La storia cinematografica di Senso, di Luchino Visconti

In attesa della ormai prossima 72a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ricordiamo alcuni film, a volte anche rari, che sono stati girati nella Serenissima e in cui si respirava una certa “atmosfera”.

La storia cinematografica di « Senso », uno dei più celebrati titoli del cinema italiano, girato nel 1954 da Luchino Visconti, parte da un ripiego; dopo che Suso Cecchi d’Amico e lo stesso Visconti avevano accantonato il progetto di « Marcia Nuziale », che per il suo argomento, la crisi matrimoniale, era troppo avanti con i tempi. Scelsero quindi un breve racconto di Camillo Boito, fratello del più celebre Arrigo, scrittore e librettista.

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Nelle intenzioni di Visconti, « Senso » doveva essere lo specchio lucido di una classe sociale, quella aristocratica, giunta alle sue ultime stagioni. È lo stesso regista che in una nota rende esplicito il racconto: « C’è un tono di eccezionalità in questa storia che è un riflesso dei grossi movimenti politici e sociali che, nei tempi della battaglia di Custoza, vengono a maturazione: e nella risoluzione dell’avventura d’amore, c’è un’allusione evidente al crepuscolo di un periodo travagliato della storia d’Italia ».

Per le parti dei protagonisti Visconti aveva previsto in un primo momento attori come Marlon Brando e Ingrid Bergman, che per motivi diversi rifiutarono. La scelta cadde così su Farley Grange (tenente Franz Mahler) e Alida Valli (contessa Livia Serpieri). E non furono scelte infelici.

I profili psicologici dei due protagonisti sono ben evidenziati dallo stesso Visconti che in una successiva nota ebbe a dire: « Franz Mahler è un cinico crudele, interiormente disfatto, che tenta di attaccarsi alla vita in tutti i modi, al di là di ogni scrupolo; lei è una romantica ma senza una consistenza morale o così si illude che sia. Quando ha la sensazione che Franz ha sfruttato il suo amore e la sua posizione sociale alla sua bestialità, Livia si atteggerà a giustiziera, ma in realtà compirà una vendetta suggeritagli dall’amor proprio ferito ».

Ma sarà bene, a questo punto, descrivere per sommi capi la trama del film che esce dalle linee del racconto di Boito, la cui struttura narrativa fu giudicata troppo esile. Essa ha due fili conduttori: le lotte dei patrioti italiani contro gli odiati austriaci e la storia sentimentale dei due protagonisti. Sotto le mani di Visconti e della d’ Amico il film acquista spessore anche come elemento documentario. Pasolini, uno che a quei tempi già poteva dire la sua, non ebbe alcun dubbio a definire « Senso » come il più bel film fatto sul nostro Risorgimento, riconoscendo a Visconti un rigore stilistico di primordine. L’effetto prodotto fu anzitutto quello di creare uno spartiacque tra il prima e il dopo « Senso », e collocarlo come elemento di comparazione per chiunque volesse provare a fare un film d’ambientazione storica. Tanti sono gli argomenti messi in campo dal regista. Anzitutto la verità storica, da lui perseguita per tutto il film: ogni inquadratura, ogni fotogramma doveva essere un tassello perfetto che, via via, doveva offrire una forma narrativa a tutta la storia. Esterni ed interni inoltre dovevano concorrere, in modo magistrale, a ricostruire quel tratto « verista » che per lui costituiva l’essenza di tutto il suo modo di fare cinema.

La sua appassionata e rigorosa attenzione per i particolari si riscontra in questo lavoro così come nei successivi. Per la battaglia di Custoza ebbe attenzione a tutto ciò che era stato dipinto o stampato, nel tentativo di ricostruirla attraverso elementi iconografici sicuri. Pure i costumi avevano una loro particolare importanza e non dovevano essere solo dei semplici capi d’abbigliamento: niente sciatteria, né superficialità poiché tutto era funzionale a creare un modello o a rafforzare, là dove fosse necessario, i tratti psicologici dei protagonisti.

Alida Valli nel film Senso. Immagine Wikipédia.

Dalle scene iniziali, girate all’interno del Teatro La Fenice, da dove ci arrivano le note del Trovatore ( « Di quella pira… ») dell’amatissimo Verdi, allo sguardo di sfida di Ussoni (nel film cugino della contessa Serpieri), infine alle urla dei loggionisti che manifestano il loro rancore contro gli austriaci gettando sulla platea volantini inneggianti alla liberazione di Venezia. Sarà in questo contesto che la contessa Serpieri conoscerà il tenente Mahler. Un’attrazione che porterà la loro storia verso risvolti impensabili.

Nei primi 50 minuti, tutti dedicati a sviluppare le due storie, Visconti sarà attento a trasmettere un’immagine perfettamente credibile di una Venezia ottocentesca. Accuratissime le immagini di interni e d’esterni. Mirabile poi la scelta del campo del Ghetto, ubicato lontano da S. Marco e che sembra avere la funzione di custode della loro passione, che poi si snoderà nel sestiere di Cannaregio. Una scelta motivata e collegata alle sequenze successive che riprendono l’alba sulla fondamenta dello stesso sestiere e relativa ad uno dei percorsi obbligatori per chi voglia uscire dal campo del Ghetto.

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E’ una Venezia notturna quella che appare in « Senso », che si fa percepire nei suoi giochi di luci e ombre, sovrastata dal silenzio a volte interrotto dalla cadenza dei passi sul selciato che ne delimitano anche il tempo della percorrenza.

Sotto la regia di Visconti, Alida Valli è riuscita ad esprimere tutta la sua capacità d’attrice, dove la sua bellezza, esaltata dalle splendide inquadrature, non ha certo fatto rimpiangere quella della Bergman (per ritrovarla in un film altrettanto importante, dovremo aspettare « Il terzo uomo », dove sarà al fianco dell’ impareggiabile Orson Welles). Grange invece ha fatto quanto gli era stato richiesto. Il suo non era certo un ruolo facile, ma seppe mantener alto il profilo del suo personaggio. Una caduta di stile avrebbe compromesso la tenuta stessa del film.

Il tempo impiegato per la realizzazione di « Senso » fu lunghissimo, tanto che Visconti mandò in crisi finanziaria la casa di produzione Lux Film. Per terminarlo lo stesso Visconti si adoperò per trovare altri finanziamenti. Ciò nonostante Domenico Forges-Davanzati, titolare della stessa casa di produzione, credette al suo progetto fin dal primo istante, tanto che il film doveva essere la risposta italiana a « Via col vento » e imporsi alla ribalta internazionale come una delle opere cinematografiche più belle di tutta la storia del cinema. Sappiamo che non fu così, ma la pellicola rimane tuttora un vero capolavoro.

Massimo Rosin

*****

(Italia 1954, colore, 117m); regia: Luchino Visconti; produzione: Renato Gualino per Lux; soggetto: dall’omonimo racconto di Camillo Boito; sceneggiatura: Suso Cecchi d’Amico, Luchino Visconti, Carlo Alianello, Giorgio Bassani, Giorgio Prosperi; fotografia: G.R. Aldo, Robert Krasker; montaggio: Mario Serandrei; scenografia: Ottavio Scotti, Gino Brosio; costumi: Marcel Escoffier, Piero Tosi.

Trama del film tratta dal sito luchinovisconti.net

Alla Fenice di Venezia, alla vigilia della battaglia di Custoza, una rappresentazione del « Trovatore » causa una manifestazione irredentista durante la quale il marchese patriota Ussoni (Massimo Girotti) sfida il tenente austriaco Franz Mahler (Farley Granger). La contessa Livia Serpieri (Alida Valli), ardente patriota ma sposata con un collaborazionista (Heinz Moog), per salvare il cugino Ussoni incontra Franz. Non riesce ad evitare l’esilio per il cugino ma s’innamora del tenente. Livia diventa l’amante del tenente ma Franz la lascia e lei incurante dello scandalo lo cerca per tutta Venezia. Mentre è alla ricerca disperata del tenente, incontra il cugino che le affida del denaro per l’insurrezione. Una notte Franz rincontra Livia e le chiede del denaro perché ne ha bisogno per pagare un medico e farsi esonerare dal servizio militare.

Livia non esita a dargli il denaro dei patrioti italiani che le avevano affidato. Franz, avuto quello che voleva, scompare. Alla battaglia di Custoza, Ussoni è coinvolto nella ritirata, Livia invece, temendo la vittoria italiana rintraccia Franz a Verona per salvarlo ma lo trova in compagnia di un’altra donna. Livia è fuori di sé, lo denuncia agli austriaci e rivela l’inganno con il quale Franz era riuscito a farsi esonerare dal servizio militare. Il giovane è fucilato e Livia perde la ragione.

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Massimo Rosin
Massimo Rosin nato a Venezia nel 1957. Appassionato di cinema, musica, letteratura, cucina, sport (nuoto in particolare). Vive e lavora nella Serenissima.

3 Commentaires

  1. Dopo Senso che è un film del 1954 non dovremo aspettare di rivedere Alida Valli accanto a Orson Welles nel Terzo uomo, perché quest’ultimo film è precedente, cioè del 1949

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