Le Miniature, un’emozione di parole e musiche.

Tra autobiografia, sogno e fiaba. Il lavoro lirico e musicale del duo trentino/romano Silvia Caracristi e Gabriele Pierro. Un minimal folk ricco di sonorità tra acustica ed elettronica. Non evasione ma sogno in un mondo giovanile che cerca speranze e colori e, come per Pollock, i suoni e le parole sembrano confluire in assoluta naturalezza. Questi sono Le
Miniature.

Avete presente quando ascoltate un cd per cento volte di fila senza stancarvi e lo ascoltate per così tanto tempo nelle cuffie che entra a far parte della vostra playlist del momento? Beh, a me è successo con quello di Silvia Caracristi e Gabriele Pierro, un duo trentino/romano minimal folk dal nome Miniature.

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Il nome del gruppo si addice perfettamente allo stile musicale da loro interpretato: musica d’autore per giocattoli e alta tecnologia. Il fatto che durante le loro esibizioni il duo non sia supportato da numerosi elementi ritmici fa sì che le note arrivino dritte all’anima, con precisione, discrezione, quasi come un gioco. Mentre i pezzi si susseguono uno dopo l’altro, nulla è lasciato al caso e allo stesso tempo si ha la sensazione di assistere a qualcosa di improvvisato. La voce di Silvia Caracristi arriva chiara, emozionante, intensa, creativa. Gabriele Pierro l’accompagna con la chitarra e insieme alternano piccoli strumenti: Acoustic guitar, ukulele, uku bass, bouzouki, synth, drum machine, percussions, glockenspiel, toypiano, rhodes, mini harmonica .

La pacatezza nordica anche questa volta svela una potente presenza di scena, un gioco creativo tra la voce e gli strumenti, tra le parole e le note. Oltre al rifacimento di brani famosi, tra cui una vibratissima Virtual Insanity, e inserita in un album di sole cover, (da ascoltare!), quello omonimo di Silvia Caracristi dà spazio a una serie di brani autobiografici che invocano la fiaba e il racconto, scanditi dai tempi dell’introspezione e dei sentimenti.

Succede che molti artisti dopo aver ideato una sequenza di note si sforzino per appiccicarci parole e appaiono lì per caso, solo per dare rilevanza alle note, alla melodia. Ce ne sono poi altri, unici nel loro genere, che quando compongono una canzone ne sono letteralmente posseduti e provano l’esperienza del libero flusso creativo. Allora è come un quadro di Pollock, dove i colori confluiscono perfetti, insieme, nell’arco del tempo dell’ispirazione, dell’epifania ideativa.

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I brani del suddetto album sono note sottoforma di parole e viceversa, inscindibili fra loro; sembra che non ci sia stato un prima e un dopo, ma un’unica visione e un’unica origine. In ‘Canzone stupida’ il momento della scrittura è un pretesto alla ricerca di sé, la necessità dell’artista di creare per non venire meno al peso dell’esistenza, della noia, dell’ansia. Sono poesie musicate, prosa sottoforma di canzoni. Potrebbe essere un diario, un resoconto personale della propria vita e delle proprie emozioni e non a caso Silvia si ripropone di scrivere periodicamente dei brani e metterli on line. Il tempo tra la creazione e la fruizione si restringe così notevolmente, quasi scompare.

Con Pagine vuote Silvia vince la targa della critica come finalista al Premio Bianca d’Aponte 2008. C’è un nuovo modo di guardare il mondo, la voglia di non desiderare cose che non sono più necessarie alla felicità, il piacere che ne deriva da una sintesi intellettuale traboccante di significati e significanti. Le pagine vuote, bianche, sono una predisposizione al cambiamento, lasciando da parte ogni presunzione di capire per potersi protendere al futuro. “Porterò pagine bianche o vuote da riempire e nessuna volontà di cogliere o capire. Hai mai preteso di vedere il cielo in un bicchiere e poi sapere esattamente il modo in cui cadere, […] voglio vedermi libera da false profezie”.

A casa’ è un momento dove più che manovrare la musica, è la musica che manovra l’artista, (cito una sua dichiarazione ad un’intervista) e Silvia si diverte a suonare sul suo letto a casa, quasi come fosse una bambina che gioca in estasi nel suo spazio privato. Il suo giocattolo: l’ultimo regalo di compleanno, un’autoharp.

Pezzi di cielo’ è un brano che avuto molti premi e riconoscimenti, tra gli ultimi il mio perché non ho smesso più di ascoltarlo. Il video mi ha ricordato Yellow dei Coldplay. E’ una canzone che parla di amore, forse quello a cui non siamo abituati, quello sciolto dalle banalità, dalle convenzioni, quello che però salva dal panico. I sentimenti vengono frantumati e raccolti per essere compresi in ‘Ulisse’, dove la solitudine è parente del silenzio e della frustrazione. Ulisse è colui il quale con pazienza cerca di portare a termine il suo piano senza cogliere mai il senso del mondo. Può succedere che la comunicazione manchi, che non si riesca a mettere in piedi i pezzi della propria vita e succede di pensare a Ulisse. Una storia antica quanto l’uomo.

Questo album/diario è la dichiarazione di sé, della fragilità di essere donna, talvolta così esagerata agli occhi di un altro, tragica, che può sembrare stupida. Ma la consapevolezza di come si è fatti dentro non è già una forza infinita? E allora si finisce con scrivere ‘Una canzone stupida’ perché l’arte prende in prestito il cuore dell’uomo e fa di lui un artista, qualcuno con la necessità di creare. La fragilità diventa allora la ‘forza più grande’. Si scrive per salvarsi.

Foto di Vincenzo Branà

La ricerca attenta dei gradi di ogni sentimento, l’accuratezza della loro descrizione, senza cadere mai nella foga di una nota impetuosa o irruente rende l’ascolto un’esperienza perfetta; niente spezza l’incanto da cui si viene travolti dall’inizio alla fine, fino a quando il disco è finito ormai da qualche secondo quando il display dello stereo è ancora illuminato e l’anima resta scoperta dalle emozioni.

Introspettivo, vulcanico, di fattezze islandesi, bjiorkianamente eclettico, questo duo mi fa venire in mente quei gruppi nordici per cui scivolo nel piacere di un ascolto ludico. L’uso degli strumenti vari (Amina e Sigur Ross), la limpidezza vocale di Emiliana Torrini, l’hi-tech dei Matmos, i gruppi musicali composti da tanti individui quanti sono gli strumenti vari piccoli e inusuali (Ra Ra Riot) e infine l’arte di strada, la giocoleria, il gusto di viaggiare in bici, di suonare ad ogni angolo di mondo che si ritenga attraente come i fori romani o in una barchetta in mezzo a un lago. C’è tutto il gusto della nuova generazione che non ha trovato ancora il suo posto ideale e non vuole né occuparlo né possederlo, che non ha bisogno di grandi strumenti per suonare piccole grandi note, perché in fondo è meglio andare leggeri durante un viaggio. C’è la passione e la potenzialità dei giovani che si esibiscono in famosi show senza ottenere contratti, che si sposta tra l’Europa e internet, senza lavoro, né stipendi stellari, la generazione Erasmus. Loro hanno abbandonato per sempre l’idea di essere competitivi, ma esistono tutti insieme sui social network, democraticamente sociali e inclusivi, lontani dalle esigenze aziendali e di mercato.

Questo album è l’occasione per iniziare il nostro cambiamento interiore, combatte senza colpi di scena né arroganza contro l’inessenziale in cui affoghiamo inconsapevoli. Parola dopo parola, nota dopo nota, ripulisce il nostro viso imbrattato da decenni di un’epoca consumistica destinata prima o poi al proprio collasso.

In questi giorni termina il progetto di crowdfunding di Silvia Caracristi con il quale finanzierà l’uscita del prossimo disco. La sua campagna ha avuto un grande successo sul web e oltre alla gioia per il risultato dà uno spunto per riflettere ancora sulle difficoltà dei musicisti contemporanei e che purtroppo spesso rimangono sconosciuti. Per fortuna che c’è internet!

Emanuela De Siati

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Ciao, sono Silvia Caracristi, e sono una cantautrice.

Canto e suono in giro per l’Italia da anni, ho partecipato e avuto importanti riconoscimenti in numerosi concorsi a livello nazionale (Sanremolab, Musicultura, Premio Bianca d’Aponte, Premio De Andrè, The Voice of Italy).

Sono anche voce del progetto di cover « Miniature » e a dicembre 2012 è uscito il nostro primo album autoprodotto.

Ora vorrei finalmente pubblicare il mio primo disco di canzoni originali.

In questi anni ho scritto e riscritto, registrato e riregistrato, arrangiato le mie canzoni in molti modi diversi avventurandomi negli stili più disparati.

Ho deciso di tenere l’essenziale e di usare molte cose scritte di recente.

Ho intenzione di rinchiudermi nella mia stanza-studio insieme ai miei strumenti, riorganizzare le idee ed uscirne con il mio disco finito.

Sono qui per chiederti un piccolo aiuto per realizzare il mastering delle tracce in uno studio professionale e per stampare il cd.

Se mi aiuterai a realizzare il mio progetto, oltre a guadagnarti la mia eterna gratitudine e rendermi infinitamente felice, potrai ricevere direttamente a casa tua il mio disco.

Oltre al cd puoi scegliere altre ricompense come borse, cuscini e succo di mela, tutto rigorosamente fatto da me!

Parteciperai alla mia impresa? Puoi anche ascoltarmi qui:

http://www.musicraiser.com/projects/1724-silvia-caracristi-il-primo-disco

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Emanuela De Siati
Emanuela De Siati, nata a Mazara del Vallo in Sicilia nel 1980. Ha una laurea in Storia e Critica del Cinema e una magistrale in Italianistica presso l'univesità di Bologna dove vive. Scrive e disegna per alcune riviste e siti on line. Cura due blog personali : http://emanueladesiatidisegni.blogspot.it/ e emanueladesiati.wordpress.com

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