A Sara. Non sarà più come prima quel tragitto lungo la via della Magliana.

Non sarà più la stessa cosa, non potrà più esserlo.

Raccoglierò quell’odore acre e pungente che lascia il fuoco e lo porterò con me, indelebile, come ferita pulsante nella mente. E percorrere quella strada, tutte le mattine per arrivare al lavoro, non sarà più, davvero, la stessa cosa. Mescolato alle chiacchiere di bimba, alle pagine di sussidiario da ripassate in macchina, alla vita che procede, ritornerà la presenza di quell’odore denso e pesante, amaramente riconosciuto e percepito attraverso un finestrino socchiuso. E insieme il ricordo di lei, i suoi lunghi capelli biondi. Cuore di ragazza, coraggiosa e inconsapevole.

E ancora lo sgomento e la tragedia avranno il sopravvento. Ancora a raccontare, a raccontarci, di una vita andata, persa, senza ritegno e vergogna, per mano di chi, violentissimo e senza affetti alcuno, si decide giustiziere e vittima di un torto pretestuoso subito. Pensiero malato, follia ceca. Chiusi gli occhi, l’altro non esiste. Non esiste nemmeno se urla per strada a chiedere disperatamente aiuto.

Ci diremo ancora che quello non era amore, che amore non concede spazio alla truffa, all’inganno, alla sopraffazione. L’amore cura e protegge e, se è il caso, sa lasciare andare. Quello era niente, mascherato da qualcosa.

Sara Di Pietrantonio

Una ragazza morta sul ciglio della strada, morta in quel modo, come si può sopportare? Cosa dobbiamo ancora imparare? Che cosa non abbiamo capito?

Dobbiamo sapere e non lasciare che il suo sacrificio resti vano. Dobbiamo sapere e non lasciarci confondere. Quanta forza richiede questo? Quanta consapevolezza di se? E allora io chiedo scusa.

Chiedo scusa per tutte le volte che non ho reagito, per tutte le volte che ho lasciato che sia, che ho permesso una battuta, una provocazione di troppo. Chiedo scusa per non aver sbattuto la porta in faccia e non aver trovato una parola per oppormi all’allusione. Per il mio impaccio e la mia confusione. Per non aver voluto vedere e affrontare da subito i tentativi, sporchi e grotteschi, di controllo e di offesa.

Chiedo scusa a Sara Di Pietrantonio e a tutte le altre donne vittime di questo smisurato orrore per la mia mancanza di coraggio, per non avere imparato dal loro dolore che se si concede spazio alla minima violenza si accorda tacitamente un lasciapassare che non ha diritto di essere, a chi considera le donne, l’altro, puro possesso e distrazione. A chi vive o sopravvive con il pensiero di :“ne faccio quello che voglio”, perché incapace di rapporti reali e più umani.

Chiedo scusa a me stessa e a mia figlia per non aver vigilato con attenzione e tutelato intensamente la mia dignità di donna e di essere umano.

Per tutte le volte che sono arrivata dopo perché non mi sono ascoltata abbastanza con affetto e considerazione. Tutte le volte che dovevo e non sono stata.

Ma chiedo scusa anche a quegli uomini, per non avergli insegnato che non si gioca, se l’altro non vuole giocare, che non si scherza e non si ride a senso unico. Per non avergli dimostrato e detto con parole dure e precise che c’è un limite oltre il quale non si può andare. Nulla si impara se nulla si insegna. L’odio per le donne, deve trovare un muro di disprezzo davanti a se. Non si lasci nulla allo scempio di chi proclama amore e, in fondo, coltiva spregio e umiliazione.

Non si lasci nulla all’odio delle donne verso le donne, traghettato con parole avvizzite, adatto allo scherno, per misurare l’altra con il centimetro del pregiudizio e del rancore.

E’ necessario, come una sconfinata esigenza, trovare parole delicate e affettuose per ricordare tutti i giorni, mille volte al giorno, a noi stesse che siamo. Siamo meritevoli di rispetto e amore, anche se, e soprattutto se, in lotta costante, spesso sole, tra le mille storie difficili e faticose di questa vita.

Non sarà più come prima quel tragitto lungo la via della Magliana. Il mio pensiero andrà tutte le volte, ogni volta, come una promessa, ai suoi capelli biondi, alla sua bellezza, ai suoi pochi anni vissuti, delicati passi di danza sul mondo, su questo mondo che ancora non capisce e faticosamente ama.

Marina Mancini
Da Roma

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