Venezia 72. Nell’attesa dei premi. Reportage del 11 settembre.

Decisamente il documentario è una forma filmica in ripresa. Dopo “Sacro Gra”, in molti provano a vincere il Leone con un documentario. E’ la volta del cinese Zhao Liang che ci cala nell’inferno metropolitano della Cina di oggi. Documentari come quello non in concorso di Barletti e Quadri: Il paese dove gli alberi volano, come Human di Yann Arthus-Bertrand e il Decalogo di Vasco, con migliaia di fan ad acclamarlo alla sala grande. Presentato fuori concorso Bagnoli Jungle di Antonio Capuano e in concorso l’attesissima opera di Gaudino (di cui parleremo a parte). Dulcis in fundo il premio del Sindacato dei giornalisti cinematografici assegnato in videoconferenza da Asiago ad un Ermanno Olmi convalescente ma felice e commosso.

Per gli amanti di un cinema dai connotati più classici, la giornata di ieri ha serbato dei film interessanti a volte avvincenti, ma nelle sezioni di contorno al concorso, come: Go with me, di Daniel Alfredson con fra gli altri l’inesauribile Anthony Hopkins e l’indipendente: Free in deed di David Harewood, sulle comunità religiose in America.

BEHEMOTH
di Zhao Liang

(Cina, Francia, 95’, v.o. cinese s/t inglese/italiano) – documentario
VENEZIA 72 – In concorso

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Film indipendente, realizzato da Zhao Liang grazie al finanziamento francese. Film di rara potenza visiva. Che ci catapulta direttamente nell’inferno dantesco di una cava-fonderia-acciaieria cinese. Dove le condizioni di lavoro sono proibitive e il management è criminale. Ma la denuncia non si ferma qui. La parte più agghiacciante del film è forse quella finale, dove si fanno vedere schiere infinite di palazzoni disabitati in città fantasma, nuove di zecca, realizzate a centinaia e mai utilizzate. Ironia della sorte, il nome del luogo filmato, in lingua cinese, significa “paradiso”, in ossimorica contrapposizione all’inferno della fabbrica.

Nel colloquio con il regista alla presentazione del film al Lido, gli ho chiesto quali reazioni ha avuto in patria a queste denunce così pesanti e se ha passato il visto di censura. Mi ha risposto che alla censura non è stato ancora sottoposto, ma che non è ottimista, dal momento che alla conferenza stampa alla Mostra nessuno degli inviati giornalisti cinesi, tranne un unico coraggioso, si è presentato, segno che sono arrivati ordini preventivi dalla madre patria, giudicandolo “scomodo” a priori, pur non avendo visto il film. E’ un’altra delle ottime ragioni per andarlo a vedere.

Valutazione sintetica :7

Catello Masullo

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SETTIMANA DELLA CRITICA – FILM DI CHIUSURA [EVENTO SPECIALE FUORI CONCORSO]

BAGNOLI JUNGLE di Antonio Capuano
(Italia, 100’, v.o. italiano/dialetto napoletano s/t inglese) con Antonio Casagrande, Luigi Attrice, Marco Grieco, Olena Kravtskova, Sarahnaomi Attanasio, Angela Pagano, Gea Martire

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E’ stato inserito nella sezione Settimana della Critica di questa 72. Mostra l’ultimo film di Antonio Capuano (veterano dei concorsi di Venezia) dal titolo « Bagnoli Jungle ». Un film che poteva ambire anche al concorso, per la ricchezza e la sua intensità espressiva.

Ma perché non è accaduto? Glielo chiediamo quando lo incontriamo, vista la antica conoscenza e la stima che nutriamo per il suo cinema. « Per problemi tecnici – ci risponde – e per i tempi necessari alla presentazione ufficiale« . Siamo ancora nella sua Napoli, peraltro rappresentata anche da altri autori come Gaudino, in concorso, col suo linguaggio trasognante e comunque efficace. « Sì, c’è Napoli, c’è il sud, ma è una realtà che nel profondo può essere mutuabile anche in altre. »

Capuano aveva fatto da assistente alla regia di Anton Giulio Majano per il film tv degli anni ’80 « L’eredità della priora », sui fatti di brigantaggio post-unitario, e quindi attento conoscitore di storia e di Sud.

E ritorna a Venezia quattro anni dopo la sua ultima opera ‘L’amore buio’, per fissare l’obiettivo su Bagnoli, una volta luogo di occupazione e benessere con l’Italsider, mentre oggi vige un ambiente di degrado e malessere sociale. Da segnalare nel cast il grande Antonio Casagrande, allievo presente in tante opere di Eduardo, forse un po’ penalizzato dalla presenza del grande maestro. E nel cast anche il giovane Marco Grieco, protagonista, accanto a Valeria Golino, nel 2005, di un altro straordinario film di Capuano, ‘La guerra di Mario’.

Quest’ultimo film si snoda in tre storie che nel finale si intrecciano: un ladruncolo o ‘mariuolo’ di mezza età, un pensionato dell’Italsider divulgatore delle giocate di Maradona (sempre nel cuore dei napoletani) e di un garzone di salumeria. E’ interessante il confronto generazionale all’ombra di quel che resta di una acciaieria, la più importante d’Europa, svuotata non solo di attività quanto di promesse e di lavoro. Ma tornerà presto al lavoro il regista napoletano, sempre nella sua Napoli, per fatti di cronaca, stavolta, ma sempre con lo sguardo rivolto ad una città dolente, ricca di talento e di creatività, ma oppressa da mali atavici e difficilmente risolvibili.

Armando Lostaglio

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FREE IN DEED
di Jake Mahaffy

(Usa, Nuova Zelanda, 98’, v.o. inglese s/t italiano)
con David Harewood, Edwina Findley
ORIZZONTI

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Anche nella patria del cinema mondiale, gli USA, qualcuno fatica a fare film. Sono le produzioni indipendenti. Questo dipende dal fatto che la industria del cinema in quel paese è considerata organica alla macchina dell’intrattenimento. Come lo sport ed altre forme di spettacolo. Quindi i prodotti devono far divertire. Guai pensare. Questo film, che prende lo spunto da una storia vera, di riflessioni, invece ne induce molte. Jake Mahaffy ci fornisce uno spaccato molto efficace delle comunità religiose americane. Che sorgono spontaneamente in edifici abbandonati o anche nelle case. E la cui gestione può portare a delle vere e proprie aberrazioni. Interessante.

Valutazione sintetica: 6.5

Catello Masullo

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GO WITH ME
di Daniel Alfredson

(Usa, Canada, Svezia, 90’, v.o. inglese s/t italiano)
con Anthony Hopkins, Julia Stiles, Ray Liotta, Alexander Ludwig, Hal Holbrook, Steve Bacic, Lochlyn Munro
Fuori Concorso

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Il 56-enne regista svedese Daniel Alfredson, che si era già distinto nelle eccellenti realizzazioni dei thriller della serie Millenium, con questo “Go With me” porta sul grande schermo un film che ha la struttura di un western classico. Con un grande crescendo nel ritmo. Una preparazione impeccabile dell’epilogo. Con un cast stellare che vale da solo il prezzo del biglietto. In testa un grandissimo Anthony Hopkins, qui in veste anche di produttore. Ed alla cui tenacia e caparbietà si deve il fatto che il film abbia superato tutte le difficoltà produttive e si sia fatto. Da non perdere.

Valutazione sintetica :8

Catello Masullo

*****

HUMAN
di Yann Arthus-Bertrand
Fuori concorso

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Yann Arthus-Bertrand, fotografo e documentarista di fama mondiale ha presentato fuori concorso a Venezia Human, un prezioso documentario.

Dura tre ore, un record, questo film a cui le definizioni, gli aggettivi, le iperboli, e quant’altro ancora si volesse aggiungere, non bastano a definire il suo contenuto: perchè ci racconta dell’uomo, o meglio dell’umanità intera, in un percorso globale che la raccoglie tutta, attraverso le semplici testimonianze di migliaia di persone, uomini e donne provenienti da ogni parte, raccolte davanti ad una telecamera fissa.

Ripresa l’idea di « A day in a word » vediamo passare i volti di centinaia di persone, ognuna libera di esprimere le sue idee sui molti temi che compongono la vita stessa: la nascita, la morte, il dolore, il rimorso, l’odio, la vendetta, il perdono, il pianto il sorriso, l’amore, il rimpianto, il lavoro, la fame… Sorprendono le loro espressioni, le testimonianze di alcuni fatti (uno mi si è fissato nella mente e riguarda un giovane soldato americano che, nella terra martoriata dell’Afghanistan, voleva inseguire chi aveva ferito un suo compagno. « Ero mosso solo dal desiderio di vendicarmi, ma quando sono sceso dalla jeep ho visto un vecchio vestito di bianco che teeneva a mano la sua nipote, immerso nello sfondo di un cielo azzurro e mi sono chiesto cosa ci facessi lì e se la mia voglia di vendicarmi doveva prevalere su quanto vedevo »). Le emozioni sono molteplici e via che si scoprono nuovi volti, sembra di assistere al teatro della vita, dove ognuno, racconta un po’ com’è la sua parte in quel gigantesco copione dove siamo tutti inclusi. Una rappresentazione corale così espressa porta a nuove forme cinematografiche, dove l’elemento verità è il solo a dominare la scena.

La scelta delle musiche è straordinaria ed il canto di voci femminili passa sopra alle immagini del mondo, dove si alternano, spettacolari le dune dei deserti solcate da carovanieri, oppure le immense risaie dove lavorano a ritmi sempre uguali uomini ed animali, saline la cui estrazione del minerale viene fatta spezzando le enormi lastre attraverso la fatica di mani nude; grattacieli immensi dal cui interno luci sfavillanti rivelano le presenze di uomini e donne ai tavoli dei loro lavori, quando attorno la notte ormai è scesa…

Fermo qui la mia narrazione. Un ulteriore tentativo di descrivere cos’altro sia « Human » potrebbe risultare inutile e ridurre tutto ad una semplice carrelata di voci e volti. Perchè « Human » è molto di più.

Massimo Rosin

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Il decalogo di Vasco
di Fabio Masi

(Italia, 60’, v.o. italiano s/t inglese) – documentario
Il cinema nel giardino

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Documentario frizzante ed originale. Scandito in capitoli, introdotti da una “manista” d’eccezione, il film Vasco-centrico conquista anche lo spettatore non “Vasco-filo”. Per la sua fluidità ed inventività immaginifica. Imperdibile per i fan del “Vasco-pensiero”.

Valutazione sintetica :7

Catello Masullo

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Il paese dove gli alberi volano
di Davide Barletti e Jacopo Quadri

con: Eugenio Barba e i ragazzi dell’Odin Theatre
Giornate degli autori

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Sono passati 50 anni da quando, ad Oslo, si fondò l’Odin Teatret, subito trasferito a Holstrebo, in Danimarca. Qui vivono e collaborano 25 persone provenienti da più di dieci paesi e tre continenti. Presentato nella sezione « Giornate degli Autori – Evento speciale » il film documentario è stato diretto da Davide Barletti e Jacopo Quadri che hanno seguito tutte le fasi della preparazione dello spettacolo. Guidati e diretti da Eugenio Barba, uno dei fondatori dell’Odin Teatret, sono passate sotto i nostri occhi le immagini del gigantesco lavoro, dove ragazzi/e provenienti dalle parti più lontane del mondo (Sud America, India, Africa, Europa), si sono fusi per dar vita ad uno spettacolo fatto di musiche, voci, acrobazie. Al volto dell’impetuoso regista(Barba) dai piedi scalzi e dai capelli bianchi, si alternavano quelli dei freschi, protagonisti. Il film scruta con tenerezza le loro fatiche, unite alla voglia di dare il meglio di sè. Lì tutti facevano tutto: attori che si trasformavano in muratori, sarti, organizzatori. E’ questo lo spirito dell’Odin Teatret dove si innestano forze e fantasie multiple, ritmi tribali e classicità occidentale, nella divertente ricerca di una lingua comune. « Il paese dove gli alberi volano » è un prezioso documento che testimonia la volontà davvero ammirevole di una comunità che sa essere un esempio, dove le differenze culturali sono un arricchimento per tutti.

Massimo Rosin

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Il Sindacato dei giornalisti cinematografici assegna il premio Pietro Bianchi ad Ermanno Olmi.

“Cosa resta da fare ai poeti? La poesia onesta, cercando di essere poeti sempre…”.

Backstage di Torneranno i prati.

Il grazie di Ermanno Olmi alla stampa cinematografica che oggi gli ha dedicato l’omaggio del Premio Pietro Bianchi arriva direttamente da Asiago – in videoconferenza – con un messaggio di serenità, un invito alla riflessione sul mondo in guerra, un augurio di pace e di buon lavoro anche alla Mostra del Cinema che con la stampa da sempre condivide l’iniziativa intitolata ad un grande maestro della critica e del giornalismo di ieri come Bianchi.

“Fare comunque i poeti, non rinunciare all’arte” dice Olmi. “E farlo, sapendo che il cinema ci dà quest’opportunità” aggiunge il regista anche nelle immagini del backstage inedito di “Torneranno i prati”, perfetto come un autoritratto al lavoro con gli attori e molto applaudito in sala al Palazzo del Cinema. Ad introdurlo, con Laura Delli Colli e il Direttivo del Sindacato, il Direttore della Mostra, Alberto Barbera felice di vedere nelle immagini da Asiago un Olmi ristabilito, solare, sorridente e in gran forma.

“E’ lui stesso un grandissimo poeta” – ha detto Barbera sottolineando quanto sia significativo che la consegna del riconoscimento cada quest’anno in un momento particolare, dopo l’uscita di un film straordinario come “Torneranno i prati” “che solo un grande maestro come lui poteva realizzare”.

In effetti a motivare la scelta di questo ‘Bianchi’ che Olmi attende dall’anno in cui la Biennale decise poi per lui il Leone alla carriera, è proprio il film sulla guerra 1915-’18 che Olmi, come dimostrano le immagini del backstage oggi presentate alla Mostra, ha girato con una grande energia nonostante la condizione difficile a cominciare dal clima.

Come spiega il Sindacato “Il Premio è il riconoscimento ad una carriera dedicata con rigore, coerenza, semplicità e grande passione”. Olmi è del resto il regista che più ha saputo raccontare i valori autentici ed essenziali di una poetica che è lezione di vita oltreché di grande cinema anche per gli spettatori delle nuove generazioni.

«Lo amiamo quest’anno per il suo sguardo sulla pace, cent’anni dopo una guerra che ancora brucia» dice Laura Delli Colli a nome del Direttivo – Olmi continua ad essere, del resto, il poeta del cinema che più arriva al cuore dei suoi spettatori, oltreché alla gioia degli occhi di chi gode della sua semplicità unica».

Intitolato alla memoria del critico e giornalista Pietro Bianchi, d’intesa con la Mostra del Cinema di Venezia celebra da trent’anni anni il più grande cinema d’autore italiano. Ha premiato protagonisti come Alberto Sordi, Sophia Loren, Nino Manfredi, Virna Lisi, ha segnalato provocatoriamente alcuni fenomeni o personaggi: per esempio, per la scarsa attenzione che i giornali riservano al loro ruolo, i grandi critici del cinema italiano, o nel 1999, Dino De Laurentiis, il primo e finora unico produttore ad averlo ricevuto. Il Bianchi ha segnalato la carriera e il prestigio di un’intera generazione di registi, sceneggiatori, autori della fotografia tra i più rappresentativi del cinema d’autore: da Mario Soldati nel 1978 primo “Premio Bianchi” della storia, a Cesare Zavattini, Alessandro Blasetti, Renato Castellani, Luigi Zampa, Alberto Lattuada, Mario Monicelli, Luigi Comencini, Giuseppe De Santis, Francesco Rosi, Dino Risi, Ettore Scola, Paolo e Vittorio Taviani, Luigi Magni, Carlo Lizzani, Bernardo Bertolucci, Michelangelo Antonioni ( nel 1946, quando ancora non era passato dietro la cinepresa, era stato tra i fondatori del S.N.G.C.I. ), poi gli sceneggiatori Suso Cecchi D’Amico, Age e Scarpelli e Tonino Guerra, il direttore della fotografia Giuseppe Rotunno, il montatore Roberto Perpignani. Negli ultimi anni è stato assegnato a Enrico Lucherini, Marco Bellocchio, Giuliano Montaldo, Virna Lisi, nel 2012, a Gianni Amelio poi a Enzo D’Alò e lo scorso anno a Gabriele Salvatores.

Maria Cristina Nascosi Sandri

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