7 domande ad Alice Hoschedé, compagna di Claude Monet a Giverny

Liguria. Aprile 1884. Eileen de Burgh Daly, direttrice del “Journal di Bordighera” a cui collaboro, mi ha chiesto un’intervista a Alice Hoschedé, compagna di vita di quel pittore, quel Claude Monet, che in questi giorni sta dipingendo come un ossesso a Bordighera. Ne parlano tutti di questo bell’uomo e del suo cavalletto volante, tanta è la sua smania di dipingere. Ma cosa c’è dietro, cosa ha lasciato a casa, perché è venuto qui ? Dietro ogni artista c’è una musa dicono.

Questo nuovo “7 domande” vuole mettere in luce lei, Alice, perché vivere con un uomo così appassionato di pittura non deve essere facile ogni giorno. La loro relazione amorosa è iniziata già da alcuni anni ma solo da pochi mesi, scomparsa Camille Doncieux, la moglie di Monet, vivono insieme nella casa di Giverny con la loro tribù di 8 figli. Così eccomi sul treno diretto a Parigi. Arrivo in Normandia, la casa è isolata nel verde, la Senna scorre lenta, busso e mi viene aperto.

1- Buongiorno Signora, grazie di ricevermi senza preavviso e di dedicarmi del suo tempo… Così Claude Monet l’ha lasciata qui a Giverny con 8 figli, ed è andato a cercare luce e colori sulla Riviera e la Costa…. Come l’ha presa ?

Bonjour Monsieur, lieta di incontrarla. Innanzitutto deve sapere che Monet è l’amore della mia vita, per me è stato un vero “coup de foudre” dalla prima volta che lo incontrai nel castello di Rottembourg a Montgeron, dove mio marito Ernest Hoschedé, appassionato dall’arte di quei pittori parigini chiamati “impressionisti”, l’aveva invitato.
Ma mi scusi, torno alla sua domanda, come l’ho presa la sua partenza mi chiede…

Portrait d’Alice Hoschedé par Pauline Carolus-Duran, 1875, miniature sur ivoire 8,5 x 6.9 cm Collection Philippe Piguet, Paris

Si metta nei miei panni: l’anno scorso ci eravamo da poco trasferiti qui a Giverny, con sei figli miei e due suoi: casa nuova, giardino, il mio Claude un pò isterico perché in quei mesi era quasi sempre rinchiuso a dipingere porte e pannelli nell’appartamento parigino di Paul Durand-Ruel, quello di rue de Rome… sembrava un leone in gabbia.
Poi la morte di Manet, che ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti noi.
Insomma, a inizio dicembre arriva Pierre Auguste (Renoir ndr) e lo convince a partire con lui per l’Estaque, a trovare Cézanne, per poi proseguire per l’Italia, sulla costa ligure, fino a Genova. Si ferma lì fin quasi a Natale e io qui a Giverny ad aspettarlo…
L’ho presa malissimo, certo, ma ho dovuto far buon viso a cattivo gioco, perché lo amo, il mio Monet…

2- Quindi mi par di capire che le manca ?

Infinitamente mi manca e lo confesso, sto male quando non c’è, non sono tranquilla, ma capirà, stare con un artista appassionato a tal punto dalla sua arte non è proprio facile…
Meno male che ho le mie figlie più grandi, Marthe, Blanche e Suzanne che mi aiutano con i più piccoli. Senza di loro non ce la farei…

Quatre des six enfants Hoschedé : Jacques, Suzanne, Blanche et Germaine, vers 1880, collection particulière, pastel sur toile exécuté par Claude Monet

Ma tornando allo scorso dicembre Claude torna dalla Riviera italiana folgorato, estasiato dalle meraviglie viste durante il viaggio con Renoir, ma con lui bocca cucita, decisamente voleva fare da solo, seguire e rendere le sue personali impressioni.
Torna comunque qui da noi, e menomale, verso Natale, ma io lo vedevo che era irrequieto, doveva tornare subito, diceva, a Bordighera, da solo, starci un mese, per portare a Paul Durand-Ruel “tutta una serie di cose nuove”, come gli scrive il 12 gennaio 1884. Ma poi, altro che un mese, è via da tre mesi e io qui ad aspettarlo…
Va bè, ne è valsa la pena, ha dipinto quasi 40 tele, come mi ha scritto.

3- Lui le manda regali, lettere ?

Fiori, lettere e mandarini, grazie alla generosità di Monsieur Francesco Moreno, vous savez, il proprietario di quell’incredibile giardino situato ai piedi e intorno Bordighera alta, il luogo sovrano della meraviglia che posso per ora solo immaginare dalle parole di Claude. Meno male che un giorno sì e uno no ricevo almeno una o due lettere, senza di quelle sarei caduta nella disperazione più nera…

Carolus-Duran, Portrait de Madame Hoschedé, vers 1872-1878, Museum of Fine Arts, Houston

Anche il suo di umore comunque non scherza. A Bordighera è proprio meteopatico, passa da momenti di esaltazione a momenti di profonda depressione, quando pensa di non fare nulla di buono… Sopratutto quando è costretto a stare chiuso nella sua stanza alla Pension Anglaise nelle giornate di mal tempo, a guardare e riguardare le sue tele…
Comunque, la cosa più importante per me è ricevere le sue parole sulla carta e meno male che negli ultimi anni hanno costruito questa incredibile invenzione, la ferrovia, che permette alle sue lettere di viaggiare veloce.

4- Cosa le racconta di Bordighera? Delle sue giornate sulla Riviera ?

È preoccupato per me e la nostra grande famiglia “recomposée”, mi chiede costantemente notizie, vuole sapere se Durand (Paul Durand-Ruel, mercante degli impressionisti ndr) mi manda puntualmente i soldi per tutte le spese… Ma che volete, mi tocca capirlo, so che per lui dipingere è come respirare, non può farne a meno.

Atelier Monet a Giverny

Guardi, ho qui una sua lettera del 26 gennaio, gliene leggo un passo, se desidera…:
Quando finisco la mia giornata di lavoro e mi ritrovo, da solo, in una camera d’albergo, non smetto di pensare a voi e, se fosse possibile, pagherei caro per passare una serata insieme a voi; ma lo sapete bene, come io conosco i vostri pensieri; non è bene dunque dubitare così di me. Il mio cuore è sempre e comunque a Giverny: non dubitatene mai, d’accordo? E perdonatemi se vi lascio sola con le vostre preoccupazioni.
Voi avete tanti volti amici intorno, la gioia, le risa con voi, io no. Io lavoro, è una grande gioia per me, ma è tutto ciò a cui penso.
Oggi ho lavorato ancora di più: cinque tele, e domani conto di cominciarne una sesta.
Tutto procede dunque abbastanza bene, nonostante sia molto difficile da fare: queste palme mi fanno dannare…
Vorrei fare degli aranci e dei limoni sullo sfondo del blu del mare: non riesco a trovarli come li voglio io. Quanto al blu del mare e del cielo, è impossibile.
Vous voyez? Arrivato da pochi giorni.. e le palme lo facevano “dannare”!

Bordighera dall’alto, quadro di Monet del 1884

5- E così agli occhi suoi questa Bordighera cosa è per Claude? Artisticamente e “esistenzialmente” parlando?

All’inizio, cher Monsieur, ho pensato a una fuga – non faccia quella faccia! -, non da me, ma dalle preoccupazioni dell’anno difficile che abbiamo passato prima di sistemarci a Giverny… poi ho capito, leggendo le sue lettere, giorno dopo giorno, che è partito per seguire un’intuizione, per non dire una folgorazione.
E questo è successo durante quelle due settimane vagabonde, en touristes, con Renoir, ed è successo proprio in quel luogo sconosciuto – almeno per noi, perché poi ho scoperto che ci viveva addirittura Charles Garnier, l’architecte de l’Opéra de Paris.
Quindi Bordighera è stata una scoperta, la scoperta della luce e della natura mediterranea (che invidia!).

6- Un marito artista ha sempre intorno persone potenzialmente pericolose. Modelle, pittrici, ammiratrici. Che cosa mi dice della giovane americana con cappello rosso? Lei è una donna gelosa?

Claude Monet. La modella è Suzanne Hoschedé, figlia di Alice Hoschedé (1886)

Gelosa io?… Monsieur, sono terribilmente jalouse!
E Claude ne sa qualcosa… quante gliene ho cantate quando nei primi giorni dopo il suo arrivo alla Pension Anglaise mi ha incautamente descritto la table d’hôte con tutti i suoi commensali anglofoni, fra cui appunto mi fa il ritratto di questa giovane americana (sfrontata!) che a tavola sfoggiava quell’enorme cappello di velluto rosso stile “Rembrandt”…
Quante gliene ho dette…lo volevo lasciare !- Dopo pochi giorni in una lettera mi dà del tu, invece del nostro solito “vous”. Aspetti che cerco la lettera. Voilà, era il 9 febbraio : “Esigo dunque che tu mi ami come io ti amo. Possano i baci che ti mando cancellare quei brutti pensieri. Ti amo, vorrei che tu fossi qui e ti supplico di rispondere con una buona lettera piena di carezze. Ma quanto tempo prima che mi arrivi! No, non sapete quanto tali lettere rattristino me così ansioso di leggervi, quando torno dal lavoro”.
Beh, devo ammettere che con queste parole dolci e appassionate mi ha riconquistata subito, quel filibustiere!

7- Oltre alla passione per la pittura, che cosa appassiona Monet?

Il cibo, la natura, quelle nuove invenzioni, le automobili, gli amici, la solitudine, la luce e i riflessi nell’aria e nel vento, il mare, l’acqua, il suo elemento… I bambini, la spontaneità, il treno, le stazioni, il suo giardino, cucinare insieme nella nostra allegra cucina di maiolica gialla e blu, il nostro amore…
E il nostro nuovo giardino di Giverny; ha dei grandi progetti, vuole farlo più grande, creare un laghetto, un bassin pour les nymphéas, costruire un ponte di legno giapponese con dei salici piangenti.

L’idea del ponte gliel’ha fatta venire proprio Monsieur Moreno, le “marquis de Carabas” che possiede tutta Bordighera, come lei sa bene ! Un giorno l’ha portato a visitare un’altra sua proprietà, mi pare si chiami Albenga, e lì gli è apparso davanti agli occhi questo ponte flessuoso ed elegante… Staremo a vedere, la nostra avventura a Giverny è appena iniziata. Spero tanto che Claude mantenga la parola data e che un giorno mi porti laggiù, in quell’angolo di meraviglia, quella Bordighera che l’ha stregato e catturato…

*

Avrei voluto prolungare questo piacevole scambio ma i bambini sono impazienti: è l’ora di pranzo per loro e per me l’ora di andare. Per ringraziare la padrona di casa della sua disponibilità, le regalo una piccola cesta con una manciata di mandarini e limoni e…

Grazie a Silvia Alborno, profonda conoscitrice di Claude Monet, che questa volta ha sapientemente interpretato Alice Hoschedé, dopo aver interpretato Claude Monet nella precedente intervista qui sotto:

APPROFONDIMENTI / LINK: (Più di) 7 domande a Claude Monet al bar Bastioni di Bordighera

Intervista immaginaria a cura di Eraldo Mussa

LA CASA MONET A GIVERNY

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Eraldo Mussa
Torinese, cresciuto in Liguria al confine con la Francia, forse per questo mi sono sempre sentito un “altro italiano”. Laureato in Lettere, giornalista, rallysta e pubblicitario nella vita professionale. “Se unisco i punti della mia vita, le automobili sono state il mio fil rouge.” Contatto: eralmussa(at)gmail.com

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