Pippo Pollina a Parigi: la canzone d’autore italiana vive!

Pippo Pollina finalmente a Parigi. E, mai come questa volta, dire finalmente non è retorica. Infatti la storia musicale di Pippo Pollina lo ha portato a esibirsi in concerti in gran parte d’Europa: Parigi, quindi, non poteva certo continuare mancare alla lista. Quindici album pubblicati e migliaia di concerti hanno reso il cantautore siciliano famoso non soltanto in Italia, ma in Austria, Svizzera, Germania e Paesi Bassi.

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Grazie all’associazione parigina “Musica Italiana”, nata allo scopo di promuovere la musica dello Stivale in Francia, Pollina sarà in concerto il 16 dicembre alla Comédie-Nation, dove presenterà una selezione del suo repertorio più che ventennale insieme al quartetto d’archi Altamarea, che lo ha accompagnato nel suo ultimo tour. Pollina si esibirà al piano, chitarra e voce, eseguendo canzoni che raccontano di storie, eventi e personaggi che hanno attraversato la nostra epoca più recente: Leo, dedicata a Léo Ferré, uno degli ispiratori del cantautore siciliano; e poi Il giorno del falco, dedicata al cileno Victor Jara, assassinato durante il golpe di Pinochet; Signore, da qui si domina la valle e Sambadiò, testi di denuncia delle guerre contemporanee, le canzoni di Ultimo volo sul disastro di Ustica, e ancora i Versi per la libertà e Banneri, contro la violenza mafiosa, in siciliano, per finire sulle note leggere di Chiaramonte Gulfi e de Il cameriere del Principato.

Pollina ha collaborato, durante la sua carriera, con nomi del calibro di Franco Battiato, Konstantin Wecker, considerato il più grande cantautore tedesco, Georges Moustaki, Linard Bardill e altri ancora, e queste collaborazioni testimoniano la sua volontà di crescita artistica, che passa sempre per lo scambio e la condivisione.

INTERVISTA DI ALTRITALIANI A PIPPO POLLINA

Altritaliani: Pippo, a gennaio 2011 uscirà una tua biografia, che presenterai con una tournée: passerai anche dall’Italia?

Pollina: Certo. Ho messo su uno spettacolo per presentare il libro. Uno spettacolo di letture, di proiezioni di film, di canzoni naturalmente, in duo con un sassofonista. Abbiamo la prima in Italia a Torino, al Teatro del Conservatorio, il 27 gennaio. Dopodiché faremo una tournée che ci porterà a passare da Milano, Firenze, Verona, fino a Palermo. È previsto anche un ritorno in Francia con questo spettacolo, probabilmente in primavera.

A: Facciamo un salto indietro, ai tempi degli Agricantus, di cui sei stato uno dei fondatori. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza?

P: Per tutti noi che abbiamo fondato il gruppo si è trattato di un’esperienza estremamente formativa: abbiamo fatto i primi concerti insieme, e abbiamo imparato un po’ le basi del mestiere, confrontandoci anche con mezzi molto limitati e, visto che si parla di un’epoca a cavallo tra anni Settanta e Ottanta, abbiamo assistito all’introduzione della tecnologia nella musica, siamo stati spettatori del cambiamento che la musica portava in sé. Si è trattato per me di sei anni molto importanti.

A: Da “Versi per la libertà” a “Ultimo volo su Ustica”, alle storie di italiani migranti di “Caffè Caflisch”, l’impegno politico è sempre stato alla base dei tuoi lavori. Qual è il ruolo della musica in questo ambito?

P: Credo che attraverso la musica si compia un gesto « politico », perché la musica non è soltanto l’espressione di uno stato d’animo, ma anche di un modo di concepire la propria vita insieme agli altri. Sono convinto che ancora oggi la musica può avere una grande importanza sotto il profilo sociale, dell’aggregazione e della circolazione delle idee. Questo ruolo politico, però, la musica può giocarlo solo nel momento in cui parte dal basso, quando è un’espressione che trova fondamento in un’esigenza dello spirito e della comunità; non, quindi, quando è pilotata da grandi centri di diffusione delle mode, cioè quando diviene un prodotto creato ad arte da chi detiene i mezzi di comunicazione. Mi riferisco ai song contest televisivi, ad esempio, e a cantanti prodotti a uso e consumo del commercio.

A: Come mai il riconoscimento della tua opera in Italia è avvenuto così in ritardo rispetto ad altri Paesi?

P: In primo luogo, dal momento che non vivo in Italia, non posso partecipare ai salotti che sono così importanti nel nostro Paese, e ovviamente mi trovo ad avere più spazio fuori. Detto questo, la canzone d’autore è una forma artistica che è stata abbastanza trascurata in Italia negli ultimi vent’anni, ma che le generazioni più giovani e più politicizzate stanno riscoprendo, De André in primis.

A: In effetti, i cantautori italiani contemporanei non sono molti: pensavo a Gianmaria Testa.

P: …e se pensi che Gianmaria ha 54 anni e io 47 … Allora, se siamo giovani noi… (ride) Il fatto è che negli anni Settanta i giovani cantautori avevano poco più che vent’anni, erano estremamente moderni, interpretavano lo spirito del tempo. Oggi un « giovane » cantautore ha minimo quarant’anni. Forse bisogna raggiungere una maturità anagrafica per esprimere una sensibilità del tipo richiesto dalla canzone d’autore, altrimenti si frequentano altri territori musicali.

A: Tra l’altro, per Testa come per te, il successo è arrivato prima all’estero.

P: Non è un caso. L’Italia, cioè i centri di potere musicale italiani, hanno puntato tutto sulla musica usa e getta. Tutto ciò rientrava in un piano che mirava all’indebolimento del livello culturale del popolo. Anche la canzone d’autore, che era un modo per pensare in musica, doveva essere eliminata; quindi, dagli anni Ottanta in poi, per un buon ventennio è stata bandita dalla televisione di Stato e da quelle commerciali, non trovava più alcun tipo di cittadinanza, e si è dato spazio ad altre espressioni che avevano altre funzioni. Così, nel frattempo, abbiamo cercato altri luoghi in cui esprimerci, e abbiamo avuto la fortuna di trovare degli uditorii che credessero nella bontà delle nostre canzoni, sia pure cantate in una lingua straniera per loro.

A: Nel 2009 sei stato nominato cittadino onorario di Zurigo: te lo aspettavi?

P: Macché! Ma la cosa interessante è che il conferimento non si è limitato a una cerimonia formale; al contrario, mi è stata data un’intera orchestra sinfonica con cui andare per due settimane in tournée. C’è stato quindi il finanziamento di un progetto, che nello specifico è stato una tournée in Italia.

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A: Uno dei tuoi ispiratori è stato Léo Ferré. Quali aspetti della sua musica apprezzi maggiormente?

P: Innanzitutto, lui scriveva dei testi come non ne ha mai scritti nessuno. Secondo me, la sua capacità immaginifica, il suo surrealismo erano tali da renderlo unico nel panorama della canzone d’autore. In secondo luogo, riusciva ad accoppiare a questa lirica decisamente interessante una grande musicalità: le sue musiche erano perfette, disegnate per quei testi lì. Non c’era stridenza tra l’aspetto testuale-lirico e l’aspetto musicale, ritmico e melodico. Ovviamente, un artista da prendere a piccole dosi, non qualcuno che si riesce a sentire per ore e ore ogni giorno. Il suo valore artistico non si discute.

A: Hai collaborato durante la tua carriera lirica con molti musicisti di grande spessore: a quale ti senti più legato e quale credi che abbia più influenzato la tua musica?

P: Da un punto di vista affettivo, senz’altro mi sento molto legato a Linard Bardill, che è stato l’artista che mi ha indicato un cammino. Ci siamo conosciuti quando suonavo in strada. Dal punto di vista artistico, credo che la collaborazione più proficua sia stata quella con il cantautore tedesco Konstantin Wecker, con cui ho scritto canzoni che hanno avuto anche un discreto successo commerciale, oltre ad avere un certo valore politico, poiché sono state scritte durante un rigurgito di neonazismo in Germania.

A: Parliamo di “Tra due isole”, il tuo ultimo album.

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P: Le due isole sono la Sicilia e la Svizzera, perché per me anche la Svizzera è un’isola al centro dell’Europa: è sganciata dall’UE politicamente, ma è sede di organizzazioni internazionali… ma le due isole sono anche l’aspetto della canzone d’autore e quello della musica sinfonica. Tra queste due isole esistono tante altre realtà, geografiche, psicologiche e musicali. Tra Svizzera e Sicilia c’è l’Italia continentale, che con la sua storia e la sua arte è fonte d’ispirazione per me e per molti altri artisti, e anche tra le due isole musicali esiste una punto d’incontro, che l’arrangiatore e direttore Massimiliano Matesic, che ha diretto l’Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Zurigo durante la registrazione dell’album, ha saputo trovare scrivendo arrangiamenti che fossero premianti per la dimensione sinfonica, ma che rispettassero anche l’idea musicale armonico-melodica della canzone.

Tra due isolein ascolto

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Roberto Cantoni

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Concerto Pippo Pollina e la Piccola orchestra Altamarea:

16 dicembre, alle 21.00. Théâtre Comédie-Nation (77, rue de Montreuil, 75011 Parigi, tel. 01 48 05 52 44, Metro Nation – linee 1, 2, 6, 9), ingresso € 15,00.

Prima del concerto sarà presentata in anteprima la biografia di Pollina, Abitare il sogno (scritta dal giornalista e critico Franco Vassia), un viaggio attraverso trent’anni di musica, luoghi e incontri, che tracciano la storia di un uomo, di un artista e dei luoghi in cui ha vissuto: la presentazione avrà luogo il 16 dicembre stesso alle 19.00 a La Libreria (89, rue du Fb. Poissonnière Paris 9, M. Poissonnière – www.libreria.fr), alla presenza di Pippo Pollina, che risponderà alle domande del pubblico. A La Libreria si discuterà anche dell’opera di Pollina Ultimo volo – Orazione Civile per Ustica, scritta, composta e interpretata da Pollina su richiesta dell’Associazione dei parenti delle vittime di Ustica in occasione dell’inaugurazione del Museo per la memoria di Ustica a Bologna il 27 giugno 2007.

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