Rousseau il Doganiere, colui che elevò ad arte il naïf, in mostra a Venezia

Il 6 marzo a Venezia, nelle sale dell’appartamento del Doge di Palazzo Ducale si è inaugurata una prestigiosa mostra dedicata ad uno degli artisti francesi più poliedrici che ha vissuto tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento: Henri Rousseau (1844-1910). Le sue 41 opere sono allestite a confronto con delle tele di grandi pittori che gli fecero da maestri. Apollinaire, poi artisti come Picasso, Léger, Delaunay e Kandinsky furono i primi a riconoscere l’originalità, l’inventività e la forza eccezionale della sua pittura, a lungo snobbata o sconsiderata dai critici.


Io: ritrattopaesaggio, Henri Rousseau, 1890, Praga, Narodni galerie

L’interesse per gli storici e i critici dell’arte per questo pittore autodidatta, rimasto in vita sempre in secondo piano rispetto ad altri sui colleghi considerati più talentuosi e degni di essere esposti ai “Salon officiel”, si è accresciuto con il tempo, fino ad arrivare al nostro secolo. La Biennale di Venezia nel 1950 gli dedicò un omaggio grazie all’apprezzamento di Rodolfo Pallucchini, Lionello Venturi e Carlo Ludovico Ragghianti. In anni più vicini a noi, tra il 2006 e il 2010 a lui sono state dedicate delle importanti rassegne alla National Gallery di Washington, al Grand Palais di Parigi e alla Fondazione Beyeler di Basilea. Adesso, grazie alla Fondazione Musei Civici di Venezia, sotto la direzione di Gabriella Belli e alla importante disponibilità del Museo d’Orsay e del Musée dell’Orangerie di Parigi – che detengono la maggior parte delle opere più importanti dell’artista – sotto la guida del direttore Guy Cogeval, si è potuto esporre, in questa splendida mostra, il meglio della sua produzione.

Henri Julién Félix Rousseau, nato nel 1844 a Laval, una cittadina del Nordovest della Francia, figlio di Julien Rousseau, un artigiano specializzato nella fabbricazione e riparazione di oggetti di latta, e di Eléonore Guyard, non ha mai vissuto nelle agiatezze borghesi: problemi di debiti hanno sempre impegnato la propria famiglia, e in seguito lui stesso. Da ragazzo, dopo vari insuccessi scolastici (tranne che in musica ed in ortografia) Rousseau troverà lavoro presso lo studio di un avvocato, ma ben presto verrà coinvolto in un furto di denaro ai danni del suo datore di lavoro. Nel 1863 per evitare la prigione si arruolerà come volontario in fanteria con una ferma di 7 anni. Non riuscirà del tutto a eludere la pena; egli sarà costretto a scontare un mese di prigione. In seguito poté riprendere il servizio militare con la mansione di sassofonista nella banda. La passione per la musica non lo abbandonerà mai; riuscirà anche a diplomarsi al conservatorio, e a comporre brani musicali, come ad esempio dei walzer. Si sposerà con la diciottenne Clémence Boitard, la figlia di un mobiliere, che gli darà sette figli; tutti scomparsi in tenerissima età, con l’eccezione di un maschio, Henri Anatole, che morirà a diciotto anni.

Il biroccino di papà Junier, Henri Rousseau, 1908, Parigi Musée de l'Orangerie

Rousseau nel 1871 verrà assunto come gabelliere presso il dazio della prefettura della Senna; impiego che lo accompagnerà fino al 1893, e che lo farà passare alla storia con l’appellativo di Doganiere. Sarà durante gli anni del suo lavoro, non troppo impegnativo e con lunghe pause, che Henri Rousseau, per vincere la noia, incomincerà ad abbozzare schizzi e disegni e piccoli studi a olio di luoghi da lui visitati per servizio, o spesso copiati da stampe e fotografie. L’artista avrà pure la possibilità di frequentare il Museo del Louvre per copiare i dipinti. Essendo un autodidatta, i critici per molti anni non gli perdoneranno di non aver seguito studi regolari presso l’Accademia di Belle Arti o l’atelier di qualche pittore accademico. Inoltre Rousseau sarà poco interessato a frequentare i luoghi di ritrovo degli artisti d’avanguardia e ciò lo porterà ad essere emarginato e criticato per i suoi tratti stilistici, talvolta incongruenti, considerati “naif” o infantili. Rousseau riuscirà ad esporre presso il “Salon des Refusés”, dove verrà notato dal pittore Paul Signac, che lo inviterà al “Salon des Indépendants” del 1866, fondato da Georges Seurat, altro artista – pioniere del movimento “puntinista” – per dar « voce » a quegli artisti non in linea con i gusti dell’epoca, Rousseau parteciperà a molte edizioni di questa esposizione sempre senza successo.

L'incantatrice di serpenti, Henri Rousseau, 1907, Parigi Musée d'Orsay

Nelle sue opere risalteranno la piattezza delle immagini, l’assenza di prospettiva e talvolta di proporzioni, controbilanciate però dalla nitidezza e dalla brillantezza dei colori. Tuttavia, saranno queste “lacune” o “pecche” a colpire l’interesse di altri suoi artisti contemporanei, che nei suoi ingenui lavori coglieranno una sorta di ritorno all’arte “primitiva” vista come un percorso diverso e innovativo rispetto alla classica arte accademica. In pittori espressionisti, cubisti, metafisici e surrealisti si coglierà l’influenza e le suggestioni avute da Henri Rousseau.

Nelle sale della mostra, divisa in nove sezioni, il visitatore può seguire una traccia tematica dove sono illustrati gli argomenti di ispirazione dell’artista: Ad esempio sul tema della guerra/morte, si può osservare il grande quadro olio su tela dedicato a “La Guerra detta anche La cavalcata della Discordia” (1894 circa)

La Guerra detta anche La calvalcata della Discordia, Henri Rousseau, 1894, Parigi Musée d'Orsay

al quale sono accostate le opere di altri artisti come il “Trionfo della Morte” (1465-1470) del toscano Antonfrancesco di Giovanni detto lo Scheggia (1406-1486) e quelle di Goya, Ensor, Bouguerau. L’esotismo di Rousseau invece è rappresentato da opere celebri, tra le quali “L’incantatrice di serpenti” (1907), “La cascata” (1910), “Foresta tropicale con scimmie” (1910) con un “trionfo” di vegetazione e animali; frutto della fascinazione per luoghi lontani e della sua straordinaria fantasia. Come un visionario Salgari egli – viaggiatore solamente onirico – attraverso letture, descrizioni e i racconti di altri, reinterpretava visivamente il tutto ed esprimeva su tela quelle forti suggestioni. Tra i ritratti di adulti e bambini, si può osservare il famoso “Ritratto di Madame M.” (1890 circa). Un’opera eseguita su ordinazione che poi, come altri, venne rifiutata dal committente. Si narra che Picasso, dopo averla acquistata per pochi franchi, la portò nel suo atelier al Bateau-Lavoir a Montmartre dove organizzò una festa in onore dell’artista, alla quale furono invitati alcuni suoi estimatori. In quell’occasione Apollinaire, che era anche critico d’arte, dedicò a Rousseau un famoso brindisi elogiativo. E ancora, i “Giocatori di palla ovale” (1908) ritratti con i loro baffoni e in indumenti sportivi in un campo alberato immerso nel verde, le “Nozze in campagna” (1905 circa) una sorta di fotografia di gruppo con gli sposi e i parenti accanto; una famiglia al completo, cane compreso.

Giocatori di palla ovale, Henri Rousseau, 1908, Museo Guggenheim New York

Tra i “piccoli adulti” dai tratti seriosi o infelici, vi è il ritratto di “Bambina con bambola” (1904-1905) e “Per fare festa al piccolo!” (1903), dove accanto ad essi vi è l’accostamento dell’imponente “I romantici” (1916) di Carlo Carra, e la bambina “Irene Estrella” (1946) di Diego Rivera, il compagno di Frida Khalo, anch’essa presente con “Ritratto di dama in bianco” (1929). Tra le vedute si distinguono il “Paesaggio con gru e il dirigibile ‘Patrie’” (1907) nel quale l’artista inserisce, come in altre sue opere – ad esempio nel noto”Autoritratto” del 1893 – elementi di modernità: la Tour Eiffel, navi di ferro (“Transatlantico in tempesta”, 1899 circa) i primi aerei, le mongolfiere. E ancora, “Pescatori con lenza” (1908-1909), “Il mulino” (1896) “Paesaggio con falesia” (post 1898), dove l’autore punta sempre sugli accostamenti cromatici. Infine le nature morte, come i mazzi di fiori dipinti tra il 1897 e il 1910, ai quali ad essi vengono accostate le tele dedicate ai fiori da Morandi tra il 1905 e il 1916 o quelle di Redon, Moderson-Becker e di Donghi.

Macchia nera I, Vassily Kandinsky, 1944, San Pietroburgo The State Russian Museum

Ad essi si aggiungono le tele di Kandinski (tra esse la celebre “Macchia nera”, 1912) che conobbe le opere di Rousseau quando l’artista fu introdotto nell’ambiente del “Blaue Reiter” (Cavaliere Azzurro) fondato in Baviera nel 1911 da un gruppo di pittori esponenti dell’espressionismo tedesco, tra i quali si annoveravano lo stesso pittore russo e Paul Klee; sodalizio che rimase attivo fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Henri Rousseau, che in vita aveva ottenuto convinti riconoscimenti da personalità come Apollinaire, Odilon Redon, Paul Gauguin, Robert Delaunay, Georges Braque e Pablo Picasso, continuerà a dipingere e ad esporre fino alla fine dei suoi giorni, sempre con scarso successo commerciale. Oppresso dai debiti, rimasto vedovo due volte, morirà a Parigi il 2 settembre del 1910.

Non possiamo elencare le numerose opere presenti in questa esauriente mostra, allestita con accuratezza da Daniela Ferretti, e che vanta ancora una volta la proficua collaborazione con “Il Sole24 Ore Cultura”. Lasciamo al visitatore il privilegio di immergersi nel mondo di un artista fantasioso il cui “candore primitivo” ha lasciato un’impronta nella Storia dell’arte contemporanea.

Andrea Curcione

VEDI ANCHE IL PORTFOLIO IN FONDO ALLA PAGINA.

Henri Rousseau
Il candore arcaico
Venezia, Palazzo Ducale – Appartamento del Doge
Dal 6 marzo al 5 luglio 2015 – Prorogata fino al 6 settembre 2015

Info: http://www.mostrarousseau.it/info/

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

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