IL Sabato del villaggio

L’associazione di studi americana Freedom House dichiara che la libertà d’informazione in Italia è a rischio. Sull’informazione si gioca una battaglia capitale per il controllo dell’opinione pubblica. Breve promemoria per capire come si è arrivati a leggi miranti a ridurre le possibilità d’informare, attacchi ai pochi programmi non ancora “normalizzati” del servizio pubblico. Tra notizie e diffamazioni, si muove il villaggio globale dell’informazione, ma questo Sabato del villaggio è aperto a tutti coloro che hanno a cuore la libertà e la democrazia.


Sabato 3 Ottobre è un giorno importante.

I giornalisti, l’informazione televisiva, quella in rete, le radio,
manifesteranno a Roma per la libertà di stampa.
Naturalmente non ci saranno i giornali e i giornalisti più tenacemente legati all’attuale governo. Alcuni mesi fa l’autorevole “Sole 24ore” segnalava che le restrizioni sull’informazione stanno divenendo sempre più un problema transnazionale, e riportando uno studio dell’associazione statunitense Freedom House, rivelava che l’Italia era passato nel 2009 da uno status di “libero” ad un preoccupante “parzialmente libero”. Un dato per il nostro Paese inquietante anche perché viene da un ente d’indubbia obbiettività.

Quella di Sabato prossimo a Roma dovrebbe essere una manifestazione in difesa di un diritto all’informazione di qualunque orientamento politico, diritto oggi messo duramente in discussione dalle recenti strategie in berlusconi-lario-250-2.jpg corso d’opera dal premier e dal suo fido alleato Bossi (che su questo tema tace) e dal gruppo di fuoco del cavaliere che per suo conto non perde occasione per aggredire, minacciare, colpire tutti coloro che sono contro il “capo” o a lui non sufficientemente “devoti”. Insomma siamo a quel “killeraggio” politico che è stato denunciato dalla nostra terza carica dello Stato, Gianfranco Fini, presidente della Camera dei deputati, che così si espresse, in occasione dell’assalto al L’Avvenire e al suo direttore Boffo, rei di aver preteso dal Premier un atteggiamento più consono alla propria qualifica politica ed istituzionale.

Tra questi pasdaran del cavaliere ricordiamo: Vittorio Feltri, attuale direttore del giornale di famiglia, Il Giornale, il ministro per la funzione pubblica Renato Brunetta, il ministro per la cultura, Sandro Bondi. Insomma l’ala dura e pura del “berlusconismo”. Su cui diremo inseguito.
feltri.jpg
Prima di riassumere, a beneficio di tutti, i passi salienti di questo attacco all’informazione è necessario tenere conto del valore attuale dell’informazione, specie quella televisiva. Il conflitto non è solo etico, ma anche politico.

Oggi il controllo sull’informazione esercita un peso rilevante, specie considerando che in assenza di una politica praticata dai cittadini, di un controllo dei cittadini sulle vicende politiche e sulla realtà quotidiana, il “percepito” finisce per valere molto più della realtà stessa dei dati numerici. Due esempi. Quando fu percepita la difficoltà economica dei cittadini aldilà dell’effettiva incidenza sulla vita delle persone e delle famiglie, Berlusconi perse le elezioni (anche se di stretta misura). Altro esempio, quando una pesante campagna informativa fece percepire il rischio della immigrazione collegandolo ad episodi di criminalità anche particolarmente efferati, Berlusconi e la Lega vinsero anche se tutti i dati reali, evidenziavano una riduzione più che sensibile della criminalità in Italia. “Percepito” diviene assurdamente, più reale del reale.

Controllare l’informazione significa controllare e modulare le coscienze degli italiani. Ecco perché l’attuale bagarre, inscenata dal capo del governo e dai suoi più devoti “ascari” segue a proposte di leggi miranti a limitare la libertà del cronista. Con la legge sulle intercettazioni telefoniche, con un colpo solo si cera di ostacolare le indagini ai magistrati e di impedire la divulgazione di verbali o d’intercettazioni telefoniche (spesso dimostratesi piuttosto imbarazzanti per i protagonisti). Il vero motivo di tutto questa affaire, potrebbe essere proprio contenere l’azione dei magistrati (risultata non gradita al governo e al suo capo) e definitivamente controllare tutta l’informazione, impedendo qualsivoglia critica o dissenso. Non ha caso la proposta di legge presto alla discussione parlamentare è particolarmente sgradita al sindacato della stampa che le giudica fortemente riduttive e punitive nei confronti della categoria e del pubblico,. Un vero attacco al diritto di cronaca.

E’ bene, anche per chi ci segue all’estero, ricordare, come preannunciato, alcuni passaggi di questa recente forma di “squadrismo mediatico” operato contro chiunque osi discutere le scelte del “capo” e finanche il modello etico e di comportamento del Presidente del Consiglio dei ministri, alta carica istituzionale, come dimostra l’attacco finanche a L’Avvenire, giornale decisamente conservatore.

Prima dell’europee, l’intervento della signora Lario, oggi separanda moglie di Berlusconi (separazione di cui nessuno parla), che annunciava la sua volontà di separarsi dal marito per motivi di disistima verso di lui, ossessionato, a suo dire, da desideri sessuali al limite del maniacale: “Mio marito e malato e ha bisogno di cure” fu il commento della moglie, alcuni giornali tra cui La Repubblica, iniziarono a preoccuparsi sulle sorti del Paese retto da un Presidente che ha detta della moglie era “gravemente malato”. Va ricordato che a presupposto di questa decisione della moglie, vi era stato l’ennesimo “karaoke” cantato dal premier con la giovane Noemi Letizia, conosciuta ancora minorenne e che frequentava da circa due anni il premier.

Come se non bastasse, le indagini in Puglia su un affare di appalti e di abusi di potere (che coinvolgeva politici locali del PD, poi dimessisi a seguito di queste indagini) facevano emergere la figura di un manager, Gianpaolo Tarantini, che desideroso (chissà perché?) di accreditarsi con il premier iniziò a procacciargli ragazze (modelle, veline, escort) a sue spese e, pare senza che Berlusconi ne fosse consapevole. Dalle intercettazioni telefoniche, risulteranno almeno tarantini-gianpaolo-250.jpg 18 feste in poco più di cinque mesi con pernottamento di escort presso Papi. Addirittura dai verbali degli interrogatori al “losco” manager risulterebbe che in una occasione il premier avrebbe rinunciato ad un incontro istituzionale con il Presidente della Repubblica per passare delle ore con due ragazze. Queste escort, intervistate da diverse TV europee, ma mai dalla televisione pubblica italiana, se non solo di recente, dal programma “Anno zero” , dichiararono che il premier aveva promesso di candidarle alle europee o ad altre elezioni amministrative, avviandole ad una carriera politica.

Per concludere questa lungo ma necessario sunto, a premessa di quanto diremo,va ricordato, che il Tarantini è stato infine posto agli arresti domiciliari non solo per sfruttamento della prostituzione, ma anche per spaccio e sembrerebbe uso di cocaina.
Insomma, cocaina e donne in cambio di favori e appalti in Puglia e almeno donne per accreditarsi con il cavaliere.
Certamente con sadismo, ma legittimamente e con indubbio rispetto delle regole del giornalismo, La Repubblica iniziò a porre le “famose” dieci domande al premier, che le ha sempre eluse, dimostrando tutta la sua irritazione verso quel giornale così come verso L’Unità che cercava di approfondire la questione con i suoi reportage. Al punto che, caso unico nella storia d’Italia, Silvio Berlusconi, premier del governo protetto da ogni conseguenza giuridica penale, grazie ad una legge ad hoc quale il “Lodo Alfano” (dal ministro proponente), arrivava a querelare La Repubblica per il fatto di avergli posto quelle dieci domande, a cui peraltro, non ha mai risposto.

Naturalmente, come già accennato, la condotta morale del premier viene posta in discussione anche dalla Chiesa, già impegnata sul fronte Lega, per le leggi (sostanzialmente razziste) poste in materia d’immigrazione.
La Chiesa non può nascondere il suo disappunto e cadono nel vuoto gli appelli rivolti al premier di avere maggiore sobrietà nella sua condotta. A muovere nell’informazione critiche misurate e chiare è il giornale L’Avvenire, organo della CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Si fa carico di queste critiche, espressione di un sentire largamente condiviso nel mondo cattolico, il suo direttore. Dino Boffo.

Qui succede qualcosa di strano.
Viene rimosso il direttore de “Il Giornale” (proprietà Berlusconi), Giordana, il quale nel suo ultimo editoriale dichiara: “Certo: siamo stati e restiamo un quotidiano politico. E nelle battaglie politiche non ci siamo certi tirati indietro, basti ricordare la campagna con cui abbiamo rivelato le nuove magagne di Di Pietro, costringendo il figlio alle dimissioni e Tonino a imbarazzanti e insufficienti spiegazioni, o la presa di posizione decisa sul caso Englaro. Così come non ci siamo tirati indietro nell’ultima battaglia, quella aperta da Repubblica sul gossip: l’abbiamo fatto senza risparmiarci, a volte superando anche il senso di nausea di fronte a tale deriva giornalistica, ma senza oltrepassare il limite del buongusto. Per intenderci: abbiamo rivelato l’esistenza di un’inchiesta insabbiata sulle escort del clan D’Alema, (in Puglia n.d.r.) proprio perché si trattava di un’inchiesta (inchiesta=notizia) e perché si parlava di prostituzione dentro le stanze di Montecitorio (Montecitorio=luogo istituzionale). Ma quello che fanno le persone dentro le loro camere da letto (siano essi premier, direttori di giornali, editori, ingegneri, first lady, body guard o avvocati) riteniamo siano solo fatti loro. E siamo convinti che i lettori del Giornale non apprezzerebbero una battaglia politica che non riuscisse a fermare la barbarie e si trasformasse nel gioco dello sputtanamento sulle rispettive alcove”.

Gli subentra il “falco” Vittorio Feltri, che, da subito, oltrepassa quella soglia del buongusto ed inizia, a differenza del suo predecessore, cercare proprio nei letti degli avversari del premier. Il primo attacco è proprio per Boffo. Viene rimessa in giro una vecchia storia giudiziaria di molestie sessuali, del direttore de “L’Avvenire”, “accusato” anche di essere omosessuale, cosa che ha un certo peso nel mondo ecclesiastico. Boffo ne esce distrutto. Sposato e con un figlio, preferisce dimettersi, o forse è “dimesso” prudenzialmente dalla stessa CEI.

Poi le “bastonate” toccano al dissenziente Gianfranco Fini, il quale imprudentemente aveva reclamato maggiore democrazia interna nel PDL, dove gli organismi dirigenti non si riuniscono mai e dove esiste un pensiero unico (è necessario dire quale?). Peraltro il Presidente della Camera, da fondatore del Popolo delle Libertà vorrebbe che il partito, fini.jpg rispetto al Vaticano avesse le mani più libere, specie sui temi etici ed ancora non condivide in pieno le leggi sugli immigrati, riproponendo il tema che anche gli immigrati devono avere (quando sono in regola e pagano le tasse) il diritto di votare, almeno nelle amministrative. Berlusconi è sotto pressione. A Bossi l’esternazioni di Fini non piacciono è in crisi quella che Veleno ha definito: “La Banda B.B” (Berlusconi e Bossi). Come se non bastasse Fini sostiene che la magistratura deve fare il suo corso e se vi sono indagini sulla mafia anche risalenti al 1992 o prima ancora, che possono riguardare anche il mondo politico queste indagini vanno svolte fino infondo. E’ il momento di far agire il “gruppo di fuoco”. Feltri scrive un nuovo editoriale sul giornale di casa Berlusconi. Accusa Fini di non essere più di destra e poi gli ricorda che se si riaprono inchieste che possono riguardare Berlusconi, potrebbero spuntare anche dossier “a luci rosse” che riguardano esponenti dell’ex Alleanza Nazionale, il partito che era di Fini e che è confluito a Marzo nel Popolo delle Libertà.

Una sorta di avvertimento una minaccia che Fini definisce di stampo mafioso.

Intanto, in un eccesso d’ipocrisia, pur essendo di fatto l’editore di Feltri, Berlusconi dichiara di essere all’oscuro degli editoriali del suo giornale, ma, rimane sotto pressione. E’ costretto, dagli eventi, ad ogni conferenza stampa, a rilasciare surreali ed imbarazzanti dichiarazioni e precisazioni su escort e veline (incredibile quella durante la conferenza stampa congiunta con un imbarazzatissimo Zapatero n.d.r. in cui il cavaliere dichiara che lui le donne preferisce conquistarle e non pagarle). E’ sotto attacco, non per fatti penalmente rilevabili, sia ben chiaro, ma per rilevanti questioni etiche; del resto non credo che per discutere la credibilità di un capo del governo e l’opportunità delle sue dimissioni si debba attendere “la rilevanza penale”. Di fronte a tutto ciò il premier gioca la carta RAI .

Il direttore della RAI, al chiaro scopo di risollevare il morale di Papi, gli da la prima serata su RAI 1 con un “Porta a Porta” edizione speciale, nel corso del quale saranno consegnate dal cavaliere le prime 90 case agli sfortunati terremotati d’Abruzzo. Per dargli vantaggio mediatico, viene soppressa la concorrente trasmissione “Ballarò” sulla per lui “temibile” RAI 3. Il servizio pubblico si inchina alle necessità di Berlusconi. Poco importa che le 90 case non sono state finanziate dal governo ma dalla Croce Rossa, poco importa che a costruirle sia stata la Provincia di Trento che le ha donate, alla fine il messaggio informativo è il successo del governo che in cinque mesi già consegna delle case ai senza tetto. Mussolini non avrebbe fatto di meglio.

Lo show di Belusconi, il suo monologo, va avanti per tre ore circa. Il programma è però un flop. Ascolti scarsissimi ed ironia della sorte i canali Mediaset (quelli di proprietà di Berlusconi) vincono nella gara di ascolti su “Porta a Porta”. Come se non bastasse nel corso della trasmissione Berlusconi si scatena contro quei programmi che lui definisce “antitaliani”, parla (seriamente n.d.r.) di una internazionale comunista che vuole destabilizzare l’Italia attacca El Pais, Le Monde, il New York Times (evidentemente) che puntano a screditarlo. Attacca i pochi programmi televisivi che fanno servizio pubblico come Report, Ballarò e soprattutto Anno Zero di Michele Santoro, che da lui fu già epurato ai tempi del famigerato “editto di Sofia”.

Tutti questi giornalisti, italiani ed esteri sono, a suo dire, dei “farabutti” (cito testualmente). Tutti programmi che curiosamente pur essendo annunciati per Settembre, tardano ad andare in onda. Per Anno zero, il direttore di RAI 2 non chiude mai il contratto per uno dei giornalisti di punta di quel programma, Marco Travaglio, che peraltro, è bene ricordarlo è un liberale, certamente non un comunista. E’ uno di scuola Montanelli che certo non lo si ricorda quale bolscevico.

Tentennamenti, ritardi nel fare i contratti i programmi (che il destino vuole non amati dal Premier) tardono ad entrare nei palinsesti del servizio pubblico.

Ma non basta. Un altro dei “cani da guardia” del “padrone” il ministro Brunetta , ad un convegno a Cortina d’Ampezzo accusa la sinistra quella brunetta.jpg che lui definisce “cattiva”, “radical chic”, di essere in combutta con poteri forti (tra cui alcuni editori). Per lui questa, che definisce “elite di merda” (cito testualmente) deve “andare a morire ammazzata” (cito ancora testualmente), per poi accusare la sinistra di tramare un golpe contro Berlusconi.

Non basta ancora, Sandro Bondi, attuale ministro della cultura, se la prende con i cineasti italiani e con la Mostra del Cinema di Venezia, l’accusa è di essere troppo schierata a sinistra, avverte (potremmo dire minaccia) gli organizzatori, di una prossima e possibile stretta creditizia sul festival con tagli che lui ritiene necessari. La cultura ha subito tanti di quei tagli in questa epoca di cultura berlusconiana che neanche in una sartoria. E’ un altro “avvertimento” arriva dal “delicato” Bondi a quella “elite di merda”; annuncia una generale riduzione del FUS (Fondo unico spettacolo), le risorse (già minime) che il governo assegna a sostegno delle attività di spettacolo (enti lirici, teatro, cinema, ecc.).

Credo che questa incompleta sintesi, non scevra di possibili mancanze e dimenticanze, sia utile a far capire specie al nostro pubblico in Francia e agli italiani che sono in giro per il mondo, perché la prossima manifestazione del 3 Ottobre è veramente importante. A guidarla è un manifesto a cui anche noi abbiamo aderito e che ha come primo firmatario, l’illustre Stefano Rodotà, che da sempre su questi temi si è battuto.

Sarebbe bello che questa occasione fosse non ridotta ai soli giornalisti o agli operatori dell’informazione, e nemmeno ridotta agli oppositori del governo, ma che vi partecipassero uniti tutti coloro che, pur nelle diverse convinzioni politiche, avessero a cuore la libertà di stampa e di un’informazione libera dalle pressioni dei gruppi di potere. La libera e corretta informazione, specie di questi tempi, è un bene primario da cui non si può prescindere.

Non esserci il 3 Ottobre, girare le spalle, fare finta di niente è un atto che non colpisce solo le professionalità che lavorano in un contesto difficile che parzialmente si è cercato di descrivere, colpisce e punisce tutti noi.

Ultima nota. Mentre scriviamo è in corso l’ennesimo assalto al programma “Anno zero” di Santoro, alcuni ministri dopo la prima puntata ne chiedono già la chiusura.

Nicola Guarino

vauro.jpg

Article précédent« Ma le mie zie di Voghera non cantano Fratelli d’Italia », di Giuseppe Culicchia
Article suivantChiara Giustiniani
Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.