Sottomissione. La surrealtà di Houellebecq e il Vecchio Continente.

Molteplici e variamente leggibili gli approcci alla narrazione per chi racconta storie. Il rifugiarsi nella surrealtà per lo scrittore resta pur sempre un metodo suggestivo ed intrigante sempreché le argomentazioni trattate trovano fondamento e radici nel reale, diversamente si approda nella fantascienza con la premessa dello storico interrogativo che impera da qualche decennio circa la capacità di produrre letteratura o un surrogato che con i lumi culturali, per dirla con Pascale Casanova, ha poco o nulla da spartire.

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Premessa necessaria prima di prendere in esame l’ultima fatica letteraria di Michel Houellebecq “Sottomissione” che l’editore Bompiani (Flammarion, in Francia) ha mandato di recente in vetrina L’opera presa in esame rappresenta un racconto filtrato dalla letteratura, una letteratura di cronaca (surreale nel caso specifico), di documento (non ne esistono a supporto), una storia dove una letteratura impura possa salvare quella pura o un testo in grado di svelare l’anima di un’umanità che corre verso l’ignoto? Niente di tutto questo. Ma procediamo per ordine. Quale il racconto che Houellebecq ci consegna? Per la sintesi mi affido all’aletta del libro per riflettere su alcuni passaggi.

A Parigi in un indeterminato ma prossimo futuro, vive François, studioso di Huysmans, che ha scelto di dedicarsi alla carriera universitaria. Perso qualsiasi entusiasmo verso l’insegnamento, la sua vita procede diligente, tranquilla e impermeabile ai grandi drammi della storia, infiammata solo da fugaci avventure con alcune studentesse, che hanno sovente la durata di un corso di studi. Ma qualcosa sta cambiando. La Francia è in piena campagna elettorale, le presidenziali vivono il loro momento cruciale. I tradizionali equilibri mutano. Nuove forze entrano in gioco, spaccano il sistema consolidato e lo fanno crollare. E’ un’implosione improvvisa ma senza scosse, che cresce e si sviluppa come un incubo che travolge anche François. “Sottomissione” è il romanzo più visionario e insieme realista di Michel Houellebecq, capace di trascinare su un terreno ambiguo e sfuggente il lettore che, come il protagonista, François, vedrà il mondo intorno a sé, improvvisamente e inesorabilmente, stravolgersi.

Non può non colpire il giudizio che l’editore (o chi da esso delegato) dà dell’opera nella presentazione: “il romanzo più visionario e insieme realista di Houellebecq”. Pienamente d’accordo sulla visionarietà del racconto, in totale disaccordo sul suo realismo che permea l’opera, la quale in quanto tale andrebbe collegata alla categoria dei romanzi storici. Una forzatura che non regge in quanto priva dei fondamentali per ascriverla a tale genere.

Romanzo visionario piuttosto o da attribuire al genere fantascientifico, ma che senza ombra di dubbio non consente alla letteratura di svelare l’anima di un’epoca profondamente travagliata.

E’ da questo travaglio che bisogna partire per capire il senso di un’operazione e stabilire se essa appartiene, per dirla sempre con Pascale Casanova, ai lumi commerciali o a quelli strettamente culturali.

Cosa rappresenta oggi l’Europa e la sua costituzione ed, altresì, l’Unione configura realmente le idealità dei suoi padri fondatori? Niente di tutto questo. Ma se è vero che abbiamo raccordato i vari Stati intorno ad una moneta unica, abbandonando il continente alla mercé dei mercati, dall’altro non possiamo concordare con chi lo definisce “un’entità morta”. Ed allora come e perché nuove forze entrano in gioco sullo scenario politico francese tale da mutare i tradizionali equilibri e far crollare il consolidato sistema? Ma in cosa consiste quest’implosione che si sviluppa come un incubo?

E’ detto in breve. Ben Abbes, candidato della Fratellanza Musulmana, con l’appoggio dell’UDI e del PS, un fronte repubblicano allargato, vince le elezioni presidenziali francesi e diviene Presidente della Repubblica. L’asse principale della sua politica estera sarà lo spostamento del centro di gravità dell’Europa verso il Sud; esistono già alcune organizzazioni che perseguono questo obiettivo, per esempio l’Unione per il Mediterraneo. I primi paesi suscettibili di aggregarsi alla costruzione europea saranno sicuramente la Turchia e il Marocco; poi verranno la Tunisia e l’Algeria. A più lungo termine l’Egitto…La vera ambizione di Ben Abbes, ne sono convinto, è diventare a suo tempo, il primo presidente eletto dell’Europa – di un’Europa allargata, che includa i paesi del bacino mediterraneo… Leggendolo, comunque, salta agli occhi che il suo grande riferimento è l’impero romano.

Houellebecq - Foto: B d'Alessandri SloSlo / Starface

Mi fermo e non m’inoltro nella lettura di altri brani per denunciare che quello annunciato come il capolavoro letterario di inizio millennio, altro non rappresenta che il parto fantascientifico d’un autore al risveglio dall’incubo procurato da un lungo e travagliato sogno. Certo nessuno può impedire ad un autore di disegnare scenari quale quello che ci ha affidato Houellebecq in “Sottomissione”, ma credo che sia improprio usare il termine “letteratura” nel caso dell’autore transalpino. Se voleva dare corpo alla profezia della Fallaci, credo che l’abbia fatto nel modo meno credibile, soprattutto quando assegna al protagonista il riferimento dell’impero romano, il quale aveva aggregato i paesi del bacino del Mediterraneo con la forza delle armi. Ecco perché Houellebecq per affermare la sua fantasiosa utopia non poteva che rifugiarsi in una surrealtà che non offre sbocchi ad un disegno suggestivo tantomeno irrealizzabile. Un romanzo dove i ritmi di lettura cadono ripetutamente, causa la ricerca forzata di argomenti da far ruotare attorno all’idea principale del musulmano presidente della Francia, un girovagare svogliato e noioso del protagonista in un paese che si risveglia senza colpo ferire alla nuova realtà.

Ha ragione Eraldo Affinati quando denuncia l’intollerabilità della società mediatica che porta a rendere degno di considerazione solo quello che riceve luce dai riflettori del mercato, mentre il resto (i buoni libri) è come se non esistessero. Colpa della critica che non è più in grado di assolvere al ruolo di cinghia di trasmissione tra mondo letterario e legittimi destinatari? Non solo.

Le responsabilità vanno suddivise parimenti tra i vari responsabili di un mondo che ha affidato il proprio ruolo ai lumi commerciali e non culturali, per ritornare a Pascale Casanova.

Un testo, ci ricordava Pasolini, non è mai un’entità casuale, un oggetto astratto, bensì un prodotto legato alle idee del suo autore e rispecchia le strutture della società nella quale l’autore vive. Chi scrive ricopre un ruolo e attraverso la scrittura interpreta i fatti storici, politici, religiosi e sociali del suo tempo, mosso da una tensione morale che gli consente di focalizzare le contraddizioni del contesto storico nel quale opera.

Houellebecq ignora la lezione pasoliniana, imboccando la strada opposta a quella indicata dall’autore de “Gli scritti corsari” e “Le ceneri di Gramsci”.

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François, il protagonista, alla fine del suo peregrinare affronta con disinvoltura il passaggio da un Dio all’altro per recuperare la prospettiva di una cattedra alla Sorbona. E’ la diabolica trovata finale dello scrittore transalpino. E’ il nuovo Dio che consente poligamie e ordina alle donne di velarsi. Poligamie dove il sentimento più puro e indivisibile possa significare oggetto di spartizione e “velature” a coprire l’oggetto peccaminoso. Mi tengo il mio Dio, caro Houellebecq, che mi ha donato libero arbitrio per autogestirmi, una laicità sconfinata e non mi chiede “sottomissione” ma amore verso la sua immagine somigliante che è l’Uomo. E senza il mercimonio del baratto. Resta sullo sfondo solo l’incanto di una Parigi, ancora stordita, che sembra avvertire l’aria pesante del cambiamento.

L’Europa non è un continente morto, ferito sì, per quanto di peggio abbia potuto produrre nel Novecento, ma possiede anche gli anticorpi, credo, per porre rimedio ai guasti procurati, soprattutto l’ultimo, nell’affidare la sua nascita ai soli mercati finanziari, trascurando la ricerca di quell’unità culturale da porre a fondamento del suo atto costitutivo. I confini geografici del Vecchio Continente sono contrassegnati ad occidente dall’Atlantico e ad oriente dagli Urali. Se così fosse stato nella costituzione dell’Unione europea avremmo evitato il colpo di coda di un continente per lungo tempo martoriato e che non ha ancora rimarginato le ferite del recente passato.

di Raffaele Bussi
(Castellammare di Stabia – Napoli)

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Raffaele Bussi
Raffaele Bussi è nato a Castellammare di Stabia. Giornalista, scrittore e saggista, collabora con importanti quotidiani e periodici nazionali. Ha collaborato a "Nord e Sud", "Ragionamenti", e successivamente a "Meridione. Sud e Nord del Mondo", rivista fondata e diretta da Guido D'Agostino. E' stato direttore editoriale della rivista "Artepresente". Collabora al portale parigino "Altritaliani" e alla rivista "La Civiltà Cattolica". Ha pubblicato "L'Utopia possibile", Vite di Striscio", "Il fotografo e la Città", "Il Signore in bianco", "Santuari", "Le lune del Tirreno", "I picari di Maffeo" (Premio Capri 2013 per la critica letteraria), "All'ombra dell'isola azzurra", romanzo tradotto in lingua russa per i tipi dell'editore Aleteya, "Ulisse e il cappellaio cieco" (2019). Per Marcianum Press ha pubblicato: "Michele T. (2020, Premio Sele d'Oro Mezzoggiorno), "Chaos" (2021), "L'estasi di Chiara" (2022), "Servi e Satrapi" (2023).

1 COMMENTAIRE

  1. Sottomissione. La surrealtà di Houellebecq e il Vecchio Continente.
    Je salue Houellebecq d’avoir poussé à l’extrême ce scenario et à raison : il y a de plus en plus d euro sceptiques, la montée des partis politiques radicaux, peu de gens votent, une désaffection générale de la politique à laquelle plus personne ne croit et voilà qu’il y a des sursauts de foi religieuse. Ainsi en france, les anti mariage pour tous dont beaucoup de catholiques. On sent que le pouvoir est à saisir et qui pourrait bien s’en emparer et mobiliser des gens comme ce n est plus guère les partis…… une ancienne nouvelle utopie. Nous faisons fonctionner l europe sans âme comme une grosse machine désincarnée. les personnes se crispent sur leurs identités et la religion revient au devant de la scène. En france on en vient à parler d’union nationale comme si le pays allait basculer dans la guerre civile. Et je pense aux sumériens, comme il y eu les grecs et les romains. Je m interroge sur la capacité que l europe à de défendre son modèle et son histoire et la mémoire et l’héritage de ceux qui ont livré des batailles et qui ont payé de leur sang. Je ne suis pas très rassurée et les politiques et intellectuels je les crois bien capable de tourner leur veste pour conserver leur statuts.

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