Il 13 di dicembre è il giorno della santa della Luce: Lucia. È il giorno dell’anno in cui il sole allunga il tramonto di “un passo di gallina” , è la rinascita alla vigilia del solstizio d’inverno. Stefano Di Maria, in arte il “Narratografo”, è un giovane ingegnere molisano con la passione per la scrittura e per la fotografia. Ci racconta un rito semplice, ma molto sentito: la benedizione degli occhi, che si celebra ogni anno a Santa Lucia in un’antica chiesa della sua città a Campobasso.
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Una chiesa senza piazza, col rosone dirimpettaio al balcone di una nonna e la campana che quando suona fa muovere i panni stesi qualche metro davanti. È una chiesa antica, luogo di culto dei Crociati. La pietra bianca sembra cupa perché si colora sempre di ombre, non è mai il sole che la illumina. Sopratutto il 13 di dicembre quando, secondo i proverbi locali, la giornata allunga il tramonto di “un passo di gallina” !
Il grosso portone della chiesa, quando si apre nei pomeriggi invernali, illumina la stradina con una luce che riscalda l’anima del popolo fedele e inghiottisce bisbigli, canti e preghiere. Nella chiesa di Santa Maria della Croce vanno quelli che praticano un culto antico, sicuramente ricercato. È la casa del Gesù morto da portare in processione nel Venerdì Santo; è lo scrigno dove uno degli ultimi affreschisti di chiese – il campobassano Amedeo Trivisonno – nel secolo scorso aveva dipinto le volte. È la stessa in cui il 2 febbraio prendi le candele a San Biagio e ti benedicono la gola. Durante la settimana delle Palme si canta lo Zuchetazù e… a Santa Lucia ti benedicono gli occhi.
“Non ti pulire!”, mi diceva mia nonna dopo che il vecchio prete Rettore mi aveva fatto due segni della croce sulle palpebre, usando un pennello unto abbondantemente di olio santo. Io non mi pulivo e lo sentivo sulle ciglia per tutta la sera. E lo sentivo pure la notte con la paura di sporcare il cuscino. La mattina, esitavo a lavare la faccia perchè “…quello è l’olio di Santa Lucia! È olio santo!” .
Mia nonna, buon’anima, metteva nella borsa i batuffoli di ovatta e chiedeva al sacerdote:
“Se mettete un poco di olio qua, porto la benedizione pure a quelli che stanno a casa”.
E allora, la piuma d’oca di Don Antonio – che poco prima aveva cecato qualche occhio troppo avventato – si inzuppava nell’ampolla e affidava l’unguento di santa Lucia a mia nonna e a tutti quei devoti che, in fila, pensavano ai familiari. A casa mancava l’altare, mancava l’organo, mancavano i banchi ma il corridoio era sufficientemente lungo per allineare marito, figli e nipoti e riproporre cosi il rito di Santa Lucia. Il silenzio era rispettoso e la convinzione semplice e profonda.
“Per intercessione di Santa Lucia, vergine e martire,
Ti liberi il Signore dai mali della vista e da ogni altro male”.
E due segni della croce tra ciglia e sopracciglia donavano sollievo anche a coloro che portavano lenti a fondo di bottiglia e affermavano convinti:
“Amen!”
Il Narratografo
Campobasso, 13 dicembre 2018