Giorgio Nisini, La lottatrice di sumo. L’amore più forte dell’incertezza.

Il primo amore che ritorna dal passato, il quadro misterioso di un misterioso pittore, un ponte tra l’oltremondo e la realtà sono al centro dell’ultimo romanzo di Giorgio Nisini, “La lottatrice di Sumo” (Fazi editore 2015): una quête esistenziale e conoscitiva tesa ed appassionante che chiude la « trilogia dell’incertezza », come l’autore stesso l’ha definita, iniziata con La demolizione del Mammuth (Perrone, 2008, vincitore nel 2010 del Premio Corrado Alvaro Opera Prima, finalista al Premio Tondelli 2009) e proseguita con la Città di Adamo (Fazi 2011 finalista della LXV edizione del Premio Strega).

La morta innamorata (del dubbio)
di Giorgio Nisini

Ainsi elle était partie ! Où… donc!
Vivre maintenant? Pour quoi faire?…
– C’était impossible, absurde.

Villiers de l’Ile Adam, Contes cruels, Véra (1883)

Giovanni Cadorna è professore universitario di fisica a Roma, dove è tornato a vivere alla fine degli anni Novanta. Dopo uno stimolante periodo di formazione e lavoro all’estero, nella capitale la sua vita si consolida intorno ad alcuni eventi fondanti: il matrimonio con Maria Carla, la nascita della figlia Federica, l’avvio di una carriera accademica di prestigio. A quest’ultima si affianca, negli anni più recenti, l’attività di scrittore. Del 2012 è la sua opera prima: un ibrido di grande e immediato successo, tra narrativa e trattato filosofico-scientifico pop, sul tema della morte e sull’inconsistenza di ogni prospettiva metafisica.

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Questa particolare ispirazione germoglia nel personaggio da una crepa sulla superficie compatta della sua vita: la fine del legame sentimentale con la moglie e la difficoltà nel ripensare il rapporto con la figlia ormai adulta. Dalla necessità di ridiscutere il presente e riformulare le proprie certezze prende così avvio un’opera doppia: Dietro il nulla di Giovanni Cadorna e La lottatrice di Sumo di Giorgio Nisini. Se nella prima il personaggio tenta di riaffermare se stesso e le proprie certezze rivolgendosi alla scienza come a quella parte di sé che ancora tiene difronte allo sgretolarsi del privato – la solitudine individuale di Giovanni si rispecchia nella solitudine umana fronte alla fine – nella seconda l’autore testa i limiti del materialismo, incarnato dal fisico scrittore, al vaglio della meravigliosa casualità (causalità?) dell’esistenza.

Dalla mise en abîme del libro nel libro la doppiezza deriva e procede: doppio e ambiguo è il percorso di Giovanni Cadorna, e del lettore con lui, tra le certezze della ragione e il potere persuasivo del desiderio, refrattario al concepimento della morte e del nulla. Doppiezza e ambiguità mai risolte: da qui quel senso vertiginoso di possibilità – della bellezza esaltante della possibilità, della riscrittura stessa della propria vita come un ritorno al futuro e una rinascita – che si prova leggendo La lottatrice di Sumo.

Attraverso un congegno narrativo lucido e preciso, mai sciatto, mai facile, questo percorso e la sua vertigine si snodano sulle tracce di un avvenimento traumatico del passato: la morte ante diem di Margherita, l’amore di Giovanni negli anni del liceo; enigmatica creatura senza tempo, sfuggente a ogni classificazione. Accanto al lutto che il personaggio adulto sente di non aver pienamente consumato, riemerge la traccia di una vita che non è stata. Da pensiero nostalgico, appassionato ma tutto sommato periferico in Giovanni, Margherita si fa presenza diffusa: sono somiglianze o analogie, coincidenze o segni, suggestioni o presagi che operano, pian piano, l’evocazione della revenante nel quotidiano del protagonista cinquantenne. Razionalità e sovrannaturale smagliano, in alternanza continua, la sostanza di ogni dato. Giovanni non può che procedere in bilico.

L’evocazione di Margherita si iscrive in un oggetto in particolare: un quadro, raffigurante una lottatrice di sumo. Margherita lo regala a Giovanni pochi giorni prima di morire, accompagnato da un bigliettino: su un lato un suo disegno, sull’altro lo spazio bianco che il giovane è chiamato a riempire con delle parole per lei, da conservare per il futuro: “Questo biglietto potrebbe essere […] come un piccolo viaggio nel tempo che programmiamo fin da adesso…vorrei che tu mi spedissi questo biglietto quando sarai un uomo adulto”. Il desiderio di Margherita – il “ponte di comunicazione” tra i loro vent’anni e l’avvenire – materiato nell’idea romantica, adolescenzialmente fleur bleue, dell’amore che resiste al tempo, che del tempo trionfa, si realizza. La comunicazione si intreccia nuovamente tra lei e Giovanni, tramando sul presente di quest’ultimo un disegno complesso, da decifrare.

La tensione conoscitiva che anima il protagonista lo spinge a uscire dal recinto del noto verso persone e ambiti inconsueti. In particolare l’incontro con Olga, figlia di un celebre e controverso artista di originese albanese, deceduto nel 2008, Massimo Golemi, si rivela fondamentale nell’avviare – e sviare – la ricerca di Giovanni. La lottatrice è forse opera sua e forse contiene, come altri quadri dell’artista ‘esoterico’, un messaggio dall’aldilà. Da Margherita? Impossibile, assurdo. Ma non meno impossibile e assurda è la morte: lo afferma il Conte d’Athol, privato anzitempo della sua Véra, nel racconto di Villiers, e lo afferma anche Giovanni Cadorna. Se non a parole, se non con la passionalità fin-de-siècle del conte francese, con la sua metodica, composta e ostinata ricerca di risposte.

Uomo di scienza e intellettuale contemporaneo, il protagonista della Lottatrice di Sumo incarna efficacemente una ragione matura, lucida, cosciente di sé e insieme bisognosa di rassicurazioni; fragile difronte a tutte le risposte che essa stessa ammette di non potersi dare. E che, respinte oltre i confini del suo campo di indagine, ritornano. Da qui la scelta felicissima di Nisini di introdurre nella realtà così nitidamente descritta del suo romanzo, così contemporanea e borghese, un personaggio indefinibile, tardottocentesco e perturbatore come Margherita: una ritornante come Véra, alla maniera delle morte innamorate di Gautier, Clarimonde, Arria Marcella, Spirite, tutte variamente messaggere dell’amore più forte della morte e di quella dimensione di Assoluto – sia esso la passione dei sensi e dell’anima, la fede o altro ancora, poco importa in fondo – che è venuta meno nella vita del protagonista, troppo ordinata, troppo tracciata, troppo “stagnante”.

Con questo aggettivo Giovanni definisce la natura della moglie e insieme, per metonimia, la sua esistenza di adulto. Maria Carla non è che una delle sue interlocutrici; è grazie a delle donne, in opposizione o confronto con loro, che la sua quête avanza. Sono donne figlie, come Olga, Federica, o donne madri, come Maria Carla e l’anziana madre di Margherita. Solo Margherita resta potentemente inclassificabile ed è lei, la morta, ad essere la più tangibile: solo con lei Giovanni è descritto fare l’amore, solo di lei si evocano profumi e si ricorda la consistenza della carne. Solo lei ha in un quadro il correlativo oggettivo del suo destino: la figura sofferente ed enigmatica della lottatrice di sumo che si prepara allo scontro sembra alludere allo sgomento e al dolore difronte a un nemico che non si conosce né si comprende. E attraverso Margherita, figlia, adolescente, figura quasi cristologica (e 33 sono i capitoli del romanzo. E qui l’autore mi direbbe che sovrinterpreto?), amore rimasto sempre amore, portatrice di senso, i rapporti di Giovanni con il mondo si rinnovano. Emblema di questo rinnovamento è la rifondazione del dialogo e dell’intimità con Federica, giovane donna che non vuole più essere solo figlia.

Giorgio Nisini chiude così la trilogia “dell’incertezza” – dopo La demolizione del Mammuth (Perrone 2008. Premio Alvaro Opera Prima) e La città di Adamo (Fazi 2011. Selezione Premio Strega 2011)– con una riuscita, dominatissima e appassionante affermazione dell’incertezza (e dell’amore). Affermazione ontologica e scientifica a cui si intreccia la sua affermazione come valore, come bellezza: negazione del chiuso, del finito – della Fine – antichissima lotta per il permanere nel Possibile.

Francesca Irene Sensini
Professore associato di Italianistica
Università di Nizza Sophia Antipolis

LINK INTERNO: Intervista a Giorgio Nisini, autore del romanzo La città di Adamo

Il blog di Giorgio Nisini:  www.giorgionisini.it

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Francesca Sensini
Francesca Irene Sensini è professoressa associata di Italianistica presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università Nice Sophia Antipolis, dottoressa di ricerca dell’Università Paris IV Sorbonne e dell’Università degli Studi di Genova. Comparatista di formazione, dedica le sue ricerche alle riletture e all’ermeneutica dell’antichità classica tra il XVIII e l’inizio del XX secolo in Italia e in Europa, nonché alle rappresentazioni letterarie e più generalmente culturali legate al genere.

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