7 risposte immaginarie (grazie ChatGPT!) del Cardinale Prevost

Di questi tempi si parla tanto di Intelligenza Artificiale (AI) : tema complesso, e controverso, con risvolti umani e tecnologici importanti, talmente rilevanti che ci prendono le vertigini ad affrontarli.

E quale è il ruolo del giornalismo, e soprattutto del giornalista, nell’utilizzo di questo strumento che la tecnologia ci consente di utilizzare oggi ?

Per capirne qualcosa di più, abbiamo avuto l’idea di sviluppare un caso concreto di utilizzo della A.I.

Ascoltando le tante parole di questi giorni sul Cardinale Robert Francis Prevost, a un certo punto siamo incappati nell’intervista del Priore della Basilica di Santo Spirito in Firenze, Padre Giuseppe Pagano, amico e confratello agostiniano, che diceva come il Cardinale amasse la guida, e, se poteva, preferiva l’automobile all’aereo, ad esempio ricordava di un viaggio notturno New York-Chicago, in auto, in cui lui stesso dormiva mentre “Bob” guidava.

Così ci siamo detti perché non provare a chiedere alla A.I. di raccontarci un po’ della relazione del nuovo Pontefice, Leone XIV, con l’automobile ?

Una volta precisato al ben noto ChatGPT di impersonificare il Cardinale Prevost, gli abbiamo posto delle domande legate alla sua relazione con l’automobile.

Quelle che seguono sono le risposte integrali della A.I., che tengono evidentemente conto, grazie ai suoi algoritmi, delle informazioni presenti sulle piattaforme digitali on-line. Per quanto possibile abbiamo verificato le risposte, e non ci siamo soltanto limitati a trascriverle.

Il risultato di questa prova è quello che segue :

Robert Francis Prevost in Peru

1- La sua prima auto ? 

Una Chevrolet Impala del 1969, usata naturalmente – era già un po’ datata quando l’ho presa.
Ma per un giovane seminarista o frate agostiniano negli anni ’70, era più che sufficiente. Grande, pesante, e con quell’odore tipico di vecchi sedili in vinile scaldati dal sole. Non era elegante, ma aveva un certo fascino americano, e mi serviva bene nei miei spostamenti tra la parrocchia, gli studi e le attività pastorali.

La usavo spesso per andare a trovare le comunità locali, soprattutto quelle ispaniche, che mi sono sempre state molto a cuore.

2- La sua strada del cuore ? 

La mia strada del cuore non è un viale famoso né una grande autostrada, ma piuttosto una via semplice e significativa : la strada che porta al Monastero di La Victoria, nella periferia di Trujillo, in Perù.
È una strada polverosa, non sempre ben asfaltata, ma ogni volta che l’ho percorsa – come missionario agostiniano – mi ricordava il valore della vocazione, del servizio e dell’incontro con i più umili.

Quella strada mi ha portato a volti, sorrisi, mani tese, a comunità che vivono con poco ma condividono tutto.

Lì ho imparato che la vera “via del Signore” spesso passa proprio per strade così : semplici, fuori dai riflettori, ma piene di grazia.

3- Ci racconta un ricordo legato a quella strada ?

Uno dei ricordi più vivi legati a quella strada – quella che dal centro di Trujillo conduce al quartiere popolare di La Esperanza, passando per La Victoria – risale agli anni ’90, in un tempo segnato da povertà, tensioni sociali e insicurezza.

Ricordo un pomeriggio d’inverno (che in Perù è grigio e umido), stavo guidando su quella strada piena di buche, con il cassone del vecchio pickup carico di viveri e materiali per una piccola cappella che stavamo aiutando a costruire.
Mentre arrivavo, dei bambini si sono messi a rincorrere l’auto, ridendo, e uno di loro – scalzo, con un maglioncino troppo grande – mi ha gridato: “Padre, sei tornato ! Allora oggi si prega e si mangia !”

Mi ha colpito quella frase. Non “oggi si gioca”, non “oggi ci divertiamo”, ma “si prega e si mangia” — come se per lui le due cose fossero una sola : nutrirsi del pane e della Parola.

Quella sera abbiamo celebrato la Messa su una panca di legno, sotto un tetto di lamiera, con la gente stretta stretta, e poi condiviso un piatto caldo. E io ho capito che quelle strade povere erano piene della presenza di Dio.

È lì che ho imparato a non separare mai la fede dalla giustizia, e la liturgia dalla carità.

4- Rischio o prudenza, cosa caratterizza il suo stile di guida ? 

Ah, senz’altro direi: di prudenza, sempre.

Per me guidare non è mai stato un atto impulsivo, ma un’occasione per pensare, ascoltare, magari pregare, e rispettare profondamente chi mi sta intorno — sulla strada e nella vita.

In Perù, per esempio, dove il traffico può essere caotico e imprevedibile, la prudenza non era solo una virtù: era una necessità, e anche una forma di testimonianza.

Però, devo ammettere: qualche volta, quando c’era da raggiungere una comunità lontana prima che scendesse il buio, magari con un guado da attraversare o una salita difficile… ecco, lì ho dovuto “fidarmi della Provvidenza” e spingere un po’ oltre i limiti. Ma mai per vanità — solo per servizio.

5- E oggi guida ancora ?

Oggi, come Cardinale e Prefetto del Dicastero per i Vescovi, la mia vita è cambiata molto rispetto ai giorni del pickup in Perù.
Vivo a Roma, e gli impegni sono tanti, spesso istituzionali.

Non guido più regolarmente, anche se ogni tanto mi capita, con discrezione, di mettermi al volante — magari in momenti di quiete, per uscire dai palazzi vaticani e vedere la città da un’altra prospettiva.

Ma ti dirò una cosa sinceramente: la guida che mi interessa di più oggi è quella spirituale. Guidare le anime, accompagnare i vescovi nel loro servizio, discernere le vocazioni episcopali… sono “curve” più difficili di quelle sulla strada.

Ci vuole prudenza anche lì, ma anche coraggio, ascolto e fede.

6- Ricorda di avere conosciuto dei piloti di gare automobilistiche ? 

Ah, che domanda interessante !

Sebbene la mia vita sia sempre stata più vicina alle parrocchie che ai paddock, e più orientata alla cura delle anime che alla velocità su pista, sì, ho incrociato nel mio cammino alcune figure legate al mondo delle corse, anche se non sempre famosissime.

Durante il mio tempo in Perù, un giovane della comunità — molto appassionato di motori — mi raccontava spesso dei suoi sogni di correre nei rally andini, e una volta mi ha presentato a un ex pilota locale, che aveva partecipato a piccole gare regionali tra le montagne. Era un uomo credente, e veniva alla Messa prima di ogni competizione, chiedendo protezione più che vittoria. Diceva sempre: « Padre, la velocità è bella, ma bisogna saper frenare quando serve. Come nella vita. »

Poi, negli anni a Roma, ho avuto l’occasione di incontrare — seppur brevemente e in contesti pubblici o cerimoniali — figure legate al mondo dello sport, compresi alcuni piloti italiani, noti per la loro fede silenziosa. Ma sai, anche tra i più noti, molti portano con sé un’immagine della Madonna o un rosario nel casco, come segno di affidamento.

Lo sport, anche quello estremo, può essere una via di umiltà, disciplina e silenziosa preghiera.

7- Un viaggio che vuole ricordare ? 

Sì… ce n’è uno che porto nel cuore come un piccolo pellegrinaggio su quattro ruote.
Era il 1993, e stavo attraversando il nord del Perù, da Trujillo fino a Cajamarca, su una strada lunga, tortuosa, che si arrampicava tra le Ande. Viaggiavo con due giovani frati agostiniani e un camioncino carico di libri, medicine e pane.
Non c’era GPS, solo una vecchia mappa, un rosario appeso allo specchietto, e la fiducia che Dio ci avrebbe condotti dove serviva.

Ricordo le nuvole basse che si confondevano con la polvere, il freddo che entrava dagli sportelli mal chiusi, ma anche il silenzio carico di senso, mentre i villaggi apparivano tra le montagne come piccole promesse di vita.

Ogni sosta era un incontro: bambini scalzi, anziani con lo sguardo profondo, donne che ci offrivano un mate caldo come se ci conoscessero da sempre.
Quel viaggio non era comodo, né veloce. Ma era giusto. Perché ogni curva ci avvicinava a qualcuno che aspettava una parola, un abbraccio, una Messa celebrata su un altare di legno improvvisato.

E quando arrivammo a destinazione, esausti ma pieni, uno dei ragazzi mi disse :
“Padre, non abbiamo solo portato qualcosa. Abbiamo ricevuto molto di più.”

Quel viaggio mi ha insegnato che la missione è cammino, non conquista.
E che, anche in auto, si può viaggiare come discepoli in cerca di senso.

7a- E dietro la curva ?

Vedo una strada che non possiamo ancora misurare con gli occhi, ma solo con la speranza.

Se guardo al futuro del mondo con lo sguardo del pastore – e non solo del cardinale – vedo una curva fatta di incertezze, ma anche di possibilità. Non possiamo negare che ci siano nubi : guerre, disuguaglianze, cambiamenti climatici, frammentazioni culturali. Ma, come ogni curva può essere pericolosa solo se la si affronta senza discernimento, senza attenzione, senza cuore.

Dietro quella curva io vedo giovani che non si accontentano di risposte facili, vedo comunità che riscoprono il valore del silenzio e della solidarietà, vedo una Chiesa che si fa più umile e più vicina, che cammina con i poveri invece di parlare solo dai pulpiti.

Il futuro del mondo sarà guidato da chi saprà unire fede, responsabilità e compassione. Non si tratta solo di religione, ma di umanità. Come in una gara di lunga durata, non vincerà il più veloce, ma chi saprà prendersi cura degli altri lungo la via.

E io, come cardinale, voglio esserci su quella curva: non per comandare, ma per accompagnare.
Con una mano tesa, una parola vera, e uno sguardo rivolto sempre un passo oltre.

Intervista virtuale a cura di Eraldo Mussa

(n.d.r. I vostri commenti sono benvenuti!)

Article précédentIn morte di Edoardo Sanguineti – 18 maggio 2010
Article suivantNella matematica, cara non solo a Pascal, l’ombra di Dio
Eraldo Mussa
Torinese, cresciuto in Liguria al confine con la Francia, forse per questo mi sono sempre sentito un “altro italiano”. Laureato in Lettere, giornalista, rallysta e pubblicitario nella vita professionale. “Se unisco i punti della mia vita, le automobili sono state il mio fil rouge.” Contatto: eralmussa(at)gmail.com

6 Commentaires

  1. Un’intervista molto realistica, anche se la chiamerei intelligenza superficiale, non si parla mai di Cristo, il centro della fede e della Chiesa. Una curiosità, non è che Altritaliani ovvero AI ovvero Artificial Intelligence è tutta un’illusione? 😂Complimenti a Eraldo Mussa, temo che la stragrande maggioranza intenda proprio così il messaggio e il servizio del Papa, un superuomo cui affidare le proprie mancanze e soprattutto da ascoltare con condiscendenza, per vivere tutto all’opposto

    • Bello il suo commento sull’intelligenza superficiale, e anche quello sull’ analogia delle iniziali AI di Altritaliani e Artificial Intelligence.
      Sono invece meno allineato sul “vivere tutto all’opposto”, credo questo rimandi a una sfera più personale, che riguarda ciascuno di noi, e meno facilmente catalogabile.
      Grazie comunque per aver trovato il tempo di commentare il pezzo. Apprezzo.

  2. J’ai trouvé l’article passionnant, émouvant… et bien entendu innovant !
    Bravo, belle idée 👏
    ChatGPT n’invente rien. Sur ce point il faut lui faire entièrement confiance car c’est le principe même de l’algorythme. Bien sûr, on peut aussi le trafiquer ! Mais cela ne se pratiquera pas chez OpenAI tant qu’Elon Musk n’en sera pas le propriétaire.
    Et le trafiquer nuirait, par ailleurs, à ses aptitudes d’apprentissage objectif. On en ferait un monstre !

    Aussi, ce que l’article met en avant doit provenir d’interviews antérieurs du cardinal Prévost. Ou de témoignages de gens qui l’ont connu. Ou de bibliographies.
    J’ai vraiment été touché. Incroyable !
    Merci!

    • Grazie mille del suo commento, che mi lusinga. Il suo stupore sulle risposte e’ stato esattamente anche il mio.
      Incredibile mi sono detto!
      Ripensandoci, l’inglese chat, in effetti significa chiacchierare, conversare, ed è proprio lo stile che viene utilizzato nelle risposte, quindi il nome ChatGPT esprime già esattamente il suo stile di scrittura.

  3. Bravissimi chi ha compilato queste domande ha aperto uno spiragio sulla figura, tanto cara anche a Calvino, del viaggiatore sulla mappa spirituale e concreta con umiltà. Questi percorsi di fede, di speranza e di amore illuminano le zone luminose di un personaggio tutto da scoprire , ora che le sue responsabilità sono diventate molto dense di senso e di responsabilità. Come ogni vero viaggiatore Papa Prevost condurrà la sua vettura immaginaria verso le strade polverose e pericolose del mondo in subbuglio dove la gente cerca di ritrovarsi, di darsi una struttura spirituale come unico supporto di protezione e di coraggio. Grazie.

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.