Davide Rondoni tra parole accese e schianto.

Davide Rondoni in Missione Poesia: nomi, incontri, esperienze tra parole accese e schianto, Apocalisse e Tango. Un romagnolo sanguigno, appassionato, testardo. Di questo è fatta la sua poetica: di tanta passione per la vita, per l’altro, per l’arte, per la vibrazione della poesia stessa. Un poeta scomodo che dice sempre quello che pensa. Una voce capace di urlare, che non ammette tentennamenti, che sceglie i colori decisi, che si rinnova ogni volta parlando sempre nelle molteplici lingue dell’amore.

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La biografia completa di Davide Rondoni si trova nel sito:
www.daviderondoni.com
Qui riporterò solo alcuni tra gli elementi più significativi della sua vita e della sua produzione artistica.

E’ nato nel 1964, a Forlì e si è laureato in Letteratura italiana all’Università di Bologna, con il Prof. Ezio Raimondi (110 lode). Ha fondato e dirige il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna. Ha tenuto e tiene corsi di poesia e letteratura nelle Università di Bologna, Milano Cattolica, Genova, Iulm e in diversi Istituti specializzati nonché all’estero a Yale University e Columbia University (Usa).

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Ha pubblicato alcuni volumi di poesia, tra cui: “Il bar del tempo” (Guanda 1999) e “Avrebbe amato chiunque” (Guanda) con i quali ha vinto, tra gli altri, i premi più importanti in Italia; “Apocalisse amore” (Mondadori 2008); « Non sei morto, amore » (I quaderni del battello ebbro, 2001/2006) letto in performance dall’autore insieme ad un pianista di blues, oltre che messo in scena da Sandro Lombardi e David Riondino. Con una compagnia di tango vengono lette le poesie di “Ballo lentamente con le tue ombre” (Tracce 2009)

E’ presente nelle più importanti antologie di poesia italiana del secondo Novecento edite da Mondatori (a c. Cucchi e Giovanardi) e da Rizzoli (a c. Piccini) e in numerose altre. Sue poesie sono edite in volume o in rivista in Francia, Usa, Venezuela, Russia, Inghilterra, Croazia, Cina e altri paesi.

Il romanzo breve « I santi scemi » (Guaraldi 1995) è stato finalista al premio Berto 1995 per l’opera prima.

Ha pubblicato il romanzo per ragazzi “I bambini nascono come le poesie” (Fabbri 2006)
Con Franco Loi ha edito nel 2001 per Garzanti un’antologia della poesia italiana dagli anni ’70 a oggi, “Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000”.

Cura le collane di poesia de Il saggiatore e di Marietti

Dirige la rivista di poesia e arte “clanDestino” per i cui quaderni ha curato, tra l’altro, « A casa dei poeti », conversazioni con i poeti italiani, e « Cantami qualcosa pari alla vita », conversazione con Mario Luzi e “I cercatori d’oro. Sei nuovi poeti italiani”.

Ha tradotto da Rimbaud, Péguy, Dickinson e Baudelaire. Ha curato per Rizzoli una nuova edizione commentata a più voci della Commedia di Dante, il commento ad una edizione dei Cori da la Rocca di Eliot, un’edizione delle poesie di Ada Negri, delle lettere di E. Mounier e un’antologia di Charles Péguy.
Ha curato un libro di interventi (Gadamer, Giussani, Bigongiari) dal titolo La sfida della ragione, Guaraldi 1998, e un’antologia di scritti d’amore di Giacomo Leopardi (Garzanti, 2000) un libro-conversazione con Ezio Raimondi, (Guaraldi, 1999) una versione poetica dei Salmi da Marietti nel 2001. E’ autore di testi teatrali.

Presso Rai 1 la tv Sat 2000 partecipa, cura e conduce programmi di poesia e di dibattito culturale. Ha pubblicato articoli accademici su diversi autori tra cui Pascoli, Leopardi, Luzi, e Pasolini.

E’ autore di numerosi articoli e saggi sulle arti figurative: Lorenzo Lotto, Michelangelo, Van Ejck, Niccolò dell’Arca, Caravaggio, maestri del ‘300 riminese, Palmezzano e altri. 

Editorialista di Avvenire e de Il Tempo e de Il Sole24 ore.

Cosa dice l’autore di se stesso?

Biografia a parte l’autore parla di se stesso in termini concreti, raccontandosi con pregi e difetti, peculiarità che ce lo rendono vicino, amico, persona con cui sembra facile comunicare. Nell’ultimo libro appena uscito, di cui parleremo nella rubrica egli si racconta come uno «nato a Forlì, vero cuore della Romagna, dunque terra di esagerazioni e durezze» e dice anche di come «nessuno (nella sua) famiglia ha mai scritto libri o fatto cose del genere». I suoi «unici antecedenti letterari – riguardano – una trisnonna che forse ha scritto qualche poesia ma era più nota, pare, per aver tagliato la testa a un focoso pretendente» . Rondoni continua parlando del «nonno che si chiamava Enea ma si faceva chiamare Nino, e (di) uno zio Dante, ma gestore di un negozio di alimentari e di un discreto commercio di opere d’arte». Nel suo racconto emerge a questo punto una considerazione chiarificatrice della sua stessa poetica: «Sarà per questo che non ho mai pensato alla letteratura come a una cosa di libri. Ma di vita.» E dice ancora: «Cristiano, cattolico, anarchico penso che senza Dio e senza libertà la vita sia una noia. L’incarnazione è lo spettacolo più grande.» E, ancora più umanamente dice: «Ho 4 figli, non ci so fare coi soldi. Mi piace fare le cose con le persone, mi piacciono gli incontri. Dico sempre quello che penso. Tutte queste cose insieme mi hanno procurato un po’ di guai. Ma non penso che lo scopo della vita sia cavarsela…»

Personalmente conosco Davide Rondoni da oltre 15 anni e credo alle sue parole. La curiosità che mi sento di raccontare è che quando lo conobbi ero insieme a un gruppo di poeti e poetesse del Laboratorio di Parole di Bologna, che allora frequentavo molto assiduamente. L’impatto fu forte. Non era persona da lasciarti indifferente. Feci di tutto, insieme ad altri, per portarlo ai nostri incontri sulla poesia e cercai di seguirlo come potevo nelle presentazioni degli autori e nei corsi che teneva a Bologna o nella vicina Romagna. Mi è sempre piaciuto il suo modo di scrivere e intendere la poesia, il suo stile così diverso dai poeti che conoscevo o che avevo studiato fino a quel momento. Lo considero un mio maestro, nonostante sia più giovane di me e condivido con lui anche l’amore per G. Caproni e G. Testori. Il suo impegno per diffondere la poesia tra i giovani è la sua dote umana che apprezzo di più.

“Si tira avanti solo con lo schianto” – (Whitefly Press, 2013)

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Eccoci dunque arrivati al momento di parlare di quest’ultimo libro di Davide Rondoni che già dal titolo Si tira avanti solo con lo schianto fa discutere critici e lettori, perché lo schianto è qualcosa che intristisce, che fa paura, che propone il dolore come crepa necessaria e dilagante dell’uomo il quale, certo, preferirebbe non gli venisse presentato così palesemente, che gli fosse evitato d’imbattersi sfrontatamente in questa dimensione. Ma lo schianto – che, come precisa Rondoni stesso, è mutuato da un verso della poesia Giorno per giorno di Ungaretti – è inevitabile e necessario, è la scintilla da cui parte l’incendio del fare poetico. Il libro è stato recentemente presentato a Bologna – il 5 giugno u.s., presso il Caffè della Corte, luogo magico vicino alla splendida Piazza S. Stefano – e sono intervenuti all’incontro alcuni scrittori affermati ed emergenti portando ognuno il proprio contributo all’opera. In particolar modo mi hanno colpito le parole del poeta Giancarlo Sissa il quale ha affermato di condividere la visione poetica di Rondoni in quanto poeta degli incontri, del cammino, dei rapporti umani e soprattutto dell’esperienza.

Ecco è su quest’ultima parola che vorrei soffermarmi. Cos’è l’esperienza per la poesia, come incide sul suo farsi? E’ infatti vero che l’esperienza è intesa come la conoscenza diretta, personalmente acquisita con l’osservazione, l’uso o la pratica, di una determinata sfera della realtà ma questo non basta per tradurla in poesia. Non basta per farne un’arte che grazie allo «stupore verso l’alterità presente, misteriosa e infinita […] costituisce il punto fuga» proprio da quella stessa esperienza per restituirla nella sua intera essenza.

Del resto è sempre lo stesso Rondoni che ben spiega in un suo libro, dal titolo Non una vita soltanto. Scritti da un’esperienza poetica (Marietti, 200), di come gli interrogativi, tanto quelli dei bambini che quelli dei pensatori, sono capaci di indicare «in modo sintetico l’atteggiamento che la poesia re-suscita dinanzi all’evento del mondo». Così il poeta si chiede davanti ad ogni singolo elemento quali sono le azioni, gli scopi, i gesti che hanno un significato e ne prova stupore. Da prima per il riconoscimento di ciò che esiste e che forma la realtà, poi mettendolo in rapporto con se stesso, con ciò che suscita, con ciò che fa sentire. E’ così che «l’esperienza di una cosa è il giudizio che se ne ha. La poesia aiuta a giudicare in modo più umano la vita, poiché ne riscopre l’importanza, le riconosce il rilievo adeguato. E’ una “scienza nutrita di stupore” amava dire Piero Bigongiari».

Ma quali sono le esperienze che hanno colpito il nostro autore, da cui sono nate le poesie di questo libro, poesie che non si sottraggono al portare il loro carico di versi alle grida e ai pianti, non si scansano di lato ma partecipano al dolore e ne fanno incantamento per riportarlo all’esperienza stessa? Sono esperienze d’incontri – lo abbiamo già detto che Rondoni è poeta che ama gli incontri, e su questo mi permetto di condividere il piacere e l’attenzione -. Sono incontri fatti in situazioni al liminare della vita, molte volte, o dell’umano, o della coscienza, o del vivere quieto, senza scosse, si potrebbe dire al liminare del vivere “normale” se davvero si sapesse a che cosa corrisponde questo termine. Sono incontri che gli permettono di andare avanti, se pure con lo schianto, e di connettere ancora una volta, e in modo sempre più esemplare, l’esperienza alla poesia.

La lingua che usa il poeta, e che trovo particolarmente efficace, è quella della comunicazione – come diceva Caproni – unita a certi slang, a certi intercalare, – a volte forse troppo giovanilistici – ma assolutamente moderni e reali, memorizzati nel continuo girovagare, a certi fremiti e tumulti, inevitabilmente rimuginati dai versi di tanta poesia macinata, immagazzinata, di cui si è nutrito come il pane, una lingua dove le parole spesso cantano rime e assonanze necessarie per fare poesia; mentre le visioni sono reali di sangue e carne – dall’esperienza e dall’incontro di Testori – e portano acqua, terra, aria e costruiscono la vita insieme alla poesia.

Così, ci appare: Ivan, il ragazzo che sta “al braccio 6 di san Vittore” , che fa il compleanno e a cui Rondoni regala il proprio braccialetto di cuoio; le persone “sedute come sacchi mezzi vuoti” al poliambulatorio Mengoli e Iena la ragazza del “carcere che diceva/ entrare in galera apre nuovi orizzonti”; la ragazza di sedici anni che “seduta sul marciapiede si truccava” nell’aria distratta, sfacciata/ di Roma”. Così ci troviamo in luoghi come tabaccherie o sale bingo che sanno “di formica, di truciolato bastardo e laccato”, ci infiliamo “nei viali di Roma/a notte alta” ci sediamo “al tavolo/dell’ultimo bar/mentre intorno sogna brucia l’eterna/città” , andiamo incontro all’ “Inevitabile (che) è ancora ormeggiato a Venezia”, ci sediamo nel “capanno di Garibaldi, tra la/ Marcegaglia e la laguna/” veniamo catapultati a New York in un alba che “sembra silenziosa”. Poi, incontriamo sei brasiliane tra le quali una Lilì che il poeta chiama a gran voce: “Vieni a folgorarmi, a non lasciare/ niente di me, dalla violenta allegria della tua bellezza Lilì, vieni/” e una ballerina del Bol’šoj che balla “Il lago dei cigni” ed è “stanca di morire già dal primo passo e/sferzata a vivere da qualcosa dentro/che il coreografo non può prevedere”.

Non sembri inconcludente perdersi in quest’elenco di incontri con personaggi e di visitazioni luoghi, in apparenza scombinati, dove ci conduce Rondoni: il fatto è che tutto – e non è tutto perché continuano ancora gli incontri e i luoghi, ma vorrei che ve ne restassero da scoprire – tutto è assolutamente legato a doppia mandata da un filo indissolubile, da un non senso più reale del reale stesso. E’ come sedersi su una giostra vorticosa, un Tagadà che ti spinge da un lato all’altro della pista-mondo, ti sballotta e ti impressiona, ti accarezza e ti ustiona, ti mostra il dritto e il rovescio della tela umana e ti spiattella il rapporto, a cui non avevi forse mai pensato, che si può intraprendere con l’altro da te, uomo o luogo o tempo che sia.

Versi forti, malsani, tremendi e veri, ustionanti ma lucidi e a volte balsamici come sanno essere certe medicine amare. Un’esperienza da provare la loro lettura, per arrabbiarsi col poeta che non ci nasconde nulla.

Ecco un paio di testi dal libro:

«Sono con Ivan al braccio 6
di san Vittore, mi annoio dice
ma sta dicendo
muoio,
e poi guardando via: oggi
è il mio compleanno.

Sono ventisette e ha
la faccia da bambino, mi slaccio
un braccialetto di cuoio: tieni,
come se potessi ridarti
Il rovo rosso del cuore

vado via, mi mostra al suo compagno
“cella guardata a vista”,
e il guardato a vista ora sono io

con lo sguardo addosso
che risucchia Milano e il cielo di gennaio
ruvido come un tiro di sigaretta al gelo.

Sono sempre con Ivan al braccio 6, il mio
bracciale è un niente di amore
nella notte che non ha mai cielo
a san Vittore.»

(dalla prima sezione del libro: una poesia forte e struggente al tempo stesso. L’esperienza dell’incontro con un giovane carcerato nel giorno del suo compleanno, un regalo in un luogo dove non esiste cielo. Acuta similitudine tra lo sguardo che sembra risucchiare un’intera città e il cielo ruvido e freddo come freddo e ruvido può essere un tiro si sigaretta in quel contesto.)

*****

«Si tira avanti solo con lo schianto
il resto va in panne, si esaurisce
nella schiena ho il fuoco
di ali bruciate, se mi dici
rallenta
precipito in ogni dolore nel raggio di una vita
o faccio il balzo della bestia sul più insulso segno
di gioia
la vita è solo se scommette d’essere infinita
l’impatto è una carezza
nella nostra condizione
sbandati da ogni morale
ed è diritta sparata in Dio o
in una sacrosanta maledizione.»

(dall’ultima sezione, poesia che chiude e dà il titolo al libro: fenomenologia della vita e sospetto di una qualche forma d’immoralità la storia infinita si ripete da sempre e l’uomo cerca Dio o il suo contrario, ma cerca inevitabilmente qualcosa in cui credere).

Cinzia Demi

“Missione Poesia” è una rubrica culturale, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani. Chiunque volesse intervenire con domande, apprezzamenti, curiosità può farlo tramite il sito.

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Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

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