L’Italia alla ricerca di uno stile comunicativo condiviso.

La difficile narrazione comune del paese deriva da un problema d’incomunicabilità, o meglio da una differenza di comunicazione e di significato “dell’aulico-cancelleresco”, il burocratese double face a seconda se parliamo di nord o sud del paese. Una contrapposizione interpretativa tra il “formale” e il “sintetico-opaco”. Insomma alla base di tutto nella divisione italica c’è un problema di comunicazione.

Da quando è stata fatta l’Italia, il paese non è mai riuscito a creare una narrazione in comune nonostante gli sforzi iniziali dei primi governi con la mobilità militare o con l’obbligo della scuola primaria come spazio d’integrazione tra persone provenienti da ambiti famigliari differenti socialmente o geograficamente. Su questa incapacità, che conosciamo abbastanza bene, bisognerebbe forse indagare sulle motivazioni di natura culturale che rendono questo sentire comune molto difficile ma è auspicabile, in questo dato periodo storico, lontani da dispute ideologiche, che si arrivi ad una felice sintesi. Proverò a rispondere a questo bisogno cercando di analizzare le radici di tipo comunicative e non soltanto di ordine economico che vogliono il “settentrione come laborioso e il mezzogiorno come parassitario”.

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Dietro queste categorie economiche, si nascondono modi diversi di comunicare, inteso come la modalità di raggiungere uno scopo attraverso la messa in comune di elementi informativi. In altre parole, la mia tesi è quella di un Italia settentrionale che aderisce a grosse linee ad uno stile comunicativo di tipo “distante” e “ freddo” in difesa del suo bisogno di faccia “negativa”, vale a dire il bisogno di proteggere la sua faccia da intrusioni altrui e di mantenersi autonomi nel vivere quotidiano. Questo modus operandi necessita di uno stile comunicativo fondato sulla cortesia negativa, intesa come la qualità della comunicazione con l’interlocutore in linea con il « mio bisogno di difendere il mio operato ».

Lo stile “distante e freddo” segnala la non adesione immediata al bisogno di faccia positiva collocato nell’altro interlocutore. In modo particolare, questo stile, inteso come il modo preferito per raggiungere il nostro obiettivo comunicativo, si traduce al meglio nel Nord del paese con il termine “ formalità”, ossia tramite un forte apprezzamento nel “modo” di formulare i propri pensieri, in sintonia con un linguaggio di tipo burocratico-amministrativo che diventa per il parlante settentrionale il modo prediletto per evidenziare la sua efficacia e serietà.

Questo stile di tipo quasi “aulico-cancelleresco”, incentrato sulla “verbalità”, interpreta in un pessimo modo, a mio parere, l’idea della comunicazione contemporanea fondata sulla velocità e efficienza durante la trasmissione di contenuti comunicativi. Per quel che riguarda il parlante meridionale si potrebbe ipotizzare che una certa non familiarità con la lingua italiana di uso comune e in modo particolare con la lingua dello Stato, inteso come linguaggio amministrativo-burocratico, abbia avuto una doppia conseguenza, vale a dire da una parte un uso incomprensibile dell’italiano adoperato dall’amministratore verso il cittadino del mezzogiorno (quasi alla ricerca di impedirlo nei suoi diritti), mentre in altri casi abbiamo l’effetto contrario con una estremizzazione della semplificazione del linguaggio così brutale da risultare spesso modificabile a mio piacimento (quasi a volergli consentire anche azioni fuori dalle regole del consesso sociale).

Da questi due modi di interpretare la comunicazione nasce una grossa incomprensione tra i parlanti settentrionali e meridionali perché il primo tende all’eccesso di dettagli nella sua spiegazione, i quali vengono giudicati spesso come inutili da parte del parlante meridionale, il quale a sua volta per la sua scarsa o povera elaborazione dei concetti viene percepito come poco elegante e gretto nelle sue spiegazioni. La sua scarsità di elaborazione è il risultato di un orientamento ad una lettura molto sintetica e poco analitica dei fatti dove si mettono in rilievo soltanto le cose che hanno una rilevanza per la propria azione individuale (sia in termini di vantaggi che di svantaggi).

Sicuramente l’assenza di luoghi deputati alla diffusione di un italiano di uso comune di tipo “medio alto” ha avuto una grossa influenza nella diffusione di questo stile di tipo “sintetico-opaco”. La contrapposizione tra uno stile “formale” versus uno stile di tipo “sintetico-opaco” rappresentano i fondamenti delle differenze culturali tra il settentrione e il meridione d’Italia.

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Nel settentrione, il tasso di formalità e la possibilità di espansione di tale formalità rappresentano il modo di creare cortesia positiva tra i parlanti alla ricerca di riconoscimento tra di loro con questo stile comunicativo di tipo molto “ formale” ma non necessariamente efficace e moderno come invece richiede la modernità dei nostri tempi. Al contrario, lo stile “sintetico-opaco” è alla ricerca quasi immediata e permanente di riconoscimento del mio agire sociale come tipico della cortesia positiva molto diffusa nella vita sociale del mezzogiorno d’Italia.

Se l’obiettivo del paese è quello di raggiungere una modernità efficace per il Paese, allora si potrebbe ipotizzare l’uso di uno stile meno “ aulico-cancelleresco” ed aderire molto di più ad uno stile di tipo “chiaro-sintetico” come il modo migliore per riformare culturalmente l’Italia.

Edoardo Natale

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