I balconi di Parigi

Andate al Parc Monceau, in una bella mattina come ce ne sono in questi giorni. Oppure camminate per la Place de l’Opéra, con le sue bellissime architetture, i suoi palazzi così ben rifiniti. Guardate l’ammirazione negli occhi dei turisti di tutto il mondo (i più chiassosi gli italiani, specie i meridionali che amano Parigi)….e Montmartre, anche quello amatissimo dagli italiani, i quali, quando sognano un viaggio, la prima città a cui pensano è…..Parigi, e sospirano subito dopo averlo detto. Il Boulevard Haussmann, dedicato a colui che fu l’artefice di tutti questi magnifici palazzi! Dico che eleganza…. Si è vero, la strada è un casino intasata di auto e persone (specie turisti che fanno acquisti ai grandi magazzini, ma che bellezza!!! E Montparnasse… allora? Con le sue crêperies bretone, ummmh, che delizia! J’adore ça! Guardo ammirato i caffé, il viavai delle persone che mi sembrano serene. Guardo le strade sempre pulite e poi il cielo sempre pieno di colori luminosi specie nella tarda mattina, sorrido felice…abbasso un po’ gli occhi e qualcosa mi turba.

I balconi di Parigi sono tutti chiusi, belli, alcuni con tanti fiori e piante da fotografare, ma…. chiusi, vuoti di esseri umani. Mi dico…. ma staranno al lavoro? e…. mi riviene il sorriso e prendo l’impeccabile métro che dopo due minuti già arriva destando l’ammirazione in noi napoletani abituati a ben altro.

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E’ domenica, con mia moglie al Parc Monceau, sedioline, libro in mano, acqua minerale pronta all’uso. Leggo di Landru, un mito della Parigi che fu (fa anche rima), alzo gli occhi riflettendo e guardo i palazzi che costeggiano il parco, momento di sgomento…. I balconi sono vuoti, chiusi…sigillati…ma come oggi è Domenica mi dico con stizza. Poi rifletto…ma c’è il sole staranno tutti qua a godersi la giornata, facendo footing, giocando con i bambini, corteggiando queste belle ragazze che si mettono come al mare sul prato e, allora, mi rincuoro e torno a leggere. Il giorno dopo era piovoso. Mi trovo a Montmartre, vicino casa, cammino svelto sotto la pioggerella un po’ triste che qui chiamano “le crachin”, lo sputo, perché ricorda quello di certe persone che parlano troppo vicino e con poca attenzione. Mi viene un dubbio sulla strada da fare alzo gli occhi e…..noooo! i balconi sono chiusi, muti, fioriti magari, insisto, ma senza nessuno fuori e nemmeno dietro i vetri. Stanno al lavoro? E la sera dopo, ad orario da casa…. niente non c’è nessuno. Ma perché??? Dalla mia finestra guardo fuori e vedo le case di fronte tutte chiuse, eppure fa abbastanza caldo, un po’ d’aria non guasterebbe. All’improvviso vedo dallo spiraglio di una grande finestra occultata da pesanti tende bianche comparire una mano anch’essa bianca con una sigaretta in mano tremolante, esitante. Spunta solo la mano e per il tempo necessario a buttare fuori la torre di cenere che si è accumulata, poi rientra tremolante come era uscita. Tutto qui.

Ma come? Voi a Parigi, una città che per ammirarla si viene dal lontano oriente, che fa sognare quelli della magica Africa che aspirano di realizzare lì la loro vita, gli americani che ci girano pure i film, una delle città più amate al mondo, abitata da fortunati che…. non la degnano neanche di un comodo sguardo da casa. Fosse in Italia, per non dire a Roma, Napoli, Palermo, Bari, staremmo tutti fuori ai balconi a goderci l’aria, fumando e sventolandoci con i ventagli per il caldo, chiameremmo, urlando, l’amico che passa, caleremmo un paniere al droghiere di sotto per farci mettere il pane che abbiamo dimenticato di comprare, assisteremmo alle risse tra giovani, ubriachi di birra, trepidando per uno o per l’altro.

Il balcone è un grande strumento di socializzazione.

Ci affacceremmo e come il grande commediografo Eduardo De Filippo scrisse, in una sua memorabile commedia (Questi fantasmi n.d.r.) consiglieremmo come meglio preparare il caffé, al nostro vicino di balcone o di finestra.
Invece, ahimé, se c’è della musica in strada le finestre sono, se è possibile, ancora più chiuse, se c’è bagarre, nessuno che si affaccia e dice la sua (invece se ci fosse qualcuno i ragazzetti ci andrebbero piano).
E’ triste!

Un tempo il balcone era terreno d’amore, il luogo a cui si rivolgevano gli innamorati per le loro serenate.
Cosa direbbe oggi, il vostro/nostro Cyrano, solito scrivere versi da recitare per l’amata affacciata al balcone?
Una canzone italiana degli anni quaranta diceva: “Aprite le finestre, è primavera….”.

Pensateci ora che è estate.

VELENO

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3 Commentaires

  1. I balconi di Parigi…e la socializzazione
    Ben detto: « Il balcone è un grande strumento di socializzazione ». Ma oggi bisogna fare i conti con una gran quantità di persone a cui la socializzazione non interessa, o che semplicemente non sono abituate a socializzare. I parigini in particolare non hanno una fama di gran socializzatori (anzi, sono visti come freddi ed un po’ orsi anche dai francesi stessi!), e spesso la sfera del loro privato è davvero difficile da infrangere. L’idea che possa passare sotto casa un amico è talmente remota che hanno abolito perfino i citofoni, e se qualcuno vuole farti visita lo deve fare esclusivamente per rendez-vous. Stop alle improvvisate. In realtà il problema della socializzazione oggi è molto complesso, e coinvolge soprattutto le nuove generazioni, che sono abituate a socializzare ormai soltanto affacciandosi al balcone virtuale di facebook, che è sempre sempre aperto e dentro il quale qualunque passante può buttarci l’occhio. E’ facile oggi avere l’impressione di essere in contatto con tanta gente soltanto perchè si è collegati ad internet, e sono i rapporti umani diretti (quelli veri) che vengono meno.
    Io purtroppo un balcone nel centro di Parigi posso solo sognarmelo, ma se lo avessi ci metterei pure il carrello per tirare su pane e frutta dall’Alimentation Générale sotto casa!

    • I balconi di Parigi…e la socializzazione
      Mi sento abbastanza d’accordo con il sig. Semeraro, ho anche l’impressione che l’uso della rete (per me essenziale strumento di democrazia e liberta….ci mancherebbe)dovrebbe essere propredeutico allo sviluppo d’iniziative concrete e non solo virtuali. E’ un po’ quello che si propone di fare a partire da Settembre Altritaliani. Credo anche che una certa parte della crisi della politica, ad esempio, sia stata dovuta alla mancanza di riferimenti, socializzanti, sul territorio. Una volta a sinistra come a destra passando per il centro c’erano le sezioni dei partiti, autentici luoghi di discussione, organizzazione e finanche di festa. Oggi internet, come altri espedienti, consentono comunicazioni rapidissime e anche a grande distanza, ma terribilmente immateriali. Credo che sia un tema che va approfondito anche sul nostro sito.

    • I balconi di Parigi…e la socializzazione
      C’est un « grand bourgeois » qui me l’a raconté, les beaux immeubles Haussmanniens à Paris mélangeaient les pauvres et riches (mixité sociale). La concierge en bas, les appartements des 1er étages aux propriétaires de l’immeuble ou « patrons », les étages supérieurs, chambres de bonnes, pour le personnel et les pauvres.Dans les cours, des ateliers. Avec le temps, les ateliers ont été transformés en loft, les derniers étages ont été rachetés et souvent les petits logements réunis. Et Montmartre était encore il y a 30 ans un peu encore comme dans la chanson d’Aznavour, « bohème », un mélange de genres, des pseudo artistes , maudits ou pas, des ancêtres des « drags queens » vêtus non pas pour le spectacle mais pour le travail. On pouvait les voir rentrer du travail apprêtées et ressortir ou le matin ou le soir, habillés en homme ou sportswear…..!!!!!! les cafés pas chics du tout (on y parlait encore l’argot, le verlan) et c’était au café que tout ce monde-là se croisait. On pouvait y jouer au dés 421, aux cartes avec les joutes verbales des travestis à mourir de rire et les cafés étaient légion, en argot on dit des « rades » (comme l’endroit où tout le monde échoue) et ce n’est pas à Montmartre que tu allais faire du shopping. Aujdourd’hui, si quelques cafés ont gardé leurs anciennes façades, à l’intérieur ce n’est plus la même ambiance. C’est devenu touristique et ça a perdu son côté « populaire/village » et beaucoup de commerces de « bouche » partis, remplacés par des boutiques de vêtements de renom. Tout le monde y est anonyme sauf peut être encore « michou » qui tient la vedette, figure légendaire du quartier. Finis, je crois, Le bal de la St jean, le bal des pompiers sur les petites places, la fête foraine à pigalle et blanche. Et si on remonte encore plus loin, ma voisine qui a 90 ans, Montmartre était l’endroit des bals où les jeunes allaient danser, s’encanailler.

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