Se mi chiedeste se mi è piaciuto “L’umano sistema fognario” di Cosimo Argentina, la mia risposta sarebbe:
– No.
Al che tutti voi sareste legittimati a chiedermi, con tono di sorpresa e disappunto:
– E perchè ce ne vuoi parlare se non ti è piaciuto?
La mia risposta, altrettanto piccata, sarebbe:
– Perché è un bel libro. Che domande!
Dal mio punto di vista, di lettore, il fatto che un libro mi piaccia o meno, non è influente, non è questo a fare di un libro, un buon libro.
Un libro è buono (leggere: utile) perchè racconta un punto di vista sul mondo che prima era sconosciuto, perchè è scritto bene o meglio è scritto come si conviene ai contenuti che porta dentro. Non è poi detto che quel punto di vista sia in accordo con il tuo, non è detto che quel linguaggio ti piaccia, pero’ dovresti essere tu! Ô lettore, sufficientemente coerente da riconoscere che quel modo di esprimere il personaggio è assolutamente in equilibrio con il personaggio stesso. Ed è proprio questo equilibrio a restituire quel mondo che ora tu, ô lettore, conosci. Questo per me è il senso della lettura: un’estensione delle prospettive.
Il romanzo (black, noir, pulp, etichettate come meglio credete) di Argentina ha tutte queste caratteristiche. Porta un contenuto che disturba, volutamente disturbante, ti fa entrare nella testa di una sorta di mostro, anzi una fogna d’uomo, e non ti molla, ti risucchia nel suo vortice delirante, ti fa entrare nel suo appartamento maleodorante, nella sua vita carica di frustrazione, fatta di brutture e storture e ti rende partecipe della sua vendetta e ne sei cosi complice che alla fine non riesci più né a condannarlo né ad assolverlo questo personaggio dall’aria insignificante.
Emiliano Maresca è un trentenne dai capelli untuosi, dal viso brufoloso e con degli occhiali a ‘culo di bottiglia’, ha il poster di Hitler sulla testa del letto ed è quel ‘qualcuno’ che non avete mai degnato di uno sguardo, se mai lo aveste notato, nel bar sotto casa vostra, e se anche lo aveste notato, è certo che avreste subito distolto lo sguardo, infastiditi. È quel ‘qualcuno’ che nelle cronache dei giornali fanno una strage (ammazzano familiari, vicini e passanti) e tutti in coro a dire ‘Ma, guarda un po’, chi l’avrebbe mai detto? Sembrava un ragazzo cosi tranquillo!’.
Il tutto si amplifica sullo sfondo della Taranto dell’Ilva. Questo romanzo puzza di diossina, ma non solo, il cocktail si compone di diossina, benzopirene, ma anche berillio, mercurio e nichel. Il cervello di Emiliano è composto di tale materia.
Taranto è quella città in cui le mamma non possono allattare, perché anche loro come Emiliano, sono cariche di diossina. È quel posto dove i bambini non possono giocare nei parchi, perchè si sporcherebbero di diossina le mani. A Taranto i morti non si possono seppellire, perchè non si può smuovere la terra. E i morti restano surgelati nella camera mortuaria, fino a nuovo ordine. Anche Emiliano surgela la mamma morta, poi si vedrà.
Taranto è la ‘Steel City’. Emiliano è la steel city e ascolta musica heavy metal, ma guarda un po’!
“L’umano sistema fognario” di Cosimo Argentina è la storia di un giovane, senza alcuna speranza, senza padre, che vive con una mamma sola, frustrata e malata, che morirà alla prima pagina e che lui provvederà a congelare nel freezer, per non perdere il lavoro, la casa, la pensione. Mi sembra giusto. Sembrerà giusto anche a voi, credetemi.
Per farcela entrare nel freezer farà due o tre cosette, che vi lascio il piacere di scoprire. Nel pensiero di Emiliano, tutto questo ha una logica ferrea, cosi solida, che per quanto cerchiate ragioni morali per condannarlo, non ci riuscirete, credetemi.
La mamma nel suo ultimo respiro gli rivela il nome del padre bastardo. È lui il bastardo, che lo ha reso bastardo ed ecco che la rabbia sommersa di Emiliano si rivela nel suo massimo splendore, in una ascesa verso la violenza più pulp, che più pulp di cosi davvero non credo sia possibile.
Emiliano scopre cosi di avere una famiglia, che deciderà di stuprare. Perchè? Perchè Emiliano è talmente furioso, che quella normale famiglia che Ignazio (padre bastardo) non gli ha permesso di avere, vuole, letteralmente, stuprarla. È la vendetta delirante di questo giovane senza speranza, che rinuncia ad ogni possibile speranza. I modi e i tempi di questa vendetta, ve li lascio scoprire da soli.
Emiliano consumerà la sua squallida vendetta, priva di senso, che andrà a colpire due povere sfortunate, che nessuna colpa hanno delle colpe del padre.
Ma le colpe dei padri ricadranno sui figli. Emiliano è un Dio minore, che colpisce cieco nella sua rabbia cieca. Che cosa farà del padre, è altra simpatica cosa che vi lascio scoprire da soli. Nessuna simpatia, né per Emiliano, né per Ignazio.
Inoltre, Emiliano è innamorato di Anansa, figlia del suo datore di lavoro, o meglio schiavista. Anansa è bellissima, ricca, irraggiungibile: una gran gnocca, che, comunque, tende ad ingrassare. Niente, assolutamente niente, è perfetto a questo mondo.
Con Anansa Emiliano avrà una ‘botta’ di fortuna, che uno come lui non avrebbe mai potuto sperare, ma sarà talmente sconvolto da tanta improvvisa ed inattesa fortuna, che non riuscirà a ricordarsene i dettagli, quelli su cui lui fonda la sua inutile esistenza. E senza dettagli, tutto si frantuma.
Quando ho letto l’ultima parola dell’ultima pagina, il sentimento era lo stesso provato nel vedere il film ‘Un borghese piccolo, piccolo‘. Una sorta di resa e di sconfitta. Come Monicelli, Cosimo Argentina riesce a mettere in evidenza i vizi di questo pezzo d’Italia sfortunata. Riesce a riderne e a ridicolizzarli costruendo una tragicommedia, che apre uno squarcio sulla nostra più attuale società, priva di ogni speranza e di ogni possibilità di riscatto. Un sorriso beffardo si stende lungo il filo di questo romanzo.
Quindi non è questo romanzo a non essermi piaciuto, ma questo sentimento che « L’umano sistema fognario » si porta dentro. Una verità dolorosa che Cosimo Argentina riesce a descrivere con tagliente scrittura, quella sì, che mi è piaciuta: onesta, feroce, senza mai incertezze, dentro e affondo al suo mostro, senza mollare mai la presa, senza giustificare nulla, senza esprimere facili giudizi, senza cedere ad abbellimenti di sorta. Un osservatore duro e puro, questo Argentina. Non solo del mondo che ci vuole raccontare, ma anche del linguaggio con cui questo si esprime: lingua ellittica, carica di neologismi e dialettismi.
Il lettore che per caso arriva ai romanzi di Argentina, o lo ama o lo odia, se riesce ad amarlo, gli resterà fedele a lungo, almeno fino a quando lui riuscirà ad essere un cosi onesto scrittore. Se Argentina non mi ha riconciliato con Emiliano Maresca, e non era certo questo il suo scopo, certamente mi ha riconciliato con l’editoria italiana attuale. Finita l’ultima pagina, ho chiuso il libro, ho respirato profondamente, per riemergere dal tanfo Ilva/Maresca e mi sono detta: « Bé! Forse non tutto è perduto ».
Carla Cristofoli
Sull’autore del libro:
Cosimo Argentina si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Bari con una tesi sul Diritto del commercio internazionale ed una specializzazione in criminologia.
Dopo aver praticato l’attività di procuratore legale e giornalista a Taranto, nel 1990 si è trasferito in Brianza dove vive ed insegna Diritto ed Economia.
Ha esordito nel 1999 con il romanzo Il cadetto edito da Marsilio, vincitore del Premio Letterario Edoardo Kihlgren Opera Prima e del Premio Oplonti. Nel 2002 con lo stesso editore ha pubblicato Bar Blu Seves e nel 2004 il suo Cuore di cuoio edito da Sironi, selezionato per il Premio Bancarella Sport.
Nel 2006 pubblica per No Reply il romanzo surreale e sarcastico Brianza vigila, Bolivia spera: un’opera che ingloba diversi filoni letterari, dall’hard boiled allo splatter, che offre una critica ed una riflessione sulla Brianza ed i suoi lati oscuri.
Il suo romanzo Maschio adulto solitario (Manni, 2008) è stato finalista al Premio Letterario Castiglioncello-Costa degli Etruschi, al Premio Bergamo, al Premio La Magna Capitana di Foggia ed al Premio Letterario Città di Bari.
Nel 2010 con Fandango ha pubblicato il romanzo Vicolo dell’acciaio, un romanzo che narra le vicende di un quartiere che vive e respira all’ombra dell’ILVA di Taranto. Nel 2013 ritorna al noir, pubblicando per minimum fax il romanzo Per sempre carnivori.
Nel novembre 2014 rientra in libreria con il romanzo L’umano sistema fognario edito da Manni.