Le Unioni Civili sono legge. Più diritti per tutti.

Per una volta l’aggettivo storico ci va tutto. L’approvazione delle Unioni Civili è un passo decisivo nella modernizzazione del paese. Come fu per la legge sul divorzio e per quella sull’aborto ha vinto il coraggio. Chi in parlamento ha detto si, ha servito la Costituzione, ha dato diritti ed eguaglianza a chi non ne aveva. Quali sono le novità e come ha reagito il quadro politico?

Nel nostro lessico ci sono due termini abusati: “golpe” e “storico”. Due termini da usare con cautela e che invece ad ogni passaggio politico vengono utilizzati impropriamente. L’opposizione parla di golpe ad ogni approvazione di legge del governo (buona o cattiva che sia), egualmente per l’aggettivo storico, che appare troppo spesso usato dall’esecutivo per qualsivoglia avvenimento.

Tuttavia, forse, in questo caso il termine « storico » non è eccessivo per l’approvazione delle Unioni Civili. Un fatto che è destinato a cambiare la vita della società italiana, un contributo alla modernità del paese che ad alcuni ricorda la vittoria del referendum sul divorzio o la conquista per le donne della legge sull’aborto.

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Una legge attesa da decenni, su cui la politica si era sprecata in promesse mai mantenute. Il governo Renzi (un cattolico), per evitare sorprese, ha posto la fiducia. “E’ un tema per il quale vale la pena rischiare la legislatura”, aveva detto il premier e, alla fine, con un voto anche trasversale, la legge è stata approvata. Vedremo poi come, su questo importante tema, il parlamento ha scelto e si è diviso. Ma intanto cosa cambia con le unioni civili? Si tratta di una legge che rende più uguali i cittadini venendo incontro ad uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione democratica.

Le novità.

Con la nuova legge, come già è per il matrimonio, si introduce per le coppie omosessuali l’obbligo reciproco di assistenza materiale e morale, nonché di contribuire insieme, secondo le proprie possibilità, ai bisogni comuni. Si garantisce la reversibilità della pensione ed il partner, dello stesso sesso, è equiparato al coniuge per i diritti di successione ereditaria. Diversamente dal matrimonio etero, non è previsto l’obbligo alla fedeltà (una mediocre concessione ai cattolici). Il partner puo’ assumere il cognome del congiunto o aggiungerlo al proprio (resta naturalmente la possibilità di mantenere il proprio), sono riconosciuti gli stessi diritti di assistenza delle coppie etero sposate come nel caso di carcerazione o ricovero ospedaliero; nonché il subentro nei contratti di affitto e puo’ il congiunto restare nella casa del partner anche dopo la sua morte. In caso di separazione (che prevede una procedura più semplice dei matrimoni ordinari) vi è la possibilità di chiedere gli alimenti al separando. Non vi è la stepchild adoption (dopo la rinuncia al sostegno operata di fatto dal M5S) che letteralmente sarebbe “l’adozione del figliastro”, in concreto è: “l’adozione co-genitoriale”. Il governo sembra voglia impegnarsi a riformare tutta la materia delle adozioni e riproporre in quella, la questione delle adozioni per i gay.

Va aggiunto che la legge introduce anche la figura dei “contratti di convivenza” per quelle coppie etero che desiderano maggiori tutele e diritti pur non essendo sposate. Si puo’ quindi dire che vanno prefigurandosi nuovi tipi di famiglia, venendo incontro ad una realtà sociale che appare profondamente mutata negli ultimi decenni. Alla base di queste famiglie non vi è più solo il matrimonio (civile o concordatario), ma anche le unioni civili e i contratti di convivenza.

L’Italia è il 27esimo paese d’Europa a riconoscere i diritti alle coppie omosessuali e di fatto. Si tratta di una cosa che è stata salutata a Roma con manifestazioni spontanee di tante coppie gay e di tanti cittadini. Una festa a cui hanno partecipato anche diversi parlamentari che hanno votato si, a cominciare dalla Cirinnà (PD) relatrice della legge, alla ministra Boschi che con pervicacia si è battuta perché si arrivasse ad un risultato spesso sperato ma fin qui mai raggiunto, anche a causa delle insidie del voto segreto. Il governo, rischiando molto, ha invece scelto di metterci la faccia conseguendo un risultato che sul piano dei diritti civili ha il peso storico che ebbero al tempo la legge sul divorzio e quella sull’aborto. Un vero segno dell’evoluzione dei tempi.

Ieri, il direttore del Fatto, Padellaro, ha commentato che più di questo non era possibile, e che il paese non è ancora pronto alle adozioni per i gay. Tuttavia la Boschi e la Cirinnà, rispondendo ad una destra, uscita sconfitta e divisa da questo voto e che già lancia la sfida di un referendum abrogativo, hanno reagito affermando che il prossimo passo deve essere quello delle adozioni e perché no, del vero e proprio raggiungimento del matrimonio civile come in Spagna o in Francia.

Paola Concia movimento lesbiche e Maria Elena Boschi festeggiano.

Grande festa quindi alla fontana di Trevi, illuminata dai colori dell’arcobaleno, festa in cui vi era di tutto, gay, cattolici, atei e finanche il deputato PD Khalid Chaouki notoriamente musulmano. Tanti esponenti di partiti e coppie omo, spesso con i loro bambini che attendono di essere riconosciuti da un parlamento che si senta sensibile alla Costituzione oltre che ai valori etici e religiosi. Un segno di modernità, di condivisione di diritti di allargamento dei nostri confini culturali, ma come hanno reagito le forze politiche?

Le reazioni dei partiti.

Il PD ha dimostrato in questo caso di essere compatto e coerente, resosi conto che sull’adozione co-genitoriale (dopo la sostanziale retromarcia del M5S) c’era il rischio di impantanare tutta la legge, ha preferito andare dritto al bersaglio grosso con la fiducia al governo ed evitando cosi, dopo due anni di discussioni, possibili agguati e ulteriori ritardi. Il premier Renzi parla, si puo’ dire a giusta ragione, di giornata storica e di festa per la nostra democrazia che finalmente appare anche più in linea con i parametri culturali delle società occidentali ed europee.

Gli alleati di centro. Scomparso dai radar la “stepchild adoption”, si sono arresi evitando di tendere ulteriormente la corda apparendo pero’ cosi, loro malgrado, un po’ più coerenti con la destra europea più liberale che, ad esempio, in Inghilterra si batte per i diritti dei gay. Ma più probabilmente si è voluto evitare, innanzi alla determinazione del governo e del PD, il rischio di una caduta dell’esecutivo con il conseguente sciogliere le riga in parlamento e quindi il probabile addio alla politica parlamentare per molti dei suoi esponenti.

A destra anche ALA di Verdini ha, coerentemente, con quando già fatto al Senato, confermato su questa legge la fiducia al governo, anche se nei numeri il loro voto non era decisivo.

Forza Italia. Ancora una volta diviso con diversi deputati che hanno votato si alla legge (De Girolamo, Carfagna, Polverini, Prestigiacomo ed altri), mentre erano e sono furibondi gli altri, specie quelli del comitato del “Family Day” che ora proporranno un referendum abrogativo e che giurano vendetta ad Ottobre quando si voterà per la riforma della Costituzione. Una vendetta trasversale dal sapore vagamento mafiosetto e che dimostra che la destra, finanche per i diritti civili, non riesce mai a dimenticare la sua ossessione contro Renzi per cui non si vota mai sul merito dei provvedimenti di legge, ma sempre a seconda se questa fa piacere o meno al nostro Capo del governo. Un segno di scarsa sostanza politica.

Cirinnà la legge ha il suo nome

M5S. Un po’ la stessa cosa vale per i 5 Stelle che ancora una volta perdono l’appuntamento con la storia, non decidendo mai. Prima il no comprensibile alla fiducia al governo, seguito poi da un’incomprensibile astensione sulla legge. Già al Senato, per la questione del “canguro” che avrebbe azzerato le mozioni dell’opposizione (spesso inutili e pretestuose), i grillini, contravvenendo a quanto precedentemente promesso, votarono contro, vanificando cosi le adozioni per i gay, poi questa astensione che è la fotografia di un movimento che a poche settimane dalle amministrative, dimostra la sua incapacità di assumere responsabilità, di fare scelte nette e chiare. Del resto chiarezza difficile da chiedere ad un gruppo che ha in sé i semi di tutto e del contrario, dal giustizialismo (a giorni alterni), al populismo fino alle scelte di allearsi in Europa con forze xenofobe e prossime ai fascisti.

La Lega Nord. Avrebbe potuto smarcarsi su questo tema, magari dicendo si, dimostrandosi una forza capace di comprendere la modernità dei nostri tempi, viceversa prima ha proposto una quantità mortifera di emendamenti spesso inutili e dannosi (se non ridicoli), come quello che proponeva di dare la libertà ai commercianti di non vendere alle coppie omosessuali, per poi allinearsi ai cattolici più duri nell’invocare il referendum abrogativo, mentre Salvini addirittura arriva ad invitare i sindaci leghisti a non rispettare la legge e a non celebrare le unioni civili.

E la Chiesa?

La Chiesa appare divisa. Da una parte c’è il Papa che probabilmente vorrebbe forse tendere una mano al mondo omosessuale ma allo stesso tempo c’è un clero che attraverso diversi rappresentanti schiuma rabbia. Ieri il segretario della CEI, Nunzio Galantino, implorava di non mettere la fiducia sulla legge, parlando di sconfitta per tutti. Oggi dalle colonne del Corriere, il teologo e arcivescovo Forte parla di svalutazione della famiglia e di sconfitta della democrazia. Ricordando da una parte che le unioni civili sono un tema etico sensibile e che quindi andrebbe lasciato alla coscienza di ogni parlamentare, ma dimenticando, dall’altra parte, che ci sono migliaia di cittadini che da sempre attendono di essere rispettati al pari degli altri come impone la nostra Costituzione.

Comunque sia, questa legge peserà molto anche nei futuri equilibri politici e fa dire che effettivamente allo stato, l’attuale governo, nato tra mille difficoltà, non legittimato da un voto popolare, ed in un contesto molto più complesso di quello affrontato da precedenti esecutivi, mette, ancora una volta, assegno una riforma che contribuisce a dare diritti e ad allargare i confini della partecipazione sociale di tutti e che infine, dà un’ulteriore spinta alla modernizzazione del Paese.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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