Venezia Cinema 74: Colpi di cuore della Mostra.

Alcune segnalazioni dal nostro puntuale critico cinematografico Catello Masullo. Film della Mostra da non perdere, quando sarà l’occasione, nelle sale. Con la speranza che le distribuzioni siano clementi. Il tutto a poche ore dai verdetti della giuria.

HUMAN FLOW di Ai Weiwei
(Germania, Usa, 140’, v.o inglese/arabo/farsi/francese/tedesco/greco/ungherese/curdo/rohingya s/t italiano/inglese)

human_20flow_20promo_20image.jpg

Ai Weiwei, celeberrimo artista visivo e performer ha cominciato a fare qualche ripresa con l’iPhone sul tema dei migranti. In un battibaleno è riuscito ad avere la collaborazione produttiva di bene 22 diversi paesi del mondo. Un film di cui si sentiva la urgenza e la necessità. Che, forse per la prima volta, legge il fenomeno in chiave assolutamente globale. Facendo capire con chiarezza solare che si tratta di un problema che riguarda l’intera umanità e che dalla stessa umanità globale va governato, se non ne vogliamo essere travolti. Un film del reale, semplicemente perfetto. Da far vedere nelle scuole di ogni ordine e grado. A cominciare da quelle di cinema. Ogni anno a Venezia, come tutti i frequentatori, immagino, attribuisco ad un film il mio personale leone d’oro. Sino a quest’anno non ha mai coinciso con quello attribuito dalla giuria principale. Forse è la volta buona che il mio Leone d’Oro, per il momento a questo film irrinunciabile, sia lo stesso di quello che verrà attribuito dalla prestigiosa giuria presieduta dalla deliziosa Annette Bening.

VALUTAZIONE SINTETICA : 10

SUBURBICON di George Clooney
(Usa, 104’, v.o. inglese s/t italiano) con Matt Damon, Julianne Moore, Noah Jupe, Oscar Isaac.

550x298_matt-damon--julianne-moore--and-josh-brolin-prepare-for-new-movie-suburbicon-7542.jpg

Da una sceneggiatura del fratelli Coen di quasi 20 anni fa, mai realizzata, George Clooney realizza questo ennesimo grande film da regista. Dove c’è tutto il sublime, velenoso, graffiante sarcasmo dei Coen, e tutta la riconosciuta maestria di Clooney. Che attira nei suoi progetti i massimi talenti disponibili. Da quelli tecnici a quelli attoriali. Il film rasenta la perfezione in tutti i settori. Coinvolge. Diverte. Fa ridere. E fa rabbrividire. Mette alla berlina i costruttori di muri per separare i “diversi”. E mette in guardia chi pensa che da una famiglia tradizionale non possano venire pericoli di sorta. Un raggio di luce, però, arriva dalle generazioni future. Imperdibile.

VALUTAZIONE SINTETICA : 8.5

FOXTROT di Samuel Maoz
(Israele, Germania, Francia, Svizzera, 113’, v.o. ebraico/arabo/tedesco s/t inglese/italiano) con Lior Ashkenazi, Sarah Adler, Yonatan Shiray.

samuel-maoz.jpg

Samuel Maoz nel 2009 si è portato via dalla Mostra di Venezia il primo premio, il Leone d’oro, per il miglior film, per “Lebanon”, un film molto singolare, totalmente girato all’interno dell’angusto abitacolo di un carro armato, con una ridottissima visibilità dell’ambiente esterno. Conferma con questo “Foxtrot”, uno sguardo originale. Una cura minuziosa dei particolari e delle inquadrature. Una talentuosa direzione di eccellenti attori. Con un sapiente uso di momenti di grottesca ironia che stemperano la tragicità degli eventi.

Curiosità : ho chiesto al regista il perché del suo particolare stile di ripresa, con l’uso delle iniziali inquadrature zenitali sulla disperazione sorda, che è sembrato un espediente efficace. Ma poi lo stesso tipo di riprese viene utilizzato anche in altri contesti, perché? E poi i momenti surreali che sono di rottura della tensione e che sono sembrati particolarmente adatti a cambiare il mood. Samuel Maoz mi ha così riposto : “nelle sequenze militari la leggerezza. Non ho un interesse a fare un film realistico, il blocco militare è un microcosmo della società. Una società apatica. Viene da un passato terribile. L’ultima scena è un climax di una situazione malsana che peggiora sempre. Il funerale parla di negazione, nascondere quello che facciamo. Ho fatto questo in modo surreale e teatrale. Perché non volevo che il pubblico accettasse la cosa in sé, ma la vedesse nella sua visione di insieme come una allegoria. Prima di tutto il film è un puzzle filosofico che cerca di rompere il concetto del destino. Che è il tema centrale del film. Queste inquadrature zenitali esprimono proprio questo”.

VALUTAZIONE SINTETICA : 8

THREE BILLBOARDS OUTSIDE EBBING, MISSOURI di Martin McDonagh
(Gran Bretagna, 110’, v.o. inglese s/t italiano) con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish, John Hawkes, Peter Dinklage.

07-frances-mcdormand.w710.h473.jpg

Grande film questo di Martin McDonagh. Con una grandissima prova attoriale di Frances McDormand, in odore di Coppa Volpi e di (quasi certa) nomination agli Oscar. In un ruolo tostissimo, di una madre che non si rassegna alla mancata individuazione e cattura di chi mesi addietro le ha stuprato, ucciso e bruciata la figlia adolescente. E che non fa sconti a nessuno (neanche ai sacerdoti, fa una delle più fulminanti ed efficaci arringhe anti preti pedofili degli ultimi anni). Tensione. Drammaticità. Sarcasmo al vetriolo. Ma anche ironia irresistibile. Da non perdere.

VALUTAZIONE SINTETICA : 8

JIA NIAN HUA (ANGELS WEAR WHITE) di Vivian Qu
(Cina, Francia, 107’, v.o. mandarino/inglese/francese/italiano s/t inglese/italiano) con Wen Qi, Zhou Meijun, Shi Ke, Geng Le, Liu Weiwei, Peng Jing.

angels-wear-white.jpg

Interessante questo film cinese. Che ci fornisce uno spaccato desolante di questo grande paese in velocissima trasformazione. Fuori del mainstream imperante, ci fa sperare che anche nel grande paese asiatico si comincino a formare pubblici che richiedono qualcosa di diversa dalla omologazione.

Curiosità : ho chiesto alla regista : “il quadro della Cina che vien fuori dal film è di un paese dove non c’è al certezza del diritto e c’è invece una desolante illegalità diffusa. Cosa rappresenta la fuga di Marilyn parallela a quella della protagonista?”. Questa la risposta di Vivian Qu : “La Cina anche gradualmente progredisce verso un paese di diritto, contemporaneamente incontra dei problemi. Che non ho evitato. La attrice Shi Ke, che ha interpretato la avvocatessa, è un personaggio coraggioso. Avevano realizzato una grande statua di Marilyn in un villaggio locale, che dopo 6 mesi avevano rimosso. Mi sono fatta ispirare da questo episodio per un parallelo di serendipity con la vicenda della protagonista”.

VALUTAZIONE SINTETICA 7,5

THIS IS CONGO di Daniel McCabe
(Congo, 91’, v.o. inglese/francese/swahili/lingala s/t italiano/inglese).

imgresize.jpg

Della Repubblica Democratica del Congo non ne parla nessuno. Se non qualche fulmineo flash di tg per gli eccidi di maggiore portata. Il paese è rimosso. Forse perché l’occidente, che ha fatto milioni di morti nel paese e che tuttora ne sfrutta con logica coloniale le straordinarie risorse minerarie (in pratica la quasi totalità del “coltan” che sta nelle tasche di ognuno di noi, nei nostri telefonini, viene da questo martoriato paese). Daniel McCabe, che faceva il fotoreporter, si è convinto che il Congo è un paese da raccontare e da far conoscere. Ci ha messo 5 anni. E ci è riuscito. Cogliendo l’anima ossimorica di una straordinaria bellezza e rigogliosità naturale congiunta con una spietatezza inimmaginabile.

Curiosità : il film mostra in particolare le zone del nord est del paese, attorno al lago Kivu, ai piedi dei vulcani Virunga, unico posto al mondo dove sopravvive il gorilla di montagna. Zone che ho più volte visitato. Ed ho potuto quindi riconoscere nel film le straordinarie e spettacolari manifestazioni vulcaniche superficiali lungo la strada che dalla Ruindi porta a Goma, una lunga e sconnessa strada che in genere si evita con un piccolo aereo, ma che io ho avuto l’avventura di percorrere in auto. Viaggio lungo e scomodo, ma che ti dà la possibilità di ammirare queste bellezze da vicino.

Curiosità due : ho chiesto al regista : “se, come appare, tutto quello che si vede è cinema del reale, ci sarà voluto molto tempo per poter cogliere tanti episodi così significativi, aspettando che accadessero in realtà davanti agli obiettivi delle camere. E sarà stato anche piuttosto pericoloso, dato che spesso si è al centro di momenti di guerra guerreggiata”. Il regista mi ha confermato che tutto è reale. E che effettivamente ci è voluto moltissimo tempo per cogliere questi momenti. E che è stato davvero pericoloso. Avendo beccato una pallottola per ben due volte.

VALUTAZIONE SINTETICA : 8

SANDOME NO SATSUJIN (THE THIRD MURDER) di Kore-eda Hirokazu
(Giappone, 124’, v.o. giapponese s/t inglese/italiano) con Fukuyama Masaharu, Yakusho Kōji, Hirose Suzu.

sandome-no.jpg

Notevolissimo film giapponese. Che comincia come un noir classico, senza dubbi, sin dalle prime inquadrature e con la confessione dell’assassino. Ma poi diventa un film fascinoso sul concetto di verità. O meglio sulle tante sfaccettature della verità. Diversa a seconda dei punti di vista. Dipanare l’articolato puzzle è esercizio che fa bene alla mente ed all’anima. E dà soddisfazione allo spettatore attento.

VALUTAZIONE SINTETICA : 7.5

OUTRAGE CODA di Kitano Takeshi
(Giappone, 104’, v.o. giapponese/coreano s/t inglese/italiano) con Beat Takeshi, Nishida Toshiyuki

Takeshi Kitano chiude la 74esima Mostra.

La 74-esima Mostra di Venezia chiude con un Kitano doc. Un vero classico. La conclusione della trilogia “Outrage”. Un film “Yakuza” praticamente impeccabile. Avvincente. Coinvolgente. Spettacolare. Che si chiude con un grande finale da samurai. E che ci comunica con grande chiarezza che Kitano, a 70 anni, è a una svolta, abbandona i film sui gangster e si prepara a sorprenderci con nuove sperimentazioni e nuovi temi.

Curiosità : ho chiesto al regista “Maestro Kitano, lei è sempre accolto con grande successo e favore a Venezia. Che importanza ha avuto per lei Venezia? Quanto La Mostra ha dato a Kitano , e quanto Kitano ha dato a Venezia?”. Takeshi Kitano così mi ha risposto :

“i miei film non venivano considerati in Giappone. Mi dicevano che ero un regista da poco. Avevo avuto un grave incidente stradale e venivo considerato finito. Ero molto depresso. E allora al festival del cinema di Venezia ho avuto questo fantastico premio (il leone d’oro per “Hana Bi”, 20 anni fa esatti, ndr.) e mi sono rialzato in un lampo. E la mia carriera , grazie alla Mostra del cinema di Venezia è diventata grande. Senza Venezia non avrei potuto ricostruire la mia carriera. Numerose sono state le presenze qui a Venezia. Tutte le volte sono semplicemente grato”.

VALUTAZIONE SINTETICA : 8

Catello Masullo

Article précédentL’Europa tradita, di Antonio N. Augenti
Article suivantVenezia Cinema 74esima. Considerazioni sui film premiati.
Catello Masullo
Catello Masullo, giornalista, membro del Sindacato Critici Cinematografici Italiani, direttore responsabile della testata giornalistica Il Parere dell'ingegnere, presidente del Cinecircolo Romano e redattore della sua testata QUI CINEMA (https://www.cinecircoloromano.it/category/qui-cinema-on-line/ ), direttore artistico del Premio Cinema Giovane & Festival delle Opere Prime, Presidente della Giuria PREMIO DI CRITICA SOCIALE VENEZIA 2015-2016-2017-2018-2019 (membro della giuria nel 2014) (premio Collaterale riconosciuto dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia), membro della Quinta Commissione di Revisione Cinematografica della Direzione Generale per il Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in qualità di esperto di Cinema (dal 2009 al 2016).

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.