« I Romeni restano in carcere »

Era l’enorme titolo, a caratteri cubitali, neri, che troneggiava sulla prima pagina di e-polis, il quotidiano gratuito della città eterna, il 21 febbraio del 2009.

Lo posso dire con esattezza perché quel giorno alle 10.26 ho validato il mio biglietto di metro alla Stazione Termini, ho preso la linea A, come sempre a quell’ora affollata, ma non troppo, e anche scintillante, nuova, efficiente, odor di plastica da terzo millennio, con tanto di musica e annunci informativi, o civici, a rotazione, se sei vittima di discriminazione razziale chiama il numero verde 800…, persino i video passano, e il telegiornale, or something like that, e tante lingue, inglese, francese, spagnolo, la televisione dentro la metropolitana !, roba che quando ci abitavo io sembrava un trenino dei film di Sergio Leone, Roma è diventata moderna, internazionale, meglio di New York o Londra… quando – mi sono appena seduto – mi balza all’occhio quel titolo, è il giornale del signore di fronte, che avido legge ed esibisce tranquillo la prima pagina, e to’, quello accanto anche, e quello ancora accanto, e la signora là in piedi, e la sua amica, tutti con quel free paper e quei caratteri neri, cubitali, che sembrano tanti scarafaggi a cantare dappertutto la stessa furiosa litania : « I Romeni restano in carcere ». (Sotto, in caratteri un po’ più piccoli c’era scritto, come a formare una graziosa composizione : « Non eravamo nel parco », ed ho trascritto frettolosamente entrambe le frasi sul biglietto della metropolitana, proprio sotto la data, 21/02/2009 10.26, cacciandomi poi il biglietto in tasca – da conservare).

Sgomento.

Ho trascritto quelle parole per scongiurarlo, quello sgomento, per contrastare la paura e l’angoscia – ed anche, è lo stesso, per salvarle, e ricordare : non, ovviamente, che una coppia di Romeni si fosse macchiata di un efferata violenza. Ma che la notizia fosse diffusa in questo modo, la nazionalità dei presunti colpevoli ergendosi a categoria assoluta e generale, « i Romeni », e che la gente che leggeva possedesse, evidentemente, un bagaglio di informazioni e linguaggio tale da poterla immediatamente e banalmente decodificare e comprendere. Senza sussultare d’orrore. (Così non è importante, in vista di quella paura, di quella angoscia, che la prova del DNA abbia poi dimostrato, dopo giorni di linciaggio mediatico – e non solo – che i due « Romeni » effettivamente non fossero « nel parco », e fossero cioè « innocenti » : per i ghiottoni dei colpi di scena vale tuttavia la pena segnalarlo)

Nei paesi civili i media, quando rivelano un fatto di cronaca nera, hanno divieto, per Legge, anche solo di alludere alla nazionalità o la religione di chi ha commesso il delitto, tanto più se la sua colpevolezza è flagrante. Sarebbe pedante, inutile, spiegare le evidenti, banali ragioni di una tale scelta – inutile, spero, spiegare, più di quanto non lo facciano i fatti che ho brevemente esposto, perché una tale banalizzazione mediatica sia un inquietante sintomo di barbarie.

Vi ricordate di « Roma città aperta » ?

Arabis

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