Riti della Settimana Santa. Tante e diverse sono le “Vie della Croce” nel Sud Italia. Tra queste rievocazioni della Passione di Cristo ci sono quelle che si svolgono nel Vulture (Basilicata), a Rionero, Atella, Barile… Oltre al pathos, la devozione e il mistero, vi è anche una particolare attenzione all’aspetto storico. Ce ne parla Armando Lostaglio da Rionero. Aggiungiamo una sua intervista a Rosa Preziuso che cura la processione di Rionero da anni (un servizio TG7 Basilicata del 4 aprile).
Si incammina verso il secolo la storica Via Crucis a Rionero in Vulture, con i quasi 300 figuranti che nel costume dell’epoca rappresentano la devozione popolare. La fede fa da propulsore alla folla che segue in silenzio lo svolgersi delle vicende nei volti e nelle movenze dei personaggi: tutti nel rigoroso e calibrato cammino che condurrà al Golgota.
La Processione parte dalla entrata in Gerusalemme del Gesù osannato dai bambini con le Palme, sull’asinello come vuole la tradizione. E poi i personaggi del Sinedrio e le Corte romana di Pilato con le donne patrizie, centurioni e soldati introdotti dai cavalieri con stendardo SPQR.
Sono tante le figurazioni, di ogni età, di ogni estrazione, di razze diverse, perché non c’è tempo e non c’è discordanza quando si rievoca la Passione di Cristo.
Dal Giovedì Santo, con germogli di grano portati al sacro Sepolcro, quando si legano le campane e resta il suono cupo degli strumenti in percussione, troccole in legno per ricordare la croce. È il Giovedì Santo dei Sepolcri, i “Subburc” in lingua rionerese.
Ad Atella la rievocazione in costume tocca il mezzo secolo, e poi il Venerdì la seicentesca processione per i vicoli stretti di Barile (vedi alcune foto): furono gli albanesi ad introdurre il Sacro rito nel Vulture. I costumi colorati a partire dai cavalli con le zucaredd, la zingara coloratissima e stracolma di oro che irride al Cristo con la croce trascinata a spalla. È il profano che cerca di vincere sul sacro.
Rionero mutua dall’inizio del secolo scorso la processione con personaggi che andavano verso le parrocchie il Venerdì Santo, con la lentezza dei passi. Non è identica a quella snervante dei Perdùn di Taranto, retaggio del Settecento spagnolo, ma rimane riflesso di tormento ed espiazione di colpe.
“Fin da bambina ci colpivano queste immagini in lento movimento”, ci dice Rosa Preziuso che da più di venti anni si incarica della regia della Via Crucis a Rionero; “la zingara assume il costume nero ma resta carica di oro, ci sono i mori che un tempo venivano tinti di carbone, oggi risiedono nel luogo. Giuda inseguito da una edonista Tentazione; Barabba, il “Malco Battalemme” incappucciato con scarponi storti che tanta paura incuteva ai bambini; personaggi di fede e pie donne, quelli profani dell’impero romano figure eleganti ed austere.
Promuove tutto la Confraternita Maria Santissima del Carmelo, che ha sede nella chiesa di S. Antonio Abate. “C’è tanta devozione anche in questo tempo di apparenze perché molti ragazzi scelgono anche in anonimato di partecipare al Rito (come il Cristo alla colonna); di andare scalzi nel lungo tragitto; che restano muti e sofferenti: tutti nell’attesa spasmodica dell’incontro di Cristo con la Madonna, delle cadute sotto la Croce davanti alle tre chiese. Si tiene viva la tradizione popolare, nel segno della fede. Processione lenta e sentita e non drammatizzazione. Jacopone da Todi e arie pasoliniane si contendono il mistero e la lettura di una fede tramandata, a Rionero e nel Vulture dove prende forma e lacrime la Via della Croce.
FOTO DI BARILE, ma vedi anche questo articolo del 2014.