Venezia 71: A Venezia arriva Messi (il film) e torna Makhmalbaf.

Mentre con lo spagnolo de la Iglesias continua con “Messi” le giornate degli autori, raccontando del controverso campione argentino, parte anche la sezione Orizzonti con il film The President del maestro iraniano Mohsen Makhmalbaf, un film che prende posizione contro tutte le dittature.



GIORNATE DEGLI AUTORI: MESSI di Alex De la Iglesia (Spagna, 93’, v.o. spagnolo s/t inglese/italiano)

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Per le Giornate degli Autori è stato presentato il film biopic “Messi” del regista e sceneggiatore spagnolo Alex de la Iglesia (autore di pellicole come “Azione Mutante” del 1993, “La comunidad”, 2000, “Crimen perfecto”, 2004, “Oxford murders – Teorema di un delitto” 2008). E’ il suo ritorno alla Mostra del Lido di Venezia quattro anni dopo la “Ballata dell’odio e dell’amore” presentato in concorso e vincitore del Leone d’Argento e dell’Osella per la migliore sceneggiatura.

Questa volta de la Iglesia ci presenta un documentario quindi, sul celebre calciatore argentino Lionel Messi, consacrato 4 volte con il Pallone d’Oro dalla comunità calcistica internazionale e degno erede di Diego Armando Maradona. Il regista, mescolando immagini tratte dai filmini di famiglia, spezzoni televisivi locali e inserimenti di finzione (con ragazzini e adulti nelle parti del calciatore e dei membri della sua famiglia) ripercorre la storia di questo campione del calcio nato a Rosario, un quartiere povero argentino, il 24 giugno 1987. Il tutto raccontato attraverso le voci di chi lo ha visto crescere e formarsi nell’attività sportiva: i suoi insegnanti e i suoi compagni di scuola e di calcio nella sua squadra dove milita da sempre, il Barcellona, e ancora i suoi allenatori e giornalisti. Tutti riuniti a cena in un ristorante a conversare amabilmente fra loro, tra i vari tavoli.

Ne viene fuori la toccante storia di un ragazzino, più piccolo della sua età, con all’inizio un problema di crescita, ma con un grande talento, incoraggiato al calcio grazie alla sua nonna materna ed in seguito da suo padre. Un bambino capace di dare del filo da torcere anche ai calciatori più grandi con i quali giocava. Sulla scia di altre pellicole, come il “Maradona” di Emir Kusturica o il “Maradona – La mano de Dios” di Marco Risi, Alex de La Iglesia rende omaggio a uno dei suoi miti calcistici, presentando una storia di successo e di sacrifici che sembra una piccola favola.

ORIZZONTI: THE PRESIDENT di Mohsen Makhmalbaf (Georgia, Francia, Gran Bretagna, Germania, 115’, v.o. georgiano s/t inglese, italiano) con Misha Gomiashvili, Dachi Orvelashvili.

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Il film di apertura in concorso nella sezione Orizzonti è stato invece “The President” dell’iraniano Mohsen Makhmalbaf (“Il silenzio”, 1998; “Viaggio a Kandahar” 2001). In un immaginario paese caucasico viene deposto con un improvviso e sanguinoso colpo di stato un dittatore. Egli sarà obbligato a scappare insieme al suo giovane nipotino di cinque anni, che verrà quindi separato dalla sua famiglia e dalla sua sorellina alla quale era molto legato.

Entrambi saranno costretti a viaggiare, per non essere catturati, sotto mentite spoglie (il dittatore travestito da musicista di strada e il ragazzino con abiti femminili) per le terre ormai in mano al Fronte Unito dell’Opposizione, i ribelli armati che hanno intrapreso una guerra civile e un’epurazione dei sostenitori del deposto presidente.

Durante il viaggio per fuggire dal paese i due incontreranno una varia umanità che racconterà loro i crimini commessi dai sostenitori del suo ex regime. Per il vecchio presidente sarà l’amara scoperta che il rancore proveniente dai nuovi oppositori armati porterà a quella violenza e sopraffazione derivante da come il dittatore aveva trattato il suo popolo, fino alle estreme conseguenze. La pellicola di Makhmalbaf è la summa di ogni regime che è stato deposto nel mondo.

Dalla caduta dello Scià di Persia (Makhmalbaf, allora quindicenne, si era unito alla milizia rivoluzionaria contro quel regime, e a 17 anni era finito in prigione per aver partecipato all’assalto di una stazione di polizia) fino alla fine di Saddam Hussein in Iraq o Gheddafi in Libia o Mubarak in Egitto. Ne viene fuori un’emblematica storia, dai tratti crudi e un po’ sgranati, di ogni fine dittatura e l’avanzare di rivoluzioni che a volte covano solo odio e vendetta e instaurano alla fine altri sanguinosi regimi.

Da Venezia

Andrea Curcione

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