Quando il nuovo diventa lotteria sociale.

In un recente editoriale sul Corriere della Sera, Giuseppe De Rita si è soffermato sulla fortuna, multipla e sfacciata, che hanno avuto i vecchi italiani: 1) sono riusciti a scampare a tutta la retorica del nuovo e della discontinuità che ha imperato negli ultimi anni in Italia; 2) non hanno perso tempo nei meccanismi di incessante valutazione del merito; 3) non hanno ceduto alla tentazione di farsi rottamatori; e 4) non hanno dovuto partecipare, per affermarsi nella vita pubblica, a qualsivoglia talk show televisivo.

La vita di un italiano della seconda metà del Novecento era segnata dall’idea di continuità. Continuità nella trasmissione dei mestieri e dei saperi. Continuità nella ricerca di un proprio ruolo sociale e di una stabile occupazione. Si trattava di due tipi di continuità differenti, ma che rappresentavano le facce di una medesima medaglia. Nel primo caso, vi era una trasmissione inter-generazionale di valori. Per il figlio dell’operaio, ad esempio, la professione del padre era dignitosa e poteva essere portata avanti maturando una coscienza di classe.
Piuttosto che studiare in un corso di laurea chicchessia, per poi ritrovarsi disoccupato o in un call center, il figlio affiancava il babbo al lavoro per subentrargli. Nel secondo caso, vi era l’opportunità di un salto generazionale. Chi voleva tentare un mestiere differente per salire nella scala sociale, poteva impiegare le leve dell’istruzione universitaria. Ciò che gli si chiedeva era sacrificio, pazienza, costanza, e finanche testardaggine, così da perseguire il proprio obiettivo e aumentare il proprio valore.

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Non sempre funzionava così. Per garantire l’ascesa sociale occorreva che la continuità del primo tipo si trasmettesse solo mediante una trasferimento di valore. Ma poteva accadere, ad esempio, che il figlio di un farmacista affiancasse il babbo per ereditarne la proprietà, senza tuttavia acquisire l’esperienza necessaria a succedergli. Quando ciò avveniva, diminuivano di conseguenza tanto le opportunità di ascesa sociale, quanto il capitale sociale complessivo. Era solo la crescita economica a consentire di ridurre il rischio che il sacrificio e la testardaggine di un giovane valoroso non fossero premianti. Il sistema di riproduzione sociale funzionava ugualmente.

Ma oggi non è più così. In parte ciò è dovuto al fatto che assistiamo a una riduzione della crescita economica e all’indebolimento dell’Itala nei mercati emergenti, a causa dell’incapacità del sistema politico di riformarsi e governare i cambiamenti. Ma c’è anche un motivo aggregato. I giovani italiani, infatti, pagano più di quanto non sarebbe dovuto. Ciò avviene a causa della retorica che accompagna il cambiamento. La discontinuità, infatti, è oggi fatta passare come se fosse un valore mentre non lo è affatto. Ai giovani si dice di essere flessibili, adattabili, versatili e finanche modulari.

L’esperienza dell’Università è d’esempio. Da circa dieci anni, i professori sono sottoposti a un’incessante pressione riformistica il cui obiettivo, solo apparente, è quello di creare un nuovo sistema standardizzato e basato sul merito. Nel frattempo gli studenti si iscrivono a Facoltà che sono il frutto della sperimentazione senza fine. Martellati dalla retorica della discontinuità, quando gli capita un lavoro saltuario escono per poi rientrare nei corsi universitari, illusi di fare un’esperienza mentre in realtà sono distolti da ciò che dovrebbe essere il loro obiettivo.

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Il caso della televisione è probabilmente ancor più esemplificativo. De Rita puntava il dito sui talk show, ma il problema riguarda tutti gli show televisivi che producono l’illusione della scorciatoia, unica via di ascesa sociale in una realtà discontinua. Senza esagerare, si può dire che la lotteria sociale subentrata al capitale sociale. Si pensi al caso di Nicole Minetti, la giovane donna che legifera a nome di una delle Regioni più importanti del mondo (paragonabile a un paese come l’Austria). Non è la sua vantata laurea con il massimo dei voti, ma l’apparizione in alcuni show televisivi ad avergli aperto una scorciatoia per la carriera politica (al di là di ogni altra considerazione sull’inchiesta in corso che la vede coinvolta in un giro di prostituzione). Augurasi per i propri figli un futuro diverso non è moralismo, ma vecchio e sano buon senso.

(nella prima foto studenti d’oggi; nella seconda foto il consigliere regionale della Lombardia Nicole Minetti)

Emidio Diodato

docente di Scienza Politica (Università per Stranieri di Perugia)

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Emidio Diotato
Professore associato di scienza politica presso l'Università per Stranieri di Perugia