Un altro addio nel cinema italiano: Carlo Lizzani. Un maestro “al servizio del cinema”

Troppi lutti hanno avvolto il mondo della cultura e della celluloide in questi giorni: da Alberto Bevilacqua a Carlo Castellaneta, da Luciano Vincenzoni ad Alvaro Mutis, e solo la settimana scorsa Giuliano Gemma. In queste ore Carlo Lizzani, un maestro gentile del cinema italiano si lancia dal balcone di casa, proprio come fece tre anni fa il suo amico Mario Monicelli.

Entrambi più che novantenni, dopo una lunga militanza “al servizio del cinema” come amava definirsi Lizzani. Il regista romano lo si incontrava spesso alla Mostra del Cinema di Venezia, si intratteneva a parlare con molta generosità, lui che proprio alla Mostra di Venezia, con il suo quadriennio da direttore dal 1979 al 1982, aveva dato la svolta e lasciato quell’impronta tuttora tangibile.

Si intratteneva a parlare di cinema, di sogni, di vita senza mai far pesare quella sua immensa cultura di uomo totale di cinema: non solo regista ma anche critico e scrittore. Ci incuriosiva spesso il ruolo che può avere il cinema nei cambiamenti umani, sociali e contemporanei: il maestro sosteneva che si era molto servito del cinema per conoscere più a fondo il paese, la storia, e soprattutto il Novecento di cui è stato di certo un protagonista, fin da quando, da partigiano partecipò alla Resistenza nella capitale.

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La sua militanza nel Partito comunista, con lo sguardo sempre rivolto agli umili, a storie talvolta violente, e poi la guerra che ha lasciato un solco fino al suo ultimo lungometraggio, “Hotel Meina” che vedemmo insieme a Venezia in una Sala grande stracolma (fuori concorso) nel 2007, e che uscì in occasione della Giornata della Memoria nel gennaio successivo.

Fondamentali restano il suo primo documentari “Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato” (del 1950) e il primo lungometraggio l’anno dopo “Achtung! Banditi!”
Tra i film fondamentali vanno ricordati: Cronache di poveri amanti (1954), Il gobbo (1960) Il processo di Verona (1963), La vita agra (1964) Banditi a Milano (1968), Crazy Joe (1973), Mussolini ultimo atto (1974), Storie di vita e malavita (1975), Fontamara (1977), La casa del tappeto giallo (1983), Mamma Ebe (1985), Caro Gorbaciov (1988), Cattiva (1991), Celluloide (1995), oltre agli sceneggiati televisivi Nucleo Zero (1984), Un’isola (1986) e La trappola (1989).

Cinema, critica, letteratura, televisione, profonda ricerca ed impegno civile: un uomo munifico e vivace. Peccato sia finito.

Armando Lostaglio

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.

1 COMMENTAIRE

  1. Un altro addio nel cinema italiano: Carlo Lizzani. Un maestro “al servizio del cinema”
    Ricordo Lizzani in visita alla scuola dove insegno per parlarci di cinema e di ’68. Ricordo la sua grande disponibilità e come si curvava, lui altissimo, sui ragazzi che gli facevano domande, come ad accoglierli e abbracciarli idealmente.

    Un grande maestro gentile, nel cui sguardo si leggeva sempre la sua capacità di guardare oltre e dentro.

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