A Parigi, L’Altro Galileo di Cesare Capitani.

Cesare Capitani è un attore e un autore mosso dal desiderio di esplorare. Nel suo spettacolo (“L’Autre Galilée”, al Lucernaire, 53 Rue Notre-Dame-des-Champs, 75006 Parigi) ci racconta una storia che lui stesso ha recuperato e conosciuto solo da poco. DA NOTARE: ogni martedi sera, Cesare Capitani reciterà il suo « Galileo » in lingua italiana.

Gli è capitata anni fa per caso tra le mani una lettera di Galileo e si è incuriosito. Soprattutto il fatto che Galileo gli fosse stato presentato come filosofo gli ha messo in testa la curiosità di saperne di più. Da quel giorno si è messo a studiare, cercare, indagare, per capire se questo personaggio era – nelle sue parole – un vecchio scienziato inventore di qualcosa sulla gravità, o se invece, come qualcuno gli aveva suggerito, era un filosofo, il filosofo, che aveva pagato sulla propria pelle il coraggio di dire liberamente il proprio pensiero. E soprattutto un uomo, giovane, pieno di energia e curiosità (anche lui), che cercò fino alla fine ogni mezzo possibile per spingere la conoscenza oltre i confini del proprio tempo.

Cesare Capitani, L'Autre Galilée. Foto di Jessica Astier.

Dopo aver archiviato Galileo tra i personaggi abbastanza noiosi che ti rimangono in memoria solo perchè un professore gli ha dedicato qualche ora, si apre quindi un mondo agli occhi di Cesare Capitani. Ci racconta di esser stato anche fortunato perché tra tutte le cose che poteva incontrare di Galileo ha avuto occasione di leggere alcune tra le lettere più brillanti e poetiche in cui il filosofo scienziato si difende delle accuse che gli rivolgono i suoi contemporanei.

In queste lettere, che costituiscono il corpo centrale del testo teatrale, Galileo utilizza argomenti diversi per cercare di convincere i suoi avversari e i suoi possibili sostenitori, o protettori, non tanto della fondatezza delle proprie idee, ma del fatto di poterle esprimere liberamente. Anticipando lo spirito di Voltaire: non condivido le tue idee ma darei la vita perché tu possa esprimerle, Galileo chiede ai suoi corrispondenti di essere semplicemente ascoltato. Cerca insomma di difendersi non tanto, o non solo, dagli attacchi scientifici contro una o più teorie, quanto dalla volontà di chi vorrebbe che queste teorie non fossero diffuse o pubblicate per il semplice fatto che parlano di cose nuove, inedite, regolate da antiche e radicate credenze e per le quali deve bastare la spiegazione comprensibile e semplice che ne danno i testi biblici.

Il pericolo infatti per i teologi conservatori accanitisi contro di lui, è che Galileo scrive e pubblica le sue teorie in italiano (e non in latino, come era usanza tra gli scienziati dell’epoca), ne parla all’università come a corte, ne dà dimostrazioni pubbliche, condivide le sue ipotesi con colleghi e amici, fa, in poche parole, scienza in pubblico senza chiedere autorizzazioni e senza domandare il permesso a nessuno.

Questo aspetto dell’uomo Galileo ha attirato l’attenzione di Cesare Capitani ed è questo Galileo che è presentato al pubblico: un giovane ambizioso, poco disponibile ad osservare le regole che non condivide e sopratutto animato da un’energia creativa dirompente e quasi incredibile per il numero di scoperte e invenzioni che riesce a sfornare.

Cesare Capitani, L'Autre Galilée. Foto di Jessica Astier.

In molti conoscono Galileo Galilei per qualche frase sulla terra che gira o per qualche legge sulle proprietà della gravità. Quasi tutti conoscono l’ “eppur si muove”, frase probabilmente apocrifa che Galileo avrebbe detto uscendo dal processo che lo aveva costretto all’abiura, quasi per scusarsi del non aver potuto convincere del fatto che la scienza esista, nonostante la Bibbia. Quasi tutti conoscono l’immagine di Galileo con un cannocchiale in mano o intento a parlare davanti a una folla di cardinali con le braccia che puntano verso il cielo. Tutte immagini che ci parlano di un periodo in cui la scienza e la religione erano considerate come antagoniste, un periodo oscuro dal punto di vista della libertà di espressione nonostante il tempo, il Rinascimento, facesse vivere ad alcune città italiane come Roma, Firenze e Venezia, la stagione più brillante e intensa di rivoluzioni e conquiste. Cesare Capitani ha il merito di essersi chiesto perché l’oscurantismo propagasse il Medioevo nel Rinascimento. Si è cimentato in una ricerca difficile prendendo come filo conduttore l’aspetto più umano e ipotetico del personaggio e ne ha dato una sua lettura, particolare e certamente personale, ma importante per capire una parte di Galileo che forse è esistita davvero.

Così ci presenta un Galileo inquieto, nervoso, assillato dal denaro, costretto dalla morte del padre a sostenere una famiglia numerosa, un po’ invidioso, un po’ strategico, quasi egoista quando si tratta di riconoscere i figli e non troppo cavaliere con la loro madre. Un uomo con tanti difetti lontano dall’immagine paludata e barbuta che ne viene spesso diffusa e ricordata. Un uomo con tanta ambizione da preferire l’abiura alla fedeltà alle proprie teorie. Ma sarebbe un errore vedere solo questo aspetto dell’uomo Galileo che Cesare Capitani tenta di ricostruire. Infatti quell’uomo nel corso dello spettacolo perde l’arroganza, l’avidità e l’intraprendenza del giovane scienziato geniale per approfondire una riflessione che va ben oltre la battaglia dialettica contro gli avversari: la difesa della libertà di espressione e di pensiero diventa pian piano il centro dello spettacolo e accompagna lo spettatore nella lettura di alcune delle più belle lettere attribuite a Galileo tra cui quella a Cristina di Lorena. E’ in questo testo che lo spettacolo cerca di trovare il proprio epilogo descrivendo il tentativo di armonizzare sacre scritture e scienza che a Galileo non valse la protezione o la comprensione dei potenti.

Cesare Capitani, L'Autre Galilée. Foto di Jessica Astier.

Quando nello spettacolo si presentano alcune dimostrazioni, come quella dell’argomento astronomico del Primo Mobile, uno scoglio per tanti che si siano arrischiati nella comprensione della struttura celeste e che invece Cesare Capitani riesce a trasmettere con facilità grazie a una recitazione diretta e una gestualità semplice e efficace, o quando ci spiega la rotazione di Venere intorno al Sole, lo spettatore ha la sensazione di vedere i pianeti, di capire i movimenti delle stelle nel cielo, di scoprire insieme al personaggio Galileo qualcosa che vale la pena di essere detta, presentata, trasmessa nonostante sia diversa quello che si pensava prima. E il fatto che questo desiderio abbia un prezzo tanto alto ci fa riflettere sulla sofferenza di chi non può esprimersi liberamente.

E’ quindi un Galileo molto umano e molto fragile quello che ci viene presentato in questo spettacolo, animato dalla speranza ma anche dalla voglia di fama e successo, mosso da intuizioni geniali come da interessi molto materiali, attratto dalla natura delle cose a scoprirne le ragioni e i processi e al tempo stesso dalla voglia di essere riconosciuto per la sua genialità e superiorità. Tutti aspetti che si conciliano male con l’immagine del saggio, vecchio fisico che scrive pagine su pagine sulla dinamica dei corpi o sull’oscillazione dei pendoli. Insomma, un Galileo quasi divertente e molto comprensibile rispetto al signore canuto che appare nelle immagini con accanto il corposo e ostico trattato di matematica.

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Poco importa se la verità sta altrove, se Galileo fosse stato un padre tenero e un compagno fedele, se il cannocchiale fosse stato brevettato da lui perché davvero è stato il primo a capire come applicare l’ottica nella tecnica di costruzione delle lenti, se l’incarico a Firenze fosse stato per lui il riconoscimento più importante della sua carriera o se il tempo di Arcetri sia stato uno dei periodi più proficui dal punto di vista delle scienze moderne. L’uomo è più importante per Capitani. Le sue passioni e la sua lotta per la libertà. La lotta per la possibilità di essere ascoltato e riconosciuto per il suo coraggio.

Il coraggio, appunto. Si deve riconoscere un certo coraggio a chi si cimenta, nel 2015, in una lettura dei testi galileiani, senza una vera guida, senza basi scientifiche e con l’intenzione di mettere al centro di un testo la libertà di espressione. Una lettura spregiudicata che presenta un personaggio quasi romantico, animato da una passione e da una rabbia che sembrano proprie di un guerriero più che di uno scienziato. Un coraggio che permette di riconoscere a Cesare Capitani il merito di far scoprire una figura importante e difficile come Galileo, di avvicinare al pubblico un periodo e un tema che per la loro complessità e ricchezza vengono troppo spesso liquidati senza approfondire troppo la durezza di conquiste fondamentali, come quella della libertà di espressione.

Beatrice Biagini

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L’Autre Galilée, texte théâtral publié aux éditions TriArtis + quelques lettres de Galileo Galilei à son disciple, au doge de Venise, à la grande-duchesse de Toscane, à Képler…, retranscrites en italien moderne par Cesare Capitani

http://www.triartis.fr/livre-64-L_autre_Galilee.html

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cesaresans_titre_1-7367e.jpgL’Autre Galilée de et avec Cesare Capitani. Mise en scène Thierry Surace, musique Antonio Catafalmo, lumière Dorothée Lebrun, costume Vjollce Bega, décor et accessoire Ségolène Denis, photo Paolo Greco. Avec l’aimable participation de Claire Chazal.

Théâtre du Lucernaire

53 rue Notre Dame des Champs

75006 Paris

Métro Notre-Dame des Champs

du mercredi 13 Janvier au samedi 12 Mars à 18h30

Les représentations des mardis seront jouées en langue italienne

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2 Commentaires

  1. A Parigi, L’Altro Galileo di Cesare Capitani.
    Buona sera,
    Siete sicuri che ci siano rappresentazioni, i martedì, in italiano?
    Non ne trovo traccia sul sito del teatro…
    GP

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