Letture dall’Egitto 3: La dignità di ‘Ala Al-Aswani, autore di Palazzo Yacoubian

Giovanni Capecchi insegna Letteratura italiana all’Università per Stranieri di Perugia; in questo periodo, come visiting professor, insegna alla Al Alsum Faculty (la Facoltà di Lingue) della Ain Shams University del Cairo. Da questa esperienza nascono anche le “Letture dall’Egitto”. Questa terza puntata è dedicata a ‘Ala Al-Aswani, lo scrittore più conosciuto dell’Egitto contemporaneo, autore del romanzo « Palazzo Yacoubian », tradotto in molti paesi del mondo, e noto intellettuale politicamente impegnato.

Nel cuore di Down Town, in quel quartiere che il khedivè Ismail, alla metà dell’Ottocento, volle edificare tra il Nilo e la Cittadella tenendo presenti, come modello urbanistico e architettonico, le grandi città europee, a metà tra Mida el-Tahrir – cuore pulsante e caotico del Cairo – e piazza Tawfiqueyya, sorge un palazzo di nove piani, che niente avrebbe di diverso – o di più interessante – rispetto a tanti altri palazzi della zona se non fosse divenuto, da una decina di anni, l’edificio più conosciuto dell’intero quartiere.

A pochi passi da Midan Taalat e dal Café Riche (ora chiuso e in attesa di una nuova gestione ma, fin dalla sua nascita nel 1908, ritrovo di artisti e di intellettuali)

Midan Taalat

Il Café Riche

e, dalla parte opposta, a breve distanza da Midan Opera, la piazza dominata un tempo (prima che un incendio lo distruggesse nel 1972) dal Teatro, inaugurato nel 1869 con il Rigoletto musicato da Giuseppe Verdi (a Verdi, per la verità, era stata chiesta un’opera di argomento egiziano e il Maestro mise mano all’Aida: ma troppo lenti furono i tempi di composizione per poter inaugurare il nuovo edificio con quest’opera ambientata nell’antico Egitto, rappresentata solo due anni dopo), si trova infatti il Palazzo Yacoubian, divenuto celebre perché scelto da ‘Ala Al-Aswani, medico-scrittore nato nel 1957, come luogo in cui ambientare le vicende del romanzo che dall’edificio prende il nome, pubblicato nel 2002, tradotto in molti paesi del mondo (compresa l’Italia, dove è uscito, per Feltrinelli e con la traduzione di Bianca Longhi, nel 2006), punto di partenza per la notorietà internazionale del suo autore, reso ancora più celebre, in Egitto, dal film tratto dal romanzo, che tutti – almeno così mi raccontano – hanno visto.

In Palazzo Yacoubian, Al-Aswani riflette sull’Egitto di oggi partendo dalla storia di un edificio costruito nel 1934 e dalle storie che si intrecciano tra le sue stanze, dal piano terreno con i negozi che si affacciano sulla strada fino alle piccole stanze edificate sul tetto, un tempo destinate alla servitù del palazzo e oggi divenute vere e proprie abitazioni.

Il Palazzo Yacoubian

Palazzo Yacoubian – come l’intero quartiere in cui sorge e come la strada sulla quale si affaccia, Taalat Harb, chiamata nel romanzo con il nome di un tempo, Via Suleyman pasha – ha attraversato una parte significativa della storia del ‘900 ed ha conosciuto una progressiva decadenza: residenza della classe dirigente egiziana fino agli anni Cinquanta, teatro – come l’intero Egitto – dell’esodo degli stranieri (e degli ebrei, espulsi dal paese) dopo la rivoluzione del 1952, abbandonato dalle classi sociali più elevate fin dagli anni Settanta, nasconde oggi, sotto l’evidente degrado, i segni della bellezza di un tempo. Di un tempo che solo pochi dei suoi abitanti possono ricordare: non la giovane e bella Buthayna, che deve mantenere la famiglia dopo la morte del padre e che inizia a fare la commessa subendo le prepotenze e le libidini del proprietario del negozio; e neppure Taha, il figlio del portiere, bravissimo studente che non riesce a vincere il concorso per fare l’ufficiale della polizia perché è povero e non ha i soldi per pagare la necessaria mazzetta, che si avvicina ai Fratelli musulmani e che – dopo essere stato arrestato, umiliato e violentato dalla polizia – imbocca la strada del terrorismo islamico.

La storia di Palazzo Yacoubian la conosce invece Zaki, che ha studiato ingegneria in Francia e che dal 1940 non ha mai abbandonato quella strada e quell’edificio: sono i suoi racconti che permettono di immaginare un quartiere cosmopolita, pieno di eleganti caffè dove si ritrovavano uomini e donne di tutto il mondo, con palazzi ben tenuti e strade ordinate.

Ma attraverso la storia di un edificio e le storie dei diversi personaggi, Al-Aswani presenta alcuni aspetti dell’Egitto contemporaneo e riflette su problematiche di forte attualità: sulla corruzione del ceto politico (vista attraverso la storia di hagg ‘Azzam, ricco imprenditore che al piano terreno di Palazzo Yacoubian ha un negozio e che nello stesso edificio ha affittato un appartamento per la seconda moglie, che diventa deputato grazie agli appoggi del partito di governo); sull’omosessualità bandita dall’Islam (Hatim, caporedattore di un importante quotidiano, vive nel Palazzo le sue passioni omosessuali e, nella sua abitazione, viene ucciso dal suo ultimo amore); sugli intrighi e le tangenti che riguardano tutti i livelli sociali; sul fondamentalismo e sulla sostanziale passività politica del popolo egiziano («Abbiamo studiato a fondo la psicologia del popolo egiziano – dice un illustre esponente politico. Dio ha creato questo popolo per essere dominato. Nessun egiziano sa disobbedire al proprio governo»); sulla brutalità della polizia e sulla mancanza di democrazia.

Perché Al-Aswani non è solo lo scrittore più conosciuto dell’Egitto contemporaneo. È anche l’intellettuale politicamente impegnato, che manifesta le sue opinioni in articoli di giornale (parte dei quali sono stati racconti in un volume appena uscito in arabo), che ha contribuito a dar vita al movimento di opposizione “Kifaia” (“Basta”), che ogni giovedì tiene un incontro politico-letterario nella sede di un altro movimento che denuncia la corruzione del regime di Mubarak, “Karama” (“La dignità”), di fronte ad una platea mista di egiziani e di stranieri, che vogliono incontrarlo e che lo ascoltano mentre parla dell’importanza dell’umanità (che, per creare un mondo di pace, deve venire prima del nazionalismo e della fede religiosa) o della necessità di distinguere lo stato e il governo di Israele dalla religione e dalla cultura ebraica (una religione da rispettare e una cultura con la quale confrontarsi). Parla in arabo, Al-Alaswani: ma nella sala vengono organizzate traduzioni simultanee in inglese e anche in altre lingue, in modo che tutti possano capire; e poi, quando il dibattito si apre, risponde in arabo o in inglese a seconda dell’interlocutore, con l’immancabile sigaretta tra le dita, la disponibilità di chi non ha fretta di andarsene, la capacità di passare dalla serietà all’ironia, intrecciando – nei suoi interventi – esperienze personali a riflessioni letterarie e politiche.

Giovanni Capecchi con 'Ala Al-Aswani

Due aspetti, quello letterario e quello politico, inscindibili nell’impegno di Al-Aswani, come dimostra Palazzo Yacoubian e, forse ancora di più, il romanzo Chicago (2006), anche questo tradotto in tutto il mondo ed edito in Italia nel 2008, sempre da Feltrinelli, l’editore che dello scrittore egiziano ha stampato anche un volume di racconti, Se non fossi egiziano (2009).

Intorno al reparto di Istologia dell’Università dell’Illinois – Università presso la quale Al-Aswani ha studiato – si muove una comunità di egiziani. Lo scrittore crea alcuni personaggi-tipo: il fanatico islamico fedele al regime; il responsabile dei servizi segreti divenuto un’autorità per aver inventato nuovi metodi di tortura; il giovane studente che si innamora di una ragazza ebrea ma che non riesce a cancellare del tutto la diffidenza – profondamente radicata – dell’arabo verso una figlia d’Israele; il medico che ha lasciato l’Egitto trent’anni prima perché copto e discriminato o il suo collega che ha cercato di cancellare le sue radici trasformandosi – ma senza riuscirci completamente – in un perfetto cittadino americano.

La libreria

A Chicago sta arrivando il Presidente egiziano, per una visita ufficiale. Si prepara un ricevimento con interventi di elogio e di plauso per l’Egitto e la sua guida. Ma fuori dal palazzo, sotto gli sguardi dei servizi che riprendono i volti di coloro che poi dovranno subire la “meritata” lezione, manifesta un gruppo di egiziani, che ha anche condiviso un appello – scritto da Naghi, uno studente che non smette di lottare per un Egitto migliore, e dal dottor Karam, che soffre, sia pure da lontano, per il suo paese – destinato ad esprimere un dissenso e delle richieste precise, che sono anche le proposte politiche che Al-Aswani – e i movimenti di opposizione a Mubarak non di carattere religioso, costretti a muoversi nell’ombra e nel timore di arresti e di vendette – non smettono di ripetere, tra l’irritazione del regime che vieta, per legge, di parlare di politica in luoghi pubblici, ma che fino ad oggi è stato costretto a tollerare uno scrittore internazionalmente noto: «I firmatari della presente, egiziani residenti nella città di Chicago, Stati Uniti d’America, sono enormemente preoccupati per le condizioni in cui versa l’Egitto in quanto a povertà, disoccupazione, corruzione, crescita del debito interno ed estero. Noi crediamo che il nostro paese meriti un sistema politico democratico. Crediamo che tutti gli egiziani abbiano diritto alla giustizia e alla libertà». E l’appello – una pagina politica e militante inserita in un’opera letteraria, indirizzata ai lettori di tutto il mondo – prosegue con alcune precise richieste: l’abrogazione della legge di emergenza (che dà pieni poteri alle forze di polizia), la riforma democratica che garantisca la libertà, vere elezioni. «Chiediamo le dimissioni del presidente da una posizione che ha ricoperto per un lungo periodo. Che gli venga impedito di trasmettere la presidenza a suo figlio. Che venga garantita la possibilità di presentare vere candidature alla presidenza ponendo l’iter elettorale sotto controllo internazionale»: tutto il contrario di quello che sta avvenendo in questo paese, che in questi giorni festeggia la Festa del Sacrificio, la più importante ricorrenza religiosa per i musulmani, che tra una settimana rinnoverà i propri rappresentanti in Parlamento e che si avvia, tra il disinteresse forzato e diffuso che neppure l’impegno di piccoli gruppi elitari riesce a intaccare, alle elezioni presidenziali del prossimo anno.

Giovanni Capecchi
Docente di Letteratura italiana
all’Università per Stranieri di Perugia

Foto inedite ©Giovanni Capecchi

Altre letture dall’Egitto dello stesso autore:

Letture dall’Egitto 1:Nelle strade e tra le storie di Nagib Mahfuz”,
un omaggio al più grande scrittore egiziano e arabo del ‘900, Premio Nobel per la letteratura nel 1988.

Letture dall’Egitto 2: « Quando Marinetti non uccideva il chiaro di luna »
una puntata sull’infanzia e il viaggio in Egitto nella maturità di Filippo Tommaso Marinetti, l’inventore del Futurismo.

Letture dall’Egitto 4: « L’ombra dell’Alessandria passata« . E’stata, Alessandria, una città letteraria, crocevia del pensiero letterario tra ‘800 e ‘900, con Marinetti, Pea, Ungaretti, Durell, Kavafis, ed altri. Oggi sembra vivere più al passato che al presente.

Letture dall’Egitto 5 : L’Egitto nella letteratura italiana con d’Annunzio, Marinetti, Pea, Salgari ed altri fino a piazza Tahrir nel 2013.

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Giovanni Capecchi
Giovanni Capecchi è nato e vive a Pistoia (Toscana). E’ professore associato di Letteratura italiana all’Università per Stranieri di Perugia. Ha dedicato i suoi studi soprattutto all’Ottocento e al Novecento, seguendo alcuni filoni di ricerca: l’opera di Giovanni Pascoli, la letteratura e il Risorgimento, la letteratura della grande guerra, il romanzo nel Novecento.

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