Venezia 71 Tanto buon cinema francese al Lido.

Diversi film francesi quest’anno a Venezia, forse effetto della presidenza di giuria. Ecco due interessanti opere in concorso ed un’altro film dalle giornate degli autori. Mentre in Francia della Mostra si parla poco, diversamente da quanto accade per Cannes che ha molto eco nella informazione italiana. Tutto dai nostri inviati.

LOIN DES HOMMES di David Oelhoffen (Francia, 110′, v.o. francese/arabo s/t inglese/italiano)

con Viggo Mortensen, Reda Kateb

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Per Venezia.71 ecco in concorso la pellicola “Loin des hommes”, ovvero “Lontano dagli uomini” del regista e sceneggiatore francese David Oelhoffen. Già autore di pellicole come “Sous le bleu” (2004), “Nos retrouvailles” (2006), al suo terzo lungometraggio, Oelhoffen si è ispirato a un racconto di Albert Camus, “L’ospite” (inserito nella raccolta “L’esilio e il regno”). Siamo in Algeria nel 1954. Il territorio è ancora una colonia francese, ma gruppi di algerini iniziano a sparare contro coloro che considerano invasori.

Daru (l’attore Viggo Mortensen) è un insegnante di scuola elementare, nato in terra algerina da genitori francesi. Egli offre ai bambini delle famiglie povere algerine un po’ di istruzione attraverso la cultura francese, in una scuola che funge anche da abitazione in una sperduta valle. Ex comandante durante la Seconda Guerra Mondiale,

Daru vive da solitario in un territorio isolato. Un giorno egli viene incaricato di scortare fino alle autorità francesi Mohamed (Reda Kateb) un ragazzo accusato dell’omicidio di un cugino. Per la legge francese in vigore deve essere tratto in arresto e consegnato alle autorità per un processo. Per i parenti del morto invece, secondo la tradizione deve pagare con il sangue l’omicidio, altrimenti i fratelli di Mohammed verranno uccisi.

Daru non se la sente di consegnarlo alla giustizia, ma il giovane invece, per evitare la vendetta dei suoi familiari chiede di essere condotto in prigione per poi subire una condanna a morte certa. Daru e Mohammed non hanno nulla in comune, né per legami né per tradizioni, ma saranno costretti ad allearsi e a combattere insieme per la loro libertà. Daru si renderà così conto delle ingiustizie dei suoi connazionali verso un popolo desideroso di affrancarsi come colonia, e che per questo affronterà una sanguinosa guerra di liberazione.

“Loin des hommes” è una pellicola drammatica retta da dai due principali protagonisti molto efficaci e misurati immersi in una storia molto intensa che richiama a valori come la solidarietà, la libertà e la giustizia. Il tutto in un suggestivo panorama arido, pietroso, reso con efficacia da una nitida fotografia curata da Guillaume Deffontaines. Davvero una pellicola da non perdere.

Da Venezia Andrea Curcione

3 COEURS di Benoît Jacquot (Francia, 100’, v.o. francese s/t inglese/italiano)

con Benoît Poelvoorde, Charlotte Gainsbourg, Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve

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Benoît Jacquot è noto come il “regista delle attrici”. Per la sensibilità sempre mostrata al fascino femminile e per la grande abilità nel dirigere le sue interpeti. Per la prima volta tenta la scommessa di mettere al centro della sua storia un protagonista maschile, Benoît Poelvoorde. Una scommessa doppia, in quanto l’attore è noto per interpretazioni sempre di taglio comico, addirittura clownesco, al massimo per ruoli grotteschi.

Quasi inimmaginabile, quindi, per un ruolo drammatico, o meglio, melodrammatico come questo. Il film ha le atmosfere di un thrilling. Un thrilling dell’anima, o meglio del cuore, vista la specie. Con una voce fuori campo che appare ultronea e di inutile didascalismo. Il film scorre comunque bene. Verso un finale aperto ed a duplice lettura.

Veramente in gamba tutti gli attori. Benoît Poelvoorde se la cava alla grande anche in un ruolo poco usuale per lui. La inossidabile Catherine Deneuve, immutabilmente bella e seducente, cucina molto per le due figlie, parla poco, ma con gli occhi fa capire che capisce sempre tutto e prima degli altri.

Ovvia, ma comunque gradevole, la grande complicità con Chiara Mastroianni, figlia nella finzione e nella vita reale, e che ogni giorno che passa diventa sempre più l’immagine cromosomica del padre. Charlotte Gainsbourg, ne ruolo della sorella della Mastroianni, appare meno a suo agio, soffrendo forse un po’ proprio questa complicità inarrivabile tra le sue due colleghe. Ma ha sempre una formidabile presenza scenica.

Da Venezia Catello Masullo

RITORNO AD ITACA di Laurent Cantet

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Per la sezione « Giornate degli Autori » è stato proiettato « Ritorno ad Itaca » che contrariamente al quanto in un primo momento si possa pensare, non è un film che parla dell’isola, forse, più famosa, al mondo. Puo’ sembrare curioso, semmai, che se ne prenda il nome per identificare qualsiasi ritorno ad un’isola che si voglia fare. In questo caso l’isola è Cuba, il luogo è la sua capitale havana.

E’ proprio qui che un gruppo di amici si ritrova dopo tanti anni ancora assieme in una terrazza che da sul mare per festeggiare il ritorno di un loro amico, rientrato in patria dopo ben 16 anni. Quasi tutti oltre la cinquantina, vogliono di festeggiare questo avvenimento in allegria, tra un discorso « sui bei tempi passati » e la realtà del tempo attuale.

Ma i temi, le parole vanno oltre. C’è chi pensa che parlare solo su Cuba com’era non ha molto senso, meglio dirsi ciò che ancora non sappiamo. Così tra una bevuta ed un altra, emergono storie incrociate dove i nostri si dicono ciò che avevano nell’animo da più di quarant’anni. Racconti forti e drammatici dove quel tempo viene setacciata nella sua crudezza più dura, dove si raccontano di essere stati tutti, o quasi sotto il controllo reciproco. Il regime cubano non voleva sorprese tra i suoi cittadini, e perciò aveva messo in atto un sistema di controllo capillare.

Ognuno poteva essere intercettato nelle sue manovre, nei suoi atti quotidiani. « Per un po’ non ho ceduto quando mi chiedevano di te e dei sospetti che avevano sulla tua attività letteraria, dirà uno. « Io sapeva che aveva venduto un tuo romanzo per 500 dollari agli statunitensi, ma non ho ceduto » e per paura che mi obbligassero a farlo sono andato in Spagna lasciando la mia famiglia. » Tra loro le sorprese sono quasi continue ed ognuno si sente finalmente libero di dire la sua.

Emergono fatti sorprendenti. ma il calice dell’amarezza va bevuto tutto fino in fondo, ormai più nessuno può tacere quello che sa. Sui loro volti le verità raccontate fanno scivolare righe di pianto per sofferenze mai del tutto soffocate. I racconti andranno avanti per molto ancora, tutti vogliono lasciare quella terrazza con il sacco vuoto.

C’è pure una donna che fa parte del gruppo, quella di cui tutti, o quasi, erano, allora, innamorati. Arriverà l’alba a spegnere le loro parole e le loro tristezza, per ciò che erano, per la vita quasi ormai passata, per l’amarezza infinita di sentirsi sconfitti dal tempo che forse non gli concederà altre possibilità. Film bello e amaro, di cui mi auguro possa essere rivisto ancora.

Da Venezia Massimo Rosin

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