I piccoli fuochi della politica

La destra si muove da tempo e sembra pronta alla fine del berlusconismo, l’opposizione langue in una società molto più vitale dell’attuale politica. Eppure ci sono temi ed idee su cui bisogna fare presto a dare proposte chiare. La sinistra potrà costruirsi una sua nuova identità?

Mentre nella destra si è di fronte ad una tregua armata carica di tensione. A sinistra si assiste ad un silenzio assordante dell’opposizione. Come ha segnalato l’editoriale di Emidio Diodato nel nostro sito, la sinistra sembra del tutto scomparsa. Personalmente credo che malgrado l’apparenza parli di un Paese immobile in realtà ci stiamo avvicinando ad un punto di svolta che a breve potrebbe darci delle sorprese. Questa convinzione deriva non da una particolare fiducia nell’attuale classe politica, la cui insipienza, incapacità e corruzione culturale la rende unica nel suo genere nella storia d’Italia, ma d’altri fattori più sociologici che potrei definire inevitabili nel loro divenire.
In primo luogo va segnalata una vitalità disordinata e spesso priva di una reale coscienza ideologica, di alcuni settori della società.

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Si pensi alla rivolta di Terzigno, (NA) contro il sorgere di nuove discariche peraltro in un parco naturale come quello del Vesuvio, in cui centinaia di cittadini lottano ogni notte contro la polizia per mantenere alti i toni della protesta e per la difesa del territorio, oppure alle contestazioni, finanche dure nei confronti di settori del sindacato, con scontri interni al mondo del lavoro (basta ricordare la vicenda di Pomigliano d’Arco che vedono protagonisti la Fiom-CGIL e i sindacati di categoria della UIL e CISL – sindacato storicamente laico socialista il primo cattolico il secondo). Vale la pena ricordare la battaglia per l’acqua pubblica con una raccolta di firme per il referendum che non ha pari nella storia italiana nemmeno in anni politicizzati come quelli del decennio settanta. Infine, una sequenza di “piccoli fuochi” che divampano un po’ dappertutto. Le donne dei call-center nel Lazio in lotta per i loro diritti, le operaie della “Omsa” nella “rossa” Emilia Romagna, per non parlare della mediatica lotta dei lavoratori “dell’isola dei Cassaintegrati” all’Asinara, che hanno introdotto nuove forme di lotta che coinvolgono finanche Facebook.

Oppure per restare in Sardegna, i pastori che nell’isola si scontrano per difendere il loro lavoro e produzione contro la polizia. Polizia che come dal nostro sito ha ricordato Eleonora Puntillo, sono “costretti” a reprimere la giusta lotta delle scuole e delle università contro i tagli ed una riforma che rischiano di mettere ancora più fuori dall’Europa la ricerca e la cultura italiana, oltre che a rendere ancora più drammatico il livello di disoccupazione intellettuale nel nostro paese. Sono solo alcuni esempi ma indicativi di come la società sia oggi molto più dinamica di una politica che sembra solo dividersi tra pro e contro Berlusconi.

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Il governatore della Puglia, Nicki Vendola, nel corso del suo intervento d’apertura al congresso di Sinistra, ecologia e libertà, alla presenza di numerosi ed autorevoli esponenti dell’opposizione, ha fatto appello ad una politica che torni a coinvolgere i cittadini, che esca dal bunker mediatico per calarsi nella quotidianità, tutt’altro che felice, di tanti uomini e donne.

Si torna a parlare di primarie per candidare il premier da opporre al solito Berlusconi.
La pratica delle primarie con tutti suoi limiti e le sue contraddizioni a fin qui premiato l’ulivo e forse premierà anche il “Nuovo Ulivo” a cui Bersani aspira, ma c’è da chiedersi quanto ancora sarà credibile questa adunata dei “contro” che di solito conclusasi la votazione riporta i partecipanti fuori dalla scena politica.

Tuttavia, i segnali ci sono a partire dall’idea della riforma elettorale che potrebbe ridare ai cittadini la democratica possibilità di scegliersi i candidati da eleggere. A destra (se si esclude, e non è poco, il patron Berlusconi) si reclama una riforma in tal senso, riforma condivisa in sostanza dalla stessa opposizione e finanche dalla sinistra più antagonista. Si potrebbe così avere un parlamento meno bloccato e sussiegoso dell’attuale, un omaggio oltretutto al dettato costituzionale in tema di mandato parlamentare.

Ma la destra finiana (è l’unica che conosca, l’altra ha ideologie troppo ad usum delphini per essere considerata) ha le idee piuttosto chiare in tema di liberismo si vedano i rapporti con il neocapitalismo di Marchionni amministratore della FIAT, e richiama quelle destre democratiche europee alla Merkel e alla Sarkozy, quindi lotta alle lobby, limitazioni sugli extracomunitari, privatizzazione dei servizi pubblici (a cominciare dalla RAI), una moralizzazione della vita pubblica. Una sorta di rinnovamento che porta a ridiscutere finanche temi per loro un tempo tabù come diritti civili, temi etici ed altro.

Proprio l’empasse Berlusconi che ha sacrificato, in nome dei suoi affari, da più di sedici anni la società italiana, non producendo alcuna significativa riforma, bloccando l’economia del paese, incapace di competere sul piano della crescita con gli altri partner europei, è stato d’aiuto ad una opposizione che è incapace ad oggi, di comunicare con il proprio popolo (ma c’è ancora un popolo e cosa comunicare?). Priva di quel coraggio, che oggi Vendola sollecita, l’opposizione ha concentrato il suo fuoco su Berlusconi esponendo cose giuste e fondate, ma perdendo di vista i reali bisogni della società italiana e dimenticando di organizzare e dare contenuti politici che alimentassero quei vitali piccoli fuochi che si accendono e si spengono di continuo su tutto lo stivale.

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Dietro quei fuochi la società manda dei segnali chiari. Difendere il lavoro e mettere in discussione il precariato, privilegiare il lavoro e le rendite di produzione piuttosto che quelle finanziarie che tanto hanno contribuito alla pesante crisi economica degli ultimi anni. Ridare dignità alla famiglia che è stato l’unico vero argine alla travolgente crisi che ha decimato le piccole e medie imprese del nord e nordest d’Italia e che ancora più reso drammatica la differenza tra sud e nord del paese. Soprattutto, dare risposte certe su due temi connessi: Da una parte le garanzie e il diritto dei lavoratori al cospetto di forme di neocapitalismo come quelle proposte da Marchionni e la FIAT in tema di garanzia per i lavoratori e difesa del salario. Secondo in tema di qualità del lavoro non solo la questione sicurezza (l’Italia registra un altro record negativo in tema d’incidenti sul lavoro) ma anche sulla organizzazione del lavoro e rapporto con i lavoratori (si pensi alla smisurata pratica del lavoro nero che colpisce l’intera società italiana o aberranti forme nuove di lavoro, quali i call-center, privi delle più elementari ed umane garanzie per i lavoratori, in prevalenza donne).
Ridare speranze ai giovani, i più esclusi e colpiti dal non governo negli ultimi sedici anni. Giovani che per la prima volta hanno una prospettiva di vita per il futuro peggiore dei propri genitori. Lì si tratta di mettere fine con coraggio ai privilegi nel mondo del lavoro e delle professioni a favore delle generazioni passate ed aprire con coraggio alle nuove. L’universo femminile, devastato dal berlusconismo e da una violenza familiare prima ancora che sociale davvero allarmante.
Un universo femminile che arretra in ogni ambito della società, marginalizzato e banalizzato dai messaggi dei media.

La domanda da porre all’attuale opposizione è: Quando lo spauracchio Berlusconi sarà uscito di scena, cosa che avverrà non tra moltissimo, sui temi etici leggi matrimonio omossessuale o coppie di fatto, sul nucleare e l’energia, sul modello di società, sui rifiuti e lo sviluppo sostenibile, sulla finanza e le politiche bancarie, sulla lotta alle lobby che strangolano con i loro privilegi il paese, per il futuro dei giovani, sulla cultura, la scuola, la ricerca scientifica, sulla laicità dello stato e quindi la preservazione ad esempio della scuola pubblica rispetto a quelle cattoliche o private, su temi come la guerra e la partecipazione ad operazioni militari come quella in Afganistan, sull’Europa e l’unità d’Italia, lo sviluppo e la responsabilizzazione del sud Italia, si potranno attendere parole chiare e fatti? O ancora assisteremo ad un confuso farfugliare pieno di belle intenzioni e rimboccamenti di maniche?

Sulla riforma dello Stato vi saranno parole chiare, si può sperare d’introdurre parole chiavi, uscite dal lessico berlusconiano e di cui la politica dovrebbe riappropriarsi come “responsabilizzazione” per tutti dall’ultimo dei lavoratori al primo dei dirigenti. Così che chi rompe paga e i cocci sono suoi.

Sarebbe bene certo se già da oggi, e le occasioni non mancano, l’opposizione, uscendo dallo stato d’ipnosi attuale, iniziasse a sottrarre l’agenda politica dalle mani di un governo che, mentre si suicidano piccoli imprenditori e lavoratori, sembra interessato solo alle case a Montecarlo, piuttosto che ad Antigua a “lodi ad personam” per parare il sedere all’attuale premier dimenticando, pur avendo la più forte maggioranza parlamentare della storia d’Italia, tutte quelle riforme che altrove sono state già approvate e che daranno nuovo slancio all’economia e alle società europee.
Sottrarre l’agenda significherebbe indicare le linee guida per lo sviluppo economico, riordinare gli assetti della società, basterebbero dei segnali forti e coraggiosi per riconquistare almeno parte della fiducia dei cittadini, specie sulla fine dei privilegi alle lobby a cominciare proprio da quelli dei politici, azzerando tutte le nomine nelle aziende pubbliche consegnate nelle mani di incompetenti che occupano proditoriamente poltrone solo per motivi di “famiglia” colpire una cultura mafiosa che va ben aldilà delle coste sicule coinvolgendo tutto il paese. Abolire ad esempio (potrebbe essere un’idea) gli ordini professionali e anche le provincie, le comunità montane lasciando in vita solo quelle che lo sono davvero. Ripristinare il falso in bilancio e prevedere sanzioni durissime (parlo di carcere) verso i grossi evasori fiscali e chi abusa del lavoro nero.

Dichiarare la fine del precariato e l’imposizione di regole che nel part-time consentano la maturazione e il mantenimento dei contributi pensionistici.
Sono solo esempi ma potrebbe servire a chiarire che cosa si vuol dire con la parola: coraggio. Coraggio è magari anche quello di mettere da parte una classe dirigente ormai vecchia e logorata, che ha fatto il suo tempo dando spazio ai tanti giovani a sinistra come a destra che malgrado tutto ci credono.
Giovani magari meno esperti di politichese ma forse più vicini alla realtà del paese. Giovani così ce ne sono.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.