L’industria ha deciso che si debba passare ad una nuova fonte di proiezione, quella digitale e chi non potrà adeguarsi, finirà la sua avventura di sala. Arriva il momento di salutare la pellicola in celluloide. La fine di un’epoca, di una lunga storia fatta di « pizze » da raccordare e di artigiani-operatori leggendari e bravi, come ci racconta Armando Lostaglio.
A metà di questo nuovo anno sarà sancita la scomparsa definitiva di una figura storica: quella di Alfredo, il vecchio Noiret di “Nuovo Cinema Paradiso” sparirà anche dalla memoria. Le ultime sale con il proiettore e le pesanti “pizze” dovranno adeguarsi ai nuovi impianti digitali, oppure chiudere per sempre. Conformarsi è un gioco che costa alcune decine di migliaia di euro, e non tutte le sale potranno permetterselo; quasi la metà di quelle attive, in Italia,rischia la fine.
La fine e il mitico “The end” di uno spettacolo che dura da tanti anni (molto più di un secolo), da tanti sogni in celluloide per milioni di bambini e per quegli adulti che in quelle sale (un tempo fumose) ritornavano sognatori: quel cono di luce da quella cabina sul soffitto della sala che il fumo delle sigarette rendeva tangibile, imperscrutabile e misterioso, come lo erano quelle mille e mille storie.
Chissà quante sale resisteranno nella mia regione, la Basilicata, dopo il prossimo fatidico giugno. Il proiezionista del Cinema Combattenti a Rionero aveva occhiali a culo di bottiglia, un po’ ricurvo e sempre con lo stesso viso, mite: chissà in quanti ricorderanno il suo nome. Quella memorabile sala è stata demolita, o forse è implosa su se stessa, seppellendo i manifesti polverosi che tanto avremmo voluto tenere per noi.
Al Cinema Arcobaleno (il Vorrasi) l’ultimo proiezionista è stato Lillino, il maggiore dei fratelli, il quale fra un intervallo e la proiezione, manovrava e smontava con il cacciavite sempre qualche diavoleria, oppure si divertiva coi cruciverba. Figure di un tempo remoto, erano loro a governare quel fascio di luce. “Vociaaa!!!”, oppure “lùciaaa!!!” urlava il vecchio Michele nel buio della sala quando non sentiva bene oppure aveva urgenza di andare al bagno e non vedeva che buio fra le filari di seggioloni cigolanti.
Ed ancora: “Quadroooo!!!” se le immagini non erano a fuoco. E loro, i mitici proiezionisti, obbedivano immediatamente alle strillate dei sognatori che non volevano essere risvegliati: un minimo inciampo tecnico e sarebbero ripiombati nella realtà … E solo allora quelle figure prendevano sostanza, “operai metalmeccanici al servizio dei sogni”, ovvero “magici macchinisti dello schermo d’argento”. La manopola della luminosità e del sonoro è conduzione non da tutti, quasi da registi celati ed arcani, perché chi è un cineasta se non ci fosse stato Lillino o il proiezionista mite e gli occhiali a culo di bottiglia?
Ora il freddo digitale manderà in pensione o in rottamazione le leggendarie macchine Prevost P50 Magnus ad arco voltaico e le consorelle lanterne magiche (la Cineteca Lucana di Nino Martino ha diversi esemplari, custodite come si fa coi santi). Il cineoperatore Serafino Gubbio del romanzo di Luigi Pirandello, all’inizio del secolo scorso, lo aveva sentenziato: “Siamo solo una mano che gira una manovella; date, date alle macchine voraci che aspettano! Questo doveva avvenire, questo è infine avvenuto”.
Armando Lostaglio