Dissipatio H.G., di Guido Morselli

img_18_0-24_11_2007_0.jpgAmico lettore,
Ti consegno una non recensione per poter rompere il patto con le tue attese e richieste.

Sfioro appena il nucleo centrale del libro, tentando di forzare la gabbia di una possibile interpretazione.

Mi ritrovo davanti al foglio bianco nel tentativo patetico – e brillante – di togliere la polvere massacrante da queste pagine morselliane uscite postume, dopo il suicidio dell’autore, per Adelphi.

Compito ingrato verso un’autore dimenticato da vivo e scomparso da morto. Non posso dire di aver amato la Dissipatio Humanis generis e non voglio nemmeno creare trovate critiche al libro, quindi scelgo la strada dell’ambiguità letterale.

Utilizzare paragoni piu o meno bizzarri, o azzeccati, con la fantascienza dell’epoca, non ritengo sia la soluzione migliore.

Le tirate negative socioeconomiche con accenni al giovane Marx e la figura di un timido Freud sullo sfondo non aumentano il grado di passione nei confronti di questo oggetto narrativo cosi’ cristallino, accecando i miei occhi di lettore.

Il ‘caso Morselli’ tenta di gestire i frammenti caracollanti di un suicida presunto, capovolgendo i termini della riflessione: i vivi sono evaporati oppure dissolti e il presunto morto vive in uno stato di stupore ed angoscia di fronte alla propria solitudine.

Abolendo tutti i tentativi di conoscibilità, questa situazione capovolta risulta essere l’ultimo gesto di congedo di un’autore che, con somma maestria, si è mimetizzato in uno stato di “superbia solipsistica”. Il lungo e spossante monologo dell’ultimo uomo rimasto sulla terra si trasforma ben presto in un dialogo con tutti i morti, mentre il mondo è ora popolato soltanto da “oggetti vicini e irraggiungibili, noti e irriconoscibili, sfigurati”.

foto_16646038_07520.jpgL’identificazione viene meno e la pratica allegorica avvolge di significato gli eventi lasciandomi interdetto senza un protocollo pronto per capire.

Qui, lettore, emerge il buco nero della scrittura come un’immagine avvolta su se stessa degna di un film di David Lynch.

Sono morto suicida pure io a Crisopoli ? sto sognando la mia morte ? il mio solipsismo mi ha tramutato in una “monade senza finestre” ?

I “cari estinti” non inquineranno più il pianeta ? perché la lingua si è autocerebralizzata a tal punto da impedirmi di gustare la salvezza solitaria ?

E nemmeno l’incanto della parola « amore » riesce a cogliere più la dolcezza dei gesti passati ?

Capisco che oltre la scrittura nascondo la mano per non perdere tempo. So che la ritrovero’ intatta senza la “contaminatio” di una lettura complice, falsante.

Maledico Morselli, anzi provoco un secondo suicidio dietro le sue pagine con un lungo grido notturno senza segreti, senza nessuna finzione oppure mimesi linguistica.

Un libro che disinnamora ed incanta, per che cio’ che vorrebbe essere e non è. Andrebbe filtrato, stracciato, dimenticato nuovamente.

Inciampo e rompo lo specchio, il libro si é inoculato, attendo una figura umana dietro la maschera.

Il tempo sospende Dissipatio Humanis generis di Guido Morselli.

(p.s. Viva la chiarezza degli antichi che non avevano Freud e lo strutturalismo sul comodino.)

Marco Rognoni

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