A Roma: Spelacchio sì, le Olimpiadi no.

Il Natale di Roma, non quello caro a Mussolini, ma più banalmente quello che si festeggia il 25 dicembre di ogni anno, segna il passo. L’albero natalizio della città eterna, trasportato dalla Val di Fiemme in Trentino Alto Adige a Piazza Veneto, è morto prima ancora di arrivare alla data fatale.

“Spelacchio”, cosi simpaticamente lo chiamavano i cittadini dell’urbe, sin da subito mostro’ la sua sofferenza: Secco, con gli aghi che cadevano continui come una leggera pioggerellina e le palle colorate che si fracassavano a terra, non adeguatamente rette dai suoi esausti rami, ha avuto il suo fine vita in questi giorni.
(“Virgì, l’anno prossimo famo er presepe….” È solo uno dei tanti commenti ironici che si trovano sui social).

Ma come? si dirà: tutti i giornali e le televisioni parlano della Boschi o dei Boschi, mettendoci anche il padre dentro, e tu parli di un solo albero?

Ebbene si! Intanto perché per Roma ha costituito un bis. Già l’anno scorso arrivo’ un pino malinconico, tutt’altro che in salute, regalato, dalla fresca di elezione, sindaca grillina, al punto che fu battezzato, dagli impietosi romani “Povero Tristo” , e poi perché trovo che la mesta storia di Spelacchio e degli occhi perplessi dei bambini che lo guardavano è emblematica dello stato della capitale.

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La sindaca Raggi, salutata al suo avvento al Campidoglio, come il “raggio verde”, il “raggio X” e con tante “originali” espressioni per indicare la svolta, il cambiamento che avrebbe segnato la fine della eterna decadenza della città eterna, appare oggi come il suo albero.

La sindaca, priva di vita e di vitalità, incapace di voltare pagina, è arrivata a dire che già è molto se arriva alla fine del mandato di cinque anni. Ah l’avesse detto prima! I romani forse si sarebbero risparmiati tante amarezze e disfunzioni nel funzionamento della città.

Eppure, l’occasione per costruire una ventata di novità, un cambio di ritmo, l’amministrazione capitolina la ebbe, con la candidatura di Roma alle Olimpiadi. Una candidatura che godeva del favore dei più, ma la Raggi, come il papa Celestino V, “per viltate fece il gran rifiuto”. Considero’ che c’erano troppi rischi di corruzione, di infiltrazioni malavitose nei lavori, rischi per l’ambiente. Considerazioni risibili. Se si pesa cosi, più alcuna opera potrà essere realizzata. Se c’è corruzione, rischi mafiosi o altre illegalità, esistono la magistratura e delle forze dell’ordine che controllano ed intervengono.

Il non detto, dalla Raggi, era che l’opportunità ghiotta costituiva un impegno certo gravoso, l’assunzione di responsabilità e il “raggio verde” evidentemente preferiva qualche taglio di nastro per lavori di ristrutturazione in alcune scuole, magari a spese dello Stato. Una cosa certo più defatigante.

Oggi le Olimpiadi sono state assegnate a Parigi, con la sua collega Hidalgo che non è più nella pelle, per l’opportunità di rilancio della metropoli francese, uscita sofferente per la crisi economica e per le vicende del terrorismo. Di quella ventata fresca di novità ne godremo noi che viviamo nella città delle luci e non Roma ormai al tramonto.

E’ stato calcolato che tra lavori, organizzazione ed indotto, le Olimpiadi avrebbero dato lavoro a 750.000 cittadini di cui molti romani, ma la sindaca ha preferito glissare sull’ordinaria amministrazione.

Quale? Quella delle strade eternamente con le buche? Quella del traffico che resta eterno? Quella dei topi che scorrazzano tra cumuli di spazzatura e parchi abbandonati? o dei mercatini abusivi e gestiti da loschi personaggi? quella di Ostia in mano alla malavita?

Ci fosse stato un po’ più di palle, non quelle di Natale, un po’ più di coraggio, ci fosse stato un po’ meno di aridità umana, oggi Roma avrebbe l’occasione per rilanciarsi (gli effetti delle Olimpiadi invernali a Torino hanno ancora riscontro oggi). Ma si sa, un conto è contestare, un altro è costruire, e cosi, la capitale resta chiusa nel suo cupo presente, senza l’Olimpo e i suoi dei e senza un albero degno di nome.
In questo clima, il fatto di sbagliare finanche l’albero di Natale ha un che di emblematico.

Ora il Codacons, che è l’associazione dei consumatori, chiede l’intervento della magistratura per capire come vengono spesi dal Comune i soldi dei romani, compresi quelli per comprare e deportare il povero Spelacchio testé defunto. Insomma si chiede di passare ai raggi X il “Raggio X”, pardon la sindaca Raggi e la sua amministrazione penta-stellata.

Tante stelle e Buon Natale a tutti!

Veleno

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