Scrivere per resistere: “La fabbrica dei sogni” di Gae Sicari Ruffo

L’ultimo libro di racconti di Gae Sicari Ruffo, presentato a Reggio Calabria, è l’occasione per parlare della scrittura come strumento di resistenza. Resistenza alla sofferenza della vita, alla morte, ma anche la scrittura come favola che ci parla del passato e che ritroviamo nel presente, nell’epopea del nostro mondo. Lo scrittore, eroe dai mille volti, evocatore di sogni ed eremita solitario.

Come si manifesta in territori come l’estremo Sud la resistenza al degrado, all’assenza di speranza, in una parola alla perdita dell’anima? Risponde Gae Sicari Ruffo con “La fabbrica dei sogni”, un libro di racconti che l’associazione Nuovo Umanesimo per il suo trentennale ha presentato alla Biblioteca dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria il 31 ottobre.

Non è dunque una celebrazione. È una forma di resistenza, l’indicazione proficua di un tao. La manifestazione ha come titolo ed ambito “Scrittori e scrittura”. Ma il profondo intento è quello di incoraggiare a resistere.
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La scrittura infatti intende strappare l’esistenza alla morte e soprattutto alla forma più insidiosa di morte che è quella spirituale. Il nulla ci insidia. Lo ha sempre fatto ma ha trovato sempre profonda resistenza negli eroi.

Gli scrittori dunque come eroi. Lo scrittore argentino Ernesto Sàbato intitola una sua opera Sopra eroi e tombe (Einaudi 2009 [[La prima edizione in italiano è del 1965]]). Gli eroi traggono foscolianamente la loro ispirazione dalle tombe ed i morti rivivono in una sorta di scambio e fanno vivere l’eroe che li trae dall’oscurità dell’Erebo.

Il termine fabbrica che da uno dei racconti passa ad indicare tutta la raccolta, insiste su questa necessità e costruzione. L’eroe-scrittore è faber, costruttore ed insieme evocatore di persone, soggetti, uomini.

Nella “Fabbrica dei sogni” è un eremita che viene salvato dal fuoco da un santone e si mette ad errare. Come gli antichi cavalieri erranti la sua quest, la ricerca, è non tanto e non solo ricerca della verità o dell’avventura ma soprattutto di sè.

Nella scrittura, come dice Paul Valéry nei “Cahiers”, la ricerca è duplice come duplice è il rapporto, con la morte e con l’io. Quando scrivo io mi scrivo. È l’affermazione paradossale di Valéry e poi aggiunge: Ma non mi scrivo tutto. Sicché, lettore, sono io la materia del mio libro.

Nel racconto l’eremita che cerca il santone incontra un viandante che è anche lui alla ricerca di una persona che ha già incontrato. Vanno per la montagna, si inoltrano in una caverna e lì incontrano il genio del fuoco che altro non è che la persona che cercavano e che ha il compito di mantenere sempre vivo ed ardente il fuoco e ha come servitori i sogni. Il fuoco ed i sogni devono restare sempre. Li invitò entrambi a restare nella grotta ma solo l’eremita accettò, l’altro preferì tornare a casa sua.

E dunque c’è un surplus qui. Lo scrittore è evocatore di sogni ed è eremita, accetta il dolore della solitudine. Il racconto diviene dunque oltre la ricerca del sé, mito, sapere collettivo, epopea, si carica di sacralità. L’eroe, cioè lo scrittore, è l’eroe dai mille volti di cui parla Campbell. Evoca altri uomini, mille esistenze, percorre instancabilmente la storia ed ha una carica profetica come ne L’ultima sibilla.

Il sapere si fa vita e si ripete. Si rifrange in mille altre esistenze e si fa eterno ritorno, alla maniera di Nietzsche e di Thomas Mann e di Goethe e dei grandi scrittori europei. Iris, la protagonista de L’ultima sibilla viene da un tempo lontano ma vive tragedie recenti, terremoti, la caduta delle torri gemelle. Perchè i racconti mitici o fiabeschi che siano hanno la concretezza della realtà più prossima.
Lunghe file di persone davanti alla sua casa e un sogno personale di libertà come i gabbiani che veleggiano accanto al brigantino dalle vele spiegate che chiude il racconto.

L’epopea torna nel ventre della grande madre, torna alla morte.

Soggetto e umanità, libertà e samsara, ciclo biologico e storico, eterno ritorno e storia, in un intreccio sapiente che la scrittura offre ai suoi sacerdoti ed a chi sa ascoltare.

Carmelina Sicari

P.S. Pubblicazione presso Grafica Biroccio Silvio, Reggio Calabria, 2014. pp.111. 

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Carmelina Sicari
Carmelina Sicari è stata Dirigente Scolastico del Liceo Classico di Melito Porto Salvo e dell'Istituto Magistrale di Reggio Calabria. Si occupa da tempo di letteratura contemporanea e di semiotica con opere su Pirandello e sull'Ariosto. Ha collaborato a molte riviste letterarie tra cui Studium, Persona, Dialoghi… Ha all'attivo numerose pubblicazioni su La canzone d'Aspromonte, Leopardi e il Novecento letterario. Continua a sostenere nel presente il Movimento culturale Nuovo Umanesimo di Reggio Calabria di cui è stata ideatrice.

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