1837, Balzac nel salotto milanese della contessa Clara Maffei: aneddoti, curiosità e pensieri inediti

La presenza di Balzac nel salotto della contessa Maffei via Bigli a Milano è un’ulteriore conferma della solidità delle relazioni culturali italo francesi sette-ottocentesche e dell’importanza che assunsero, anche in Italia, i così detti «salotti letterari»: luoghi di aggregazione, confronto e incontro di politici, scrittori, poeti e artisti della scena nazionale e internazionale. L’articolo riassume di maniera critica i contenuti del Cap. IV dell’opera Il salotto della contessa Maffei e la società milanese (1834-1886)[[Si precisa che i passi in francese trascritti dall’omonima opera sono stati oggetto di revisione linguistica poiché recanti errori di battitura.]] di Raffaello Barbiera, pubblicata nel 1895 a Milano dai Fratelli Treves.

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Elena Chiara Maria Antonia Carrara-Spienelli figlia di Ottavia Gambara, contessa di Casato bresciano e discendente della poetessa Vittoria Gambaro, nacque il 13 Marzo 1814 a Bergamo e morì a Milano il 13 Luglio del 1886. Clara si recò per la prima volta nella capitale lombarda in seguito alla morte della madre, raggiungendo il padre e terminando gli studi nel collegio di Mme Garnier. A diciotto anni sposò il conte, poeta e traduttore, Andrea Maffei dal quale nel 1834 ebbe una figlia che morì prematuramente. Nello stesso anno il padre e il marito, nel tentativo di migliorare l’umore della loro adorata, chiamarono a sé i poeti e i letterati «più in voga» del tempo dando luogo ai primi ricevimenti nel salotto della contessa.

Di Francesco Hayez, Ritratto di Clara Maffei

«Il salotto in Italia, nacque per il semplice culto del bello e dell’amore: in Francia nacque in opposizione alla Corte, formando una società temibile a parte. Ma anche l’Italia, anche Milano ebbe salotti temibili e temuti: quello della matronale dotta detta contessa Clelia del Grillo (…) e quello della contessa Maffei, specialmente nel periodo della resistenza patriottica dal 1819 al 1859. Tutti e due questi salotti milanesi furono in opposizione al dominio d’Austria.»

Furono moltissimi i grandi letterati e patrioti dell’Ottocento della scena nazionale e internazionale che fecero visita alla contessa Maffei: Manzoni, Francesco Hayez, Daniele Stern, Francesco Litz, Filippo Filippi, Fortuné François, Thalberg, Giuseppe Verdi Cavour, Manzoni, Paolo Mantegazza, Francesco Dall’Ongaro, Luigi Capuana, Matilde Serao, Giovanni Verga e molti altri.

Fra gli illustri intellettuali che ne varcarono la soglia vi fu anche lo scritture, drammaturgo, stampatore, giornalista e saggista Honoré de Balzac del quale Raffaello Barbiera ricorda aneddoti e peculiarità.

Tutto ebbe inizio da un biglietto che la contessa ricevette da parte dell’amica parigina Fanny Sanseverino Porcìa (sorella del principe Alfonso Serafino) nel quale le annunciava l’arrivo a Milano, e nel suo salotto, di Honoré de Balzac in compagnia di Teofilo Gautier, tracciando di entrambi un divertente ritratto:

«Se lo immagina forse grande e snello, pallido e scarno, con una di quelle fisionomie che sono già un’ispirazione, una poesia? Si guardi, veh, da così bella aspettazione! Egli è un uomo piccolo, grasso, paffuto, rotondo, rubicondo, con due occhi però negri e scintillanti fuoco nel dialogo, il fuoco della sua penna. E sa ella chi lo accompagna?…Un paggio come nel “Laura” di Byron, un giovinetto dalla voce soave, dai movimenti dolci e molli…una donna infine!…»

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Balzac arrivò a Milano il 19 Febbraio 1837 non ancora trentottenne e registrandosi presso la polizia come «possidente». Defendente Sacchi, redattore della parte letteraria della «Gazzetta privilegiata di Milano» lo accolse con le seguenti parole:

«La nostra città accoglie da due giorni fra le sue mura il signor Balzac, lo scrittore francese che in pochi anni fece il maggior numero di opere che descrivono in ogni maniera la vita dell’uomo e la società: quello ch’è anche il più popolare fra di noi, perché i suoi scritti corrono nelle mani di tutti in originale e tradotti. Esso viaggia in Italia per raccogliere materiali onde scrivere le campagne de’ Francesi nella Penisola. Questa notizia tanto più ne riesce gradevole, perché siamo certi che il genio di Balzac avrà dal nostro cielo le sue più belle ispirazioni»

Barbiera precisa però che in quei giorni a Milano facesse un tempo terribile e che il fine di Balzac non sembrasse per niente quello di raccogliere documenti di storia militare, ma piuttosto quello di concludere una questione amministrativa con il conte Emilio Guidoboni-Visconti relativamente ad un’eredità. Balzac all’epoca scriveva e stampava e, a detta di Barbiera, era pieno di debiti a causa di speculazioni non andate a buon fine. Aleggiò perciò attorno a Balzac un forte scetticismo relativamente alle sue capacità di risolvere le altrui questioni amministrative e, come se non bastasse, i suoi propositi parvero fin da subito ben altri:

«Si vide alla Scala il vero e autentico Balzac. Egli passava di palco in palco corteggiatore corteggiato; e allora, nella semioscurità dell’ampia sala, mentre sul palcoscenico piroettava un ballo “di mezzo carattere” “I promessi sposi”, si rinnovò la scena del granatiere».

Il salotto della contessa Clara Maffei

La contessa Maffei lo accolse entusiasticamente nel suo salotto presentandolo ai familiari, alle amiche e agli amici fra cui Ferdinando De Lugo, lo scultore Alessandro Puttinati e la poetessa Giulietta Pezzi di Milano. Egli rimase affascinato da Clara Maffei per la quale provò fin da subito un sincero affetto. Allo scrittore però, abituato all’effervescenza parigina, non piacque Milano; la città sembrava renderlo di umore cupo e triste, salvo i momenti in cui era accompagnato dalla Maffei e dalla Pezzi che era solito chiamare l’ange.

«Punto felice, egli domandava se a Milano si era felici.

– Est-on heureux à Milan?

– Oui, gli fu risposto.

– Qu’est-ce qu’on fait après minuit?

– On dort.»

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Nonostante le grandi quantità di caffè di cui faceva uso, aveva l’abitudine di addormentarsi nel pieno di una conversazione e di sprofondare in lunghi silenzi di riflessione; generalmente preferiva ascoltare più che discorrere, rompendo di tanto in tanto in una rumorosa risata. Un’altra sua caratteristica, ricordata dal Barbiera, era quella di accennare continuamente «no» con la testa.

L’autore riporta in seguito due riflessioni del romanziere sulla natura umana, scritte rispettivamente sugli album di Giulietta Pezzi e di Clara Maffei in segno di gratitudine.

«De même que chez la nature humaine, l’âme triomphe de l’enveloppe et finit par embellir les plus grossières des forme, et qu’ainsi le masque le plus bas peut devenir sublime ; de même l’art peut et doit se faire cours malgré les conditions les plus difficiles, et triomphe des données les plus absurdes. Socrate, de qui la figure était hideuse, a fini par atteindre la plus haute expression de beauté ; et Michelange a fait une admirable statue avec la poussière…»

«Rien ne ressemble plus à la vie humaine que les vicissitudes de l’atmosphère et que les changements du ciel. Le temps est le fond de la vie, comme la terre est le fond sur lequel agissent les intempéries et les beautés du soleil et des saisons. Tantôt, il arrive des journées splendides, pendant lesquelles tout est azur et fleurs, verdure et rosée ; tantôt, des clairs-obscurs, où tout est piège et doute dans la nature: puis de longues brumes, des temps lourds, des nuées grises. La plupart des hommes ont une pente qui les porte à s’harmoniser avec cette instabilité de l’air ; mais pour ceux qui se réfugient dans le domaine moral et qui ne comptent pour rien tout ce qui n’est pas la vie de l’âme, il peut toujours faire beau dans le ciel. Le souvenir est un des moyens qui peuvent nous aider à rendre l’air pur et faire briller le soleil dans notre âme. 24 Avril 1837»

Nonostante l’evidente attrazione verso le donne, il romanziere non viene descritto da Barbiera come un volgare donnaiolo ma al contrario come un uomo «raffinato» che ricercava le attenzioni e «le carezze della devozione» della signora Maffei, la quale capì ben presto che l’unica donna che l’illustre amico amava realmente era la contessa Hanska, alla quale esprimeva, nelle lettere da Milano, il suo desiderio di rivedere il cielo francese. La contessa e Balzac erano quindi diventati confidenti e quando egli si lasciò sfuggire delle critiche nei confronti dei romanzi italiani ella soffrì molto, mentre in tutta Milano, e anche oltre, si alzarono critiche e proteste verso lo scrittore.

Anche quando si recò a Venezia egli, ospite della contessa Soranzo, azzardò giudizi non del tutto positivi sui Promessi Sposi che definì «fiacchi d’ordito», parlando ugualmente dei romanzi di Massimo d’Azeglio e di Tommaso Grossi che all’epoca riscuotevano molto successo. A Milano corse la voce di quanto detto da Balzac presso la contessa Soranzo innescando una serie di invettive giornalistiche dirette a svalutare le opere del romanziere, definite aspramente come «frutto d’una musa corrotta e corruttrice». La Fama, giornale teatrale di Milano, riuscì a punire lo scrittore anche senza nominarlo attraverso una critica rivolta ai «viaggiatori letterati» che si presentavano «acconciati da Child-Harold», senza un soldo in tasca e nascondendo dietro la loro apparenza di artisti la natura di malviventi.

Auguste RODIN, Monument à Honoré de Balzac, 1898, musée Rodin Paris.

Alessandro Puttinati, che era solito ritrarre di piccole dimensioni le più autorevoli personalità dell’epoca fece lo stesso di Balzac ritraendolo in vestaglia da camera, come lo scrittore lo aveva accolto nel suo alloggio. L’abito di Balzac alimentò i pettegolezzi del Caffè Martini al quale però non venne mai rivelata un’importante verità sull’autore: il «de», che nobilmente anteponeva al suo cognome, era appartenuto ad un certo De Balzac, anch’egli scrittore, morto nel 1655 con il quale Balzac non poteva rivendicare però alcun tipo di nobile discendenza.

Il romanziere, interessato all’arte, visitò Brera assieme alla contessa Maffei, ammirò le somiglianze gotiche francesi della cattedrale e giunse fino al santuario di Saronno per ammirare gli affreschi di Bernardo Luini. Lavorò assiduamente e iniziò a scrivere Mémoires de deux jeunes mariées. Sembra che la contessa, in quanto discendente per parte di madre dei Gambara di Brescia, abbia inoltre suggerito allo scrittore il titolo del racconto Gambara che uscì nel 1837, lo stesso anno del suo soggiorno milanese.

Balzac nel novembre 1838, poco dopo la sua partenza da Milano, in una lettera rivolta all’amica Clara Maffei la elogiò, ricordò lo scultore Alessandro Puttinati, la polemica con la contessa Sanseverino, la commedia Vautrin e i frequentatori del salotto Maffei, porgendo in conclusione una parola di saluto a Pompeo Marchesi e «Bonf», intendendo il dottor Tarchini-Bonfanti.

«Merci, cara, de la page, embaumée par le souvenir, que vous m’avez envoyée, et qui m’a délicieusement rappelé votre bien aimé salon et les soirées que j’y ai passées et celle que vous appelez familièrement “la petite Maffei” et qui occupe une trop grande place dans ma mémoire, pour que je me permette cette expression, (…)

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Vous ne m’avez rien dit de Puttinati : Je l’ai donc tant effrayé qu’il n’est pas venu me voir un matin à son retour de Londres ? Dites-lui combien il a eu tort, car j’avais pensé à lui pendant sa fugue à Londres, et il a été trop discret avec quelqu’une qui l’avait mis si fort avant dans son cœur pendant notre voyage raboteux.

La colère, dont je ne sais les motifs et sur laquelle m’a fait rester la comtesse Sanseverino est-elle calmée ? Elle m’a accusé de ne pas aimer l’Italie au moment où je travaille à une œuvre intitulée Massimilla Doni et qui fera tressaillir plus d’un cœur italien. Mais je suis si accoutumé aux injustices, que celle d’une jolie femme ne m’émeut plus : j’ai un durillon sur le cœur à cet endroit tant on y a frappé. D’ailleurs, je trouve fort impertinentes les gens, qui me proclament un homme profond et qui veulent me connaître en cinq minutes. Entre nous, je ne suis pas profond : mais très épais, et il faut du temps pour faire le tour de ma personne. C’est une promenade qui lasse : mais je ne dis pas cela pour elle.

La comédie, que je méditais à Milan tout en sirotant votre thé et vaguant pas les roues, est achevée : j’entre, dans une quinzaine, en répétition, mais dans un si profond incognito que ce ne sera pas le secret de la comédie. (…) Je suis allé dans ma douce Touraine ; il a fallu dire adieu à mon voyage d’automne ; je ne reviendrais en Italie qu’au printemps, car je veux voir la Semaine Sainte à Rome (…) Rappelez-moi au souvenir des hôtes de votre salon : Lugo, Dolcini, la Giulietta Pezzi et tutti quanti, sans oublier de mettre mes obéissances aux pieds de la piccola Maffei (…) Il y a des jours où je rêve de la cathédrale de Milan et du tableau de Raphael, que nous avons été voir ensemble (…) N’oubliez pas de me représenter au Cavalier Maffei, et faites dire à l’éditeur de je sais quel journal à qui j’ai promis la version corrigée du Lys dans la vallée pour la traduire, que ce ne sera prêt que dans le premier mois de l’année prochaine, car ce ne sera imprimé que pour cette époque (…) Je n’ai point oublié Piazza, ni Bonf…Enfin Pompeo Marchesi aura quelque jour de mes nouvelles ; mais j’ai eu tant à faire…»

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Concludendo, nel 1842 Balzac dedicò alla contessa Maffei il racconto La fausse Maitresse, allo scultore Puttinati La Vengeance, alla contessa Sanseverino Procìa Les Employés ou la femme supérieure e al principe Porcìa Spendeurs et misères des courtisanes. Infine per la contessa Bolognini-Vimercati scrisse Une fille d’Eve anteponendo al testo la seguente dedica: «Vous voyez que si les Français sont taxés de légèreté, d’oubli, je suis Italien par la constance et le souvenir…», sulla quale, ahimè, ci sarebbe ancora molto altro da raccontare…

Giulia Del Grande

Università per Stranieri di Perugia

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Giulia Del Grande
Giulia Del Grande, toscana di origini, dopo una lunga permanenza in Francia, dal 2018 risiede stabilmente a Copenhagen. Dopo aver ottenuto la laurea in Relazioni Internazionali ha specializzato la sua formazione nelle relazioni culturali fra Italia e Francia in epoca moderna e contemporanea lavorando a Bordeaux come lettrice e presso varie associazioni e istituti del settore, svolgendo, in ultimo, un dottorato in co-tutela con l'Università per Stranieri di Perugia e quella di Toulouse 2 Jean Jaurès. Collabora con Altritaliani dal 2016.

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