Quer pasticciaccio brutto del proporzionale pseudo tedesco.

Alla fine il PD si è arreso all’evidenza che nessun accordo era possibile per una riforma elettorale che avesse un largo consenso e fosse maggioritaria, se non cedendo alla richiesta di Grillo e Berlusconi di tornare al proporzionale. Una iattura per un Paese che, appena pochi mesi fa, avrebbe potuto modernizzarsi con un’efficace riforme elettorale ed una importante riforma costituzionale. Come previsto, si torna 40 anni indietro e chissà quanti anni il Paese dovrà attendere per mettersi al passo con le altre democrazie occidentali.

Noi l’avevamo detto che occorreva far vincere il referendum costituzionale. Se quel referendum fosse passato avremmo avuto una democrazia più moderna ed oggi un sistema maggioritario che avrebbe garantito il pluralismo e governi capaci di prendere decisioni e di eseguirle.

Purtroppo, la gran parte dei nostri connazionali, nella foga di abbattere “l’uomo forte” Renzi, ottusamente, non hanno dato ascolto a fior di intellettuali, ad uomini di provata onestà ed obbiettività, preferendo l’ammucchiata di Berlusconi, D’Alema, Grillo, Salvini ed altri che di quel referendum vollero fare la loro rivincita personale.

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E’ cosi. Storicamente gli italiani, come dice lo scrittore Giuseppe Culicchia, amano l’uomo forte, salvo poi fare ogni trama per abbatterlo, non concedendogli alcuna fiducia.
Una cecità, quella sul referendum, che oggi ci costa caro e che ha indotto a delle domande sulla democrazia. Il migliore dei sistemi, ma che richiede un corpo elettorale, informato, capace di andare oltre i propri meschini interessi, i propri rancori, le proprie passioni e che dovrebbe essere teso, per puro senso civico, oltre che ai propri interessi a quelli della comunità.

Ora che il dado è tratto, eccoci tornati indietro nel tempo. Gli italiani dovrebbero ricordare che appena negli anni novanta, non un secolo fa, votarono con referendum a stragrande maggioranza, per modelli maggioritari e contro le preferenze, che da sempre sono stati veicoli di corruzione e clientele. Irrazionalmente, con il voto del 4 dicembre, la nostra gente ha deciso di tornare indietro.

L’appello di Mattarella affinché si sbloccasse la questione del sistema elettorale, dopo il parere della Consulta, sostanzialmente sfavorevole all’Italicum, è stato recepito. Avesse potuto, ma da arbitro non poteva, Mattarella avrebbe anche detto della sua preferenza per il maggioritario (non a caso da parlamentare firmo’ un sistema elettorale sul modello delle amministrative che da lui prese il nome di “Mattarellum”).

Il PD, che resta convinto della necessità di un sistema maggioritario, ha provato ogni via per garantire almeno un po’ di maggioritario, riproponendo vanamente il Mattarellum e poi un sistema misto al 50 e 50% tra proporzionale e maggioritario, ma davanti alla ferma richiesta di proporzionale di Forza Italia e Grillo, ancora una volta uniti nella lotta con la sinistra conservatrice di Bersani, alla fine ha ceduto a favore di un sistema pseudo tedesco (pseudo perché i “correttivi” imposti dalla mediazione lo snaturano profondamente) nel nome di una legge elettorale che fosse la più condivisa possibile nel parlamento.

Dal Corriere della Sera Veltroni, di solito vicino a Renzi, ha criticato la scelta del PD e del suo segretario. Apparirebbe difficile non dargli ragione: Cosa puo’ uscire da un sistema cosi? L’ipotesi più probabile è che avremo alcuni anni d’ingovernabilità, essendo anomalo il nostro sistema tripolare, peraltro la soglia di sbarramento del 5% dovrebbe ridurre quei partiti “cespuglio” che in sistemi proporzionali vengono utili per la formazione di governi di coalizione.

Quindi l’ipotesi è che si verifichi proprio la cosa peggiore. Un paese che va ad impaludarsi nuovamente bloccato in una stagnazione politica, che giocoforza in assenza di governo e di decisioni, diverrà una stagnazione economica che porterà ad una nuova recessione con probabile crisi delle imprese e dell’occupazione, proprio ora che la ripresa appariva tangibile, con l’Italia che nella crescita ha sopravanzato anche la Francia.

L’altra ipotesi, ma molto remota, è quella di una vittoria dei 5 Stelle con la possibilità di fare un governo con i populisti a loro più simili, ovvero la Lega Nord e Fratelli d’Italia (qualora superassero la soglia minima richiesta). Appare tuttavia un’ipotesi davvero remota. In realtà Grillo è consapevole che come insegna Roma, il suo movimento non è capace e non ha programmi seri e fattibili per assumere una responsabilità di governo. Si dirà che a Torino non governano male, ma Torino non è Roma e poi era un Comune sostanzialmente già in salute dopo venti anni di amministrazione della cosiddetta sinistra.

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Ipotesi più plausibile è una grande coalizione tra PD e Forza Italia, una sorta di Nazzareno bis. Questa possibilità ha qualche chance in più, perché i due partiti hanno una maggiore cultura della responsabilità politica e del senso dello Stato, anche se Berlusconi ha già dichiarato che mai farà accordi, dopo le elezioni, con il PD. Tuttavia, si fatica, visto la nostra recente storia, a dare alle sua affermazioni il valore di “parole di re” e quindi potrebbe ancora una volta smentirsi un’ora dopo il voto.

Veltroni, sempre nell’intervista al Corriere, pone una questione politica. Il PD di Renzi il rottamatore era sulla linea di modernizzazione della sinistra, processo di cui proprio Veltroni fu l’antesignano, mirando ad una profonda riforma del Paese, che si nutriva di valori non tipici della vecchia sinistra, quali il merito, l’iniziativa individuale e per un processo di innovazione che dalle scuole al lavoro avrebbe dovuto finalmente metterci in linea con le più moderne democrazie occidentali.

Sarebbe mai possibile cio’ in un’alleanza con una destra che ancora è sottoposta a padron Silvio? Non c’è il rischio di mettere in crisi la nostra democrazia dando ulteriori argomenti ai populisti ed in particolare a populisti pericolosi come M5S, che fin qui non ha dato esempi di efficacia amministrativa (e nemmeno di particolare illibatezza sotto il profilo penale), che appare privo di credibili programmi, che ha una discutibilissima maniera di essere democratica (non si sbaglia molto a dire che di fatto M5S è una proprietà di Grillo e del figlio di Casaleggio). Se un giorno arrivassero al potere, siamo sicuri che vivremmo ancora in una democrazia?

L’obbiezione di Renzi è che lui avrebbe preferito il maggioritario, ma che al Senato non c’erano i numeri per approvarlo. Il PD è l’unico partito responsabile, gli altri non hanno voluto assumersi responsabilità e non erano favorevoli al maggioritario (se non a chiacchiere, come sempre), e quindi…o cosi o pomi.

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Una via rischiosa. In primis perché il nostro paese soffre di un’informazione di massa che è rimasta sostanzialmente nelle mani del vecchio establishment (quello precedente all’arrivo di Renzi) che naturalmente tira con la Rete 3 la volata ad una sinistra conservatrice ed inconsistente ma che marca molte presenze in quel canale, ed anche tutta l’informazione televisiva da Mediaset alla grillina La 7, che concentrano tutti i santi giorni il loro fuoco nell’interesse della vecchia politica e quindi contro il PD.

Va pero’ detto che, paradossalmente, il ritorno al proporzionale ridarà voce e fiato ai partiti, riaprendo una strada della politica che sembrava superata dai rabbiosi processi di antipolitica che si sono determinati negli ultimi anni. I nostri cittadini avranno finalmente capito che respingendo la riforma costituzionale, hanno ridato fiato e potere a quella partitocrazia che giuravano di odiare.

Certo, Veltroni ha ragione, con il proporzionale ritornano gli inciuci politici se il voto avrà le preferenze si tornerà (già penso al mio sud) alle clientele, tutta una roba che Renzi e soci avrebbero voluto se possibile cancellare. Ci si dovranno riorganizzare i partiti sui territori secondo i vecchi e collaudati schemi di una volta con l’aggiunta della rete, con tutte le sue insidie e disinformazioni.

Per alcuni anni, forse molti anni, l’Italia dovrà dire addio alla modernizzazione, alla stabilità (non che se ne abbia avuta molta), alla possibilità di avere governi efficaci, ma come suol dirsi: “Dio lo vuole”. O se non è Dio potremo allora ricordare che: “Vox populi, vox dei” e il 4 dicembre il popolo ha detto…purtroppo.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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