La vicenda della “censura” della RAI al monologo di Antonio Scurati sull’antifascismo, con il consueto strascico di polemiche politiche che il tema, periodicamente propone, è la cartina di tornasole, della politica italiana di questi ultimi anni.
Scurati è stato autore di uno dei più bei romanzi di questo scorcio di nuovo millennio, si allude a: “M il figlio del secolo” edito da Bompiani ed è certamente uno dei migliori conoscitori del sentimento del tempo, si parla tra gli anni venti e quaranta.
Si è trovato, un po’ a sorpresa, nel bel mezzo della periodica polemica su fascismo e antifascismo che resta, ancora oggi a distanza di giorni, accesa.
Cerchiamo di chiarire alcuni punti:
In primo luogo, non ci piove che la nostra Costituzione è Repubblicana, democratica e antifascista. È forse il caso di ricordare che l’ardua impresa di scrivere una nuova Costituzione che sostituisse il precedente Statuto Albertino monarchico, fu possibile, in un anno e mezzo, proprio nel nome dell’antifascismo che costituì il minimo comune denominatore per unire delle forze politiche assolutamente diverse e con ideali e visioni politiche divergenti e anche contrastanti.
Fu proprio l’antifascismo il tratto che accomunò Liberali, Cattolici e Socialcomunisti.
È di tutta evidenza che la nostra carta fondamentale affonda le sue radici nella Liberazione del 25 aprile del 1945 e nel ripristino della libertà perduta e di tutti quei diritti che il fascismo aveva violato, represso e negato. Io non ho elementi per dire se e come Scurati sia stato censurato, certamente il testo, peraltro di un sì grande scrittore, non doveva essere negato e infatti, giustamente la conduttrice, Serena Bortone, nel cui programma era previsto l’intervento predetto, ha provveduto a leggerlo nella sua integralità. (*link in fondo alla pagina).
Nel monologo, teso e appassionato, si sfidava la premier Giorgia Meloni a dichiararsi antifascista, la stessa, pur non raccogliendo il guanto di sfida, ha voluto pubblicare integralmente sul suo profilo Facebook il monologo dello scrittore, per dimostrare la sua contrarietà a qualsivoglia censura.
Io non so perché la Meloni, che ha spesso dimostrato saggezza e prudenza rassicurando, ad esempio, l’Europa e l’occidente sui suoi propositi europeisti e che sembra, non voler attaccare i diritti civili conseguiti in questi decenni, in primis l’aborto, non se la sia sentita di usare quella parola, antifascismo.
Forse ci saranno resistenze psicologiche, motivi esistenziali, sentimentali, una difficoltà a giudicare il proprio passato che sembra affine a quella di dichiararsi anticomunisti per tanti della sinistra che glissano sull’invito, puntualmente ricordando i meriti dei comunisti, la partecipazione alla lotta partigiana, le lotte per più umani condizioni di lavoro salvo poi dimenticarne gli orrori: il milione di ebrei sterminati da Stalin, gli eccidi delle Foibe, oppure i massacri dei Khmer rossi in Cambogia, solo per fare alcuni esempi.
Così la Meloni parla di antinazismo e non di antifascismo, dimenticando così, ad esempio, gli orrori commessi nelle colonie in Libia o Etiopia, le leggi razziali, una macchia indelebile nella nostra storia patria.
Queste difficoltà della destra e della sinistra ci dicono due cose: la prima è che una pacificazione reale nel nostro paese non è mai avvenuta e che certamente gli anni di piombo contribuirono a non favorirla, peraltro con esasperazioni per cui l’aggettivo fascista, a sinistra, veniva usato e abusato contro qualunque avversario politico anche impropriamente, come che fascista fosse tutto quello che non era buono ovvero comunista. Una semplificazione terribile, sbagliata e che ha alimentato le difficoltà di un percorso comune di pacificazione e di una condivisione storica di un periodo che in ogni caso è ormai definitivamente, grazie al 25 aprile, alle nostre spalle.
La seconda cosa è la evidente scarsezza del dibattito politico italiano che, in assenza di progetti e di visioni, nell’incapacità di uno straccio di dialettica sul nostro avvenire, continua a creare fittizi nemici verso cui rivolgere le “passioni” popolari. Il tutto con una carenza di personalità che avessero un minimo di credibilità, di spessore e di cultura politica se non di cultura tout court, e per capirlo non occorre neanche scomodare uomini illustri come De Gasperi o Amendola e via dicendo.
Capiamoci: il fascismo e l’antifascismo hanno una valenza storica e la Storia è giusto ricordarla e studiarla, ma si parla di un fenomeno e un periodo passati e che non ci appartiene fortunatamente più. È sacrosanto dire che la Costituzione è antifascista, salvo però aggiungere che nell’odierno panorama politico parlare ancora di fascismo e antifascismo è fuorviante, perché il fascismo fu una invenzione italiana che ha avuto una sua tragica e condannabile ragione di esistenza dopo la Prima guerra mondiale e in un contesto storico che oggi non si può più riproporre, che non c’è più.
E per questo c’è da chiedersi: Ha ancora senso nel 2024, in assenza di una condivisione di quella tragedia che fu il Novecento con due guerre mondiali, rivoluzioni sanguinose, dittature come nella Russia sovietica o nell’Italia fascista o nella Germania nazista e poi la repressione in Ungheria e poi Cecoslovacchia, ha ancora senso chiedere alla Meloni di dire: “Sono antifascista?” o di chiedere a qualche dirigente della sinistra di dichiarare il suo “anticomunismo?”
Se poi si vuole semplificare qualunque dittatura con l’aggettivo fascista si commette una operazione che obbiettivamente è disonesta sul piano intellettuale, oltre che essere sbagliata sul piano dell’analisi politica e storica.
Si può definire fascista Putin? Il quale, a sua volta, definisce nazisti tutti quelli che lui annovera tra i suoi nemici? I fascisti e i nazisti con Mussolini furono alleati non nemici.
Possiamo definire fascista Pol Pot leader dei Khmer rossi, il colore non è casuale, evidentemente no.
Questo per dire che non possiamo confondere ogni totalitarismo, ogni dittatura con il fascismo, è una semplificazione antistorica, che viene adottata strumentalmente per meri scopi propagandistici, come oggi che siamo prossimi alle elezioni europee.
Parlare oggi di fascismo e antifascismo come di comunismo e anticomunismo significa essere incapaci di leggere la politica del presente dove il tema è tutt’altro. Semmai la lotta è tra democrazie liberali e illiberali, tra mondialisti e sovranisti.
Queste polemiche e mi dispiace che lo Scurati si sia trovato a esserne, in buonissima fede coinvolto, servono per parlare del niente evitando di mettere a focus le tante difficoltà dell’Italia e dell’Europa innanzi ai veri problemi (nuovi assetti globali, le guerre in corso, la difesa dell’ambiente, nuove forme di crescita e sviluppo) che sempre più ci coinvolgono drammaticamente insoluti.
Chiediamoci perché tanti cittadini sono sempre meno interessati alla politica, perché cresce sempre più la sfiducia verso le nostre classi dirigenti e addirittura verso le nostre istituzioni, in primis la magistratura.
Perché in tanti oggi non hanno neanche fiducia nell’informazione sempre meno libera e sempre più strumento della contesa tra i partiti. Temo che molta responsabilità ce l’abbia una politica incapace di reale rinnovamento, sempre più ipocrita e ottusamente moralista, che consuma settimane intere in tediose, strumentali ed anacronistiche polemiche come quella fascista e antifascista, quasi che avessimo le camicie nere alle porte e i partigiani fucile alla mano pronti ad accoglierli.
Il 25 aprile ci è caro e sacro, perché ricorda alle nostre memorie il sacro e sottolineo sacro valore della libertà. Oggi una democrazia matura vorrebbe partecipazione contro tutti i totalitarismi, combatterebbe contro tutti coloro che vogliono escluderci dalla partecipazione democratica, che vogliono indurci ad un’endemica rassegnazione sulla inutilità della politica, ma per questo occorrono non polemiche di comodo ma un reale confronto sulle nostre vite, sui nostri bisogni: crescere, progredire e migliorarci proprio nel nome di quella Costituzione che fu repubblicana, democratica e antifascista.
Nicola Guarino
*IN ASCOLTO A QUESTO LINK:
All’inizio del programma “Che sarà”, in onda su Rai 3, Serena Bortone ha letto il monologo di Antonio Scurati sul 25 Aprile che lo stesso scrittore avrebbe dovuto recitare in trasmissione. La partecipazione di Scurati è stata annullata a meno di 24 ore dalla messa in onda.
Un cadavere mantenuto in vita.
Va di moda, oggi, attribuire la causa di ogni male al tumore fascista: “islamo-fascismo”, “sionismo fascista”, “fascismo putinista”, “fascismo ucraino”, “fascismo di Biden”, “fascismo di Trump”, ecc. La lista è lunga. Abbiamo anche il “fascismo meloniano”.
La diagnosi che tira in ballo il fascismo spiega ogni patologia. Io suggerirei di applicare questa diagnosi all’intera storia dell’umanità, dalla preistoria ad oggi, visto che il fascismo italiano, durato solo vent’anni, riesce a spiegare tutto.
“La fatidica data del 25 aprile ripropone agli italiani l’eterno fascismo, morto e sepolto quasi un secolo fa, ma che continua miracolosamente a vivere grazie all’antifascismo.” Questa mia frase contiene un errore: l’antifascismo è attivo non solo il 25 aprile, ma 365 giorni all’anno. E così, ciò che resta del cadavere del fascismo, un mucchietto di ossa rinsecchite, viene continuamente tirato fuori dalla fossa.
Il presunto sempre “vivo” fascismo è in realtà un ectoplasma da seduta spiritica. Esiste invece l’eterna « deteriore italianità » di cui diedero prova anche i fascisti, ma non tutti (Gentile, Pirandello, Barzini, Treccani, Beneduce, Mascagni, Marconi…) e di cui danno prova tutti coloro che, autonominatisi vestali del “bene assoluto”, lanciano ex cathedra, agli inesistenti fascisti di oggi, l’accusa di fascismo.
I vigili custodi dell’ortodossia dottrinaria, con in primo piano i discendenti di un popolo di ex camicie nere, tradizionalmente sempre pronto a salire sul carro dei vincitori, oggi vedono in ogni sentimento patriottico di quel tempo – espresso, si badi bene, anche prima che la tragedia dell’entrata in guerra dilaniasse e direi frantumasse per sempre l’Italia – il marchio del nazifascismo.
Parlerò degli emigrati perché anch’io sono un emigrato. Gli emigrati di quel tempo vengono oggi condannati per aver creduto nell’Italia di allora. In realtà tanti espatriati non potevano che dichiararsi orgogliosi di un’Italia che sembrava dare finalmente dignità ai suoi « macaroni », “spaghetti”, “waps”, ecc. come allora le razze superiori chiamavano gli immigrati italiani. Un’Italia che si era affermata attraverso imprese non da poco.
Ecco cosa un italo-americano, internato durante la guerra con Mario Duliani, qui in Canada, dice di quest’Italia che inorgogliva gli « emigranti »: “La trasvolata di Balbo finì coll’ubriacare tutti. Perché negarlo? Già l’intravedevamo più grande, più forte, più rispettata questa nostra vecchia Italia, sì micragnosa un tempo, che ci stava nel cuore come un’indimenticabile madre…”
Ma oggi è tutto uno sbeffeggiare, quando non è addirittura un demonizzare i sentimenti di sofferta italianità degli emigrati di quel tempo, desiderosi di rispetto per la propria dignità individuale e collettiva. Basti vedere i sarcasmi che ancora oggi certi ricercatori riservano loro. L’erezione a Montréal di una statua (1931) all’illustre navigatore-esploratore Caboto, opera dello scultore Casini, è vista oggi dallo studioso Gerardo Acerenza (Polish Journal of Canadian Studies/Revue Polonaise d’Études Canadiennes – Poznan 2017) come una strategia attuata dai dirigenti consolari e dai simpatizzanti dei Fasci per alimentare un sentimento d’orgoglio nazionale. Sentimento ignobile, immagino.
“Per i membri di questa prima organizzazione fascista [Ordine dei figli d’Italia] e per i dirigenti consolari italiani di Montréal, non era Jacques Cartier che avrebbe scoperto il Canada ma il veneziano Jean Cabot che avrebbe navigato (…)” annota con tono derisivo lo studioso Gerardo Acerenza, per il quale gli onori resi dagli espatriati italiani a Caboto sono un “tentativo di revisione storica”. La stessa Casa d’Italia, sempre secondo Acerenza, fu costruita “per ben impiantare il mito di Mussolini a Montréal”. Affermazioni non solo stupide, ma vergognose. Degne di un professionista di questo “antifascismo a babbo morto”.
Enrico Mattei ebbe modo nel dopoguerra di criticare “il sottofondo fascista e parafascista, che sonnecchia, inconsapevolmente nell’animo di molti italiani”, antifascisti inclusi. Questa sua diagnosi spiega tante cose.
L’articolo esprime con elegante chiarezza di ragionamento l’insulsaggine dell’ attuale discussione politica . In effetti la tematica della censura a Scurati potrebbe apparire addirittura uno dei tanti pretesti, spesso non voluti per coprire alcune pecche dei partiti di opposizione. Vorrei solo osservare che la richiesta da sinistra di una dichiarazione antifascista alla destra non equivale a quella da destra di una dichiarazione anticomunista al PD ed altri . Per la semplice ragione che il fascismo lo abbiamo avuto in casa con gli effetti catastrofici che conosciamo. Il comunismo al potere mai.