Leopardi, il giovane favoloso. Emozioni e curiosità in sala.

Anteprime e entusiasmo a Parigi per l’ultimo film di Mario Martone che fa scoprire ai francesi una parte importante della letteratura e della cultura italiana grazie alla figura di Giacomo Leopardi. Ippolita di Majo, che insieme al regista ha firmato la sceneggiatura, racconta il dietro le quinte.

L’uscita nelle sale francesi dell’ultimo film di Mario Martone è stata preparata da diverse anteprime che hanno confermato la grande attesa de Il giovane favoloso anche oltralpe.

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Quella organizzata al cinema La Clef dal Dipartimento di Etudes italiennes dell’Università Sorbonne Nouvelle – Paris 3, in partenariato col Festival Terra di cinema, indirizzata più in particolare agli studenti ma aperta anche al pubblico, lo scorso 30 marzo ha regalato agli spettatori un pomeriggio inedito all’insegna di Giacomo Leopardi.

Dopo la proiezione, la sceneggiatrice Ippolita di Majo ha svelato l’immenso “laboratorio” che si cela dietro questo film rispondendo alle domande di un pubblico preparato, ma anche di curiosi che di Leopardi, prima del film, conoscevano forse solo il nome. Ciò non ne ha tuttavia impedito la comprensione e, per alcuni, la forte commozione nei momenti più poetici. Come è stato per Arnauld, pensionato e appassionato da sempre dell’Italia che, con voce emozionata, ha ringraziato la sceneggiatrice per aver portato sullo schermo la vita e l’opera di questo grande poeta quasi sconosciuto in Francia, complimentandosi poi per la resa cinematografica della poesia dovuta anche alla straordinaria interpretazione di Elio Germano nel ruolo di Leopardi. Era questa, infatti, la sfida più grande per Martone: come filmare la poesia? Non c’è, di certo, un solo modo per filmarla né per recitarla. Regista e sceneggiatrice, consapevoli sin dall’inizio di questa grande sfida artistica, dopo il montaggio hanno sottoposto la pellicola all’autorevole giudizio di Bernardo Bertolucci il quale, racconta Ippolita di Majo, non ha nascosto il suo entusiasmo di fronte alle loro scelte.

L’intenzione – riuscita anche agli occhi di chi sta scrivendo – era infatti quella di non riprodurre sullo schermo una semplice lettura della poesia, ma di catturare il momento stesso della sua creazione passando così dalla letteratura all’azione. La sceneggiatrice descrive un Elio Germano totalmente immerso nel mondo leopardiano e che, anche a fine riprese, si metteva in disparte da solo o con Martone e ripeteva L’infinito più e più volte, fino a quando non sentiva questi versi dentro di sé. Così le prove di quella che è senza dubbio la poesia più celebre di Leopardi insieme a A Silvia, sono state numerose e le riprese ogni volta diverse fino alla scelta definitiva nel montaggio dove voce del pensiero del poeta e della natura si incontrano, creando sullo schermo l’alternanza di primi piani e di campi lunghi che rievocano anche i deittici del testo poetico oscillanti tra finito e infinito.

Ippolita di Majo. Credits: Cinéma La Clef – Festival Terra di cinema

Dalle parole di Ippolita di Majo scopriamo che le scene e il copione erano quotidianamente rilavorati e molto è stato definito anche dalle circostanze, adattando spesso la sceneggiatura alla ripresa e non il contrario. Un giorno di fitta nebbia a Recanati ha per esempio ispirato una scena sul Monte Tabor, “il colle dell’Infinito”, non prevista nella sceneggiatura originale, e la traduzione dal greco di alcuni versi omerici inserita nel copione come un momento di scambio tra Leopardi e il precettore (interpretato da Sandro Lombardi) si è trasformata durante la ripresa nell’immagine della modernità del poeta che, con la scelta di utilizzare il termine “ombelico” simbolo di un linguaggio all’epoca tanto inappropriato quanto per noi comune, si contrappone al padre Monaldo, fermo reazionario.

Proprio il linguaggio che dà corpo a conversazioni moderne e naturali, è lo specchio di un fine lavoro di tessitura e di rielaborazione dell’opera leopardiana che non si ferma ai suoi componimenti più conosciuti ma che spazia dalle pagine dei Ricordi di infanzia e di adolescenza a quelle più recondite dello Zibaldone, per finire con frasi sottilmente ironiche ricalcate dalle Operette morali. Ma i dialoghi sono soprattutto espressione della lingua degli affetti catturata nei carteggi, tra cui spiccano quelli familiari con Monaldo e con il fratello Carlo oltre a quelli con Pietro Giordani, che fanno emergere il lato più intimo di Leopardi.

Elio Germano

C’era infatti la volontà di far conoscere un Leopardi altro da quello raccontato da molte storie letterarie, rimasto quasi inedito, spiega Ippolita di Majo, pur concedendo qualcosa a certi clichés installati nell’immaginario collettivo perché documentati, come quelli sul suo fisico o sul suo rapporto tremendamente distante con la madre. Di qui la rappresentazione di un Leopardi ironico e ribelle – carattere incentivato anche dalla stessa forza di recitazione di Elio Germano –, di un Leopardi disilluso e critico della stessa società di cui sognava di far parte durante la sua giovinezza, di un Leopardi con le sue contraddizioni, come tutti noi, e di un “giovane favoloso” – come lo ha definito Anna Maria Ortese – con un forte desiderio di vivere, di amare e di essere amato nel quale tutti possono riconoscersi.

È forse questo l’aspetto del film che colpisce di più: l’aver reso accessibile a tutti attraverso il linguaggio cinematografico la figura umana e letteraria di Leopardi, oltre a lasciare intendere la sua incredibile attualità che emerge non solo dal suo pensiero che prende via via forma nei dialoghi del film, ma anche dalla scelta di una colonna sonora in cui musica d’epoca (Rossini, anche il meno noto) e musica contemporanea (quella elettronica di Sascha Ring) si mescolano, creando una cornice extratemporale che sancisce però il legame tra passato e presente, sulla scia del precedente film di Martone Noi credevamo.

Silvia Ricca
Coordinatrice dell’evento
(Université Sorbonne Nouvelle – Paris 3)

  • Per saperne di più sulla scenografia: Mario Martone e Ippolita di Majo, Il giovane favoloso. La vita di Giacomo Leopardi, Mondandori Electa, 2014.
  • Per chi vorrebbe approfondire l’argomento, segnaliamo l’interessante saggio di Roberto Barzanti su “Il giovane favoloso” di Mario Martone da scaricare sul sito del Centro nazionale di Studi Leopardiani di Recanati:
    http://www.leopardi.it/news.php?k=614
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1 COMMENTAIRE

  1. Leopardi, il giovane favoloso. Emozioni e curiosità in sala.
    Bene. Merita… Però, oltre a organizzare proiezioni, la ‘Sorbonne Nouvelle’ ha anche una bella tradizione umanistica, diciamo più tradizionale, e per l’appunto un suo centro di ricerca ha pubblicato le Canzoni/Chansons, bilingui (Lavoir Saint-Martin, 2014), che sono state presentate – di sfuggita – nel corso di questa stessa anteprima. Il libro originale, del 1824, con sfiziose Annotazioni del poeta, offre un ritratto molto vivace di un « giovane favoloso », ironico, insolente, pieno di idee nuove ecc. (come recita la quarta di copertina), e forse valeva la pena qui di ricordarlo. Pure. E, in quanto tale, poi, il libro del giovane Leopardi non era stato mai ripubblicato: e anche questo merita.
    Complimentoni comunque, a tutti gli intervenuti e innanzitutto a Ippolita Di Majo – grazie!

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