenton alla CIR, impugnato alla Corte d’Appello di Roma che nel 1991 sentenzia che per precedenti accordi la quota stessa spetta alla Fininvest di Berlusconi, il quale comincia ad affacciarsi in politica; suicidî nel 1993 di Cagliari e Gardini per le accuse di tangenti pagate a tutti i partiti per la fusione Enimont; sia negli ambienti politici: arresto del socialista Mario Chiesa per le tangenti ricevute; sfilata al Palazzo di Giustizia di Milano nel 1992 dei Segretarî o ex dei Partiti Forlani, Craxi, Altissimo, Giorgio La Malfa pure per le tangenti ricevute; e centinaia di avvisi di garanzia ricevuti da altri politici. E i vuoti lasciati dai vecchi partiti cominciano a essere riempiti da quelli nuovi: PDS che si sostituisce al PCI con il 17% e Lega Nord con l’8% di voti alle elezioni del 1992, anno in cui le uccisioni della mafia di Lima, Falcone, Borsellino e le vittime loro vicine rievocano il dramma di quello di Dalla Chiesa nel 1982. Anno, dunque, in cui anche con la crisi economica e la sfiducia nella lira, nonché dopo le picconature alla Costituzione e le dimissioni del Presidente della Repubblica Cossiga, il suo successore Scalfaro controfirma i decreti economici “drastici” del Presidente del Consiglio Amato e poi nel 1993 nomina suo successore per la prima volta una personalità non politica, ossia il Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi.
E i vuoti ancora rimasti sono dal 1994 colmati dalla vittoria alle elezioni in quell’anno del “Polo delle Libertà”, ossia dall’alleanza prevalentemente di “Alleanza Nazionale MSI” e della “Lega Nord” a “Forza Italia” di Berlusconi, divenuto Presidente del Consiglio finquando gli succede nel 1995 il suo Ministro del Tesoro Dini.
Dalla metà di quel decennio Scalfari (anche non dirigendo più il giornale) assiste dunque all’alternanza di destra e sinistra al governo, ma con i nomi delle rispettive alleanze e dei rispettivi partiti cambiati fino al punto di definire una “seconda” Repubblica in sostituzione della “prima” (“L’Ulivo” e altri con Prodi, D’Alema e di nuovo Amato Presidenti del Consiglio dopo le elezioni del 1996; di nuovo Berlusconi dopo quelle del 2001; di nuovo Prodi, stavolta per “L’Unione”, dopo quelle del 2006; ancora Berlusconi, stavolta per il “Popolo della Libertà”, dopo quelle del 2008; e, dopo il governo tecnico di Monti dal 2011 al 2013, Letta, Renzi e Gentiloni per il “Partito Democratico” dopo le elezioni del 2013; Conte con il “M5S” dapprima con “La Lega” e poi con il “Partito Democratico” e gli altri di sinistra e centosinistra dopo quelle del 2018; e infine, dopo il governo tecnico di Draghi dal 2021 al 2022, Meloni per “Fratelli d’Italia” con “La Lega” e gli altri di destra e centrodestra dopo quelle del 2022).
Ma la politica interna appare sempre più stretta per gli interessi di Scalfari, già dal 1986 quando si dedica maggiormente ai libri (dai ricordi ne “La sera andavamo in Via Veneto” di quell’anno alle considerazioni filosofiche e teologiche fino al 2019), e già dal 1988 quando le frontiere nell’Europa dell’ovest possono essere abbattute di più anche per i tentativi (ricordati al convegno da Marc Semo) di maggior collaborazione de “La Repubblica” con i giornali più simili all’estero, come “El Pais” e “The Indipendent”. O (come ha ricordato Bernard Guetta) “Le Monde” (ma il direttore André Fontaine gli risponde che questo è già il polo della cultura!), o “Le Nouvel Observateur” (ma le affinità politiche con Jean Daniel e Gilles Martinet, anche con i comuni interessi per l’evoluzione dell’Europa dell’est ricordati al convegno dal Presidente di Italiques Musitelli, non prevalgono infine sulla situazione contingente dei rispettivi giornali).
Rimane comunque costante l’interesse di Scalfari per la Francia di allora, ossia per il cambiamento riuscito con l’elezione di Mitterrand Presidente della Repubblica nel 1981 e la sua rielezione nel 1988, comè stato ricordato dal suo corrispondente Bernardo Valli al convegno e nel proprio articolo ripubblicato con il titolo “Un’amicizia lungo la Senna”, a conferma anche della considerazione maggiore del suo ex Direttore per il socialista francese che per Craxi (“Ghino di Tacco”, in secondo piano per lui rispetto agli altri leaders italiani con i backgrounds culturali più solidi: dopo quelli intorno a Pannunzio, quelli per esempio del livello di Ugo La Malfa, Spadolini, Ruffolo o Amato).
Se è stata storica la rivoluzione di Scalfari con i titoli più attraenti degli articoli, con più pagine (al posto della 3a pagina d’una volta) di cultura all’interno e nei supplementi, e con tutto ciò per cui “La Repubblica” ha spesso superato la concorrenza con il “Corriere della Sera”, cos’altro nell’informazione può essere oggi considerato rivoluzionario oltre a Internet, le TV assillanti, i vari altri “media” e “socials” e l’intelligenza artificiale? Solo (secondo le conclusioni al convegno) la riflessione che si ha leggendo, piuttosto che accendendo un tasto o un telecomando. E la curiosità: sembra quasi che la nuova sede de “La Repubblica” sia in Via Cristoforo Colombo a Roma per ricordare quella del navigatore oltre le colonne d’Ercole richiamate da Scalfari nel suo libro del 2010!
Lodovico Luciolli
Paris. Journée d’études dédiée au journaliste italien Eugenio Scalfari: le pouvoir des mots
L’Association Italiques vous invite à participer à une journée d’études en hommage au journaliste italien Eugenio Scalfari, fondateur de La Repubblica, à l’occasion du centenaire de sa naissance (1924-2022) le 18 octobre 2024 de 9h30 à 18h30 à la Bibliothèque de l’Hôtel de Ville
Avec la participation de Donata Scalfari (fille), Walter Veltroni (ancien Vice-Président du Conseil, ancien Maire de Rome, ancien député), Valdo Spini (ancien Ministre de l’Environnement), Bernard Guetta (journaliste et député européen), Marc Semo (rédacteur en chef au journal “Le Monde”), Frédéric Attal (professeur d’Histoire à l’Université Polytechnique des Hauts de France), Alessandro Giacone (professeur d’Histoire à l’Université de Bologne), les journalistes Paolo Romani, Bernardo Valli, Alberto Toscano, Anna-Maria Merlo-Poli, Anaïs Ginori et le Président d’Italiques Jean Musitelli.