Intervista ai Têtes De Bois. Mai di moda e cantano Léo Ferré.

I musicisti italiani I Têtes De Bois a Parigi con uno spettacolo su Léo Ferré, grande figura di « artista cantante poeta ». Stanno preparando per gli inizi 2014 un nuovo album che gli sarà dedicato a vent’anni della sua scomparsa. Vi facciamo incontrare il trombettista Luca De Carlo e il cantante della band Andrea Satta in un’intervista schietta e poetica. Il concerto, intitolato « Ferré, l’amore e la rivolta », si svolgerà il 18 ottobre alle 20.00 presso l’Istituto italiano di Cultura di Parigi.

Pietro Bizzini per Altritaliani: “Mai di moda” (AlaBianca) è il titolo della vostra raccolta, quant’è comodo e quant’è scomodo esserlo?

Luca De Carlo (il trombettista): non essere mai di moda non è mai comodo, evidentemente, per tante ragioni. Il titolo voleva essere un po’ provocatorio ma anche autoironico. Sai, dopo vent’anni di attività…

Andrea Satta (il cantante): Non è facile e non è difficile. E’ più complicato non prendere sonno per essere stati diversi da se stessi e non aver avuto un po’ di coraggio ogni giorno.

P.B.: Partiamo dall’inizio della vostra carriera: nel 1994 sotto la statua di Giordano Bruno a Roma, avete debuttato su un furgoncino acquistato da un rigattiere, usato come palco. A chi è venuta l’idea e com’è nata? Come siete riusciti a dribblare gli attenti vigili romani?

Luca: L’idea credo fosse venuta ad Andrea e il camioncino l’abbiamo usato spessissimo in tutti questi anni. Tutto il tour di Avanti Pop dal 2006 al 2009 l’abbiamo fatto utilizzando il camioncino come nostro palco o come palco per gli ospiti come nel bellissimo concerto dell’estate 2007 al festival jazz di Roccella Jonica.

Andrea: I vigili romani non li abbiamo dribblati, ci hanno stangato con le multe che abbiamo pagati anni dopo maggiorati di interessi e more. L’idea del camioncino è stata un lampo collettivo, in fondo in Italia si dice “tanto è ladro chi ruba che chi regge il sacco”. Noi siano ladri di ossigeno.

P.B.: Fin dal nome del vostro gruppo, passando da uno dei vostri primi cd E anche se non fosse amore (1994) arrivando al premio Comune di Charleville-Meziers per il concerto del 150º anniversario della nascita di Rimbaud vinto nel 2010 avete rivolto l’attenzione alla musica e alla cultura francese, da dove è iniziata questa attenzione, questo rapporto stretto e fecondo?

Luca: Abbiamo iniziato nel ’94 facendo esclusivamente il repertorio della chanson francese. Eravamo gli unici che riprendevano quelle canzoni ed infatti ci siamo fatti subito notare. Sul disco che hai citato c’era un po’ di tutto da Becaud a Ferré. Poi nel tempo le cose si sono depositate e accanto al nostro repertorio originale italiano l’unico autore che è rimasto costante è stato proprio Ferré.

Andrea: Se fossimo nati inseguendo i miti del rock americano o inglese questa domanda non me l’avresti fatta e questo già vuol dire che c’è bisogno di avere uno sguardo differente più spesso. Nessuno sa stare solo davanti al microfono con la forza e la passione delle parole come hanno fatto certi francesi. E poi, se tu avessi avuto la casa piena di dischi di Brel e Brassens, Becaud e Ferré, perché tuo padre lavorava in Francia, un giorno qualunque non avresti preso a cantarci sopra?

P.B.: Durante il vostro prossimo concerto a Parigi interpreterete le canzoni di Léo Ferré, cosa ti ha più colpito di questa figura intrigante?

Luca: Ferré è stato una grande figura di artista/cantante/poeta/intellettuale. La sua forza comincia già dalla grana della sua stessa voce, dal modo di pronunciare, dal peso che da ad ogni parola. Una volta l’ho anche incontrato quando agli esordi suonavo con la banda della Scuola di Testaccio, gli facemmo una sorpresa suonandogli Paris Canaille all’uscita di uno studio televisivo dove stava registrando qui a Roma. Oggi conosciamo bene la famiglia Ferré, è insieme a loro che è nato l’idea di dedicargli tutto un disco nel 2003 e anche il prossimo che uscirà a breve.

Andrea: La visionarietà. Penso a “La mémoire et la mer”, penso alla tragedia “Le Bateau Espagnol”, penso alla rabbia e all’amore a “Gli anarchici” alla “Solitudine” a una vita d’artista ostinata, dispara e bella.

P.B.: Léo Ferré era un anarchico, gli avete dedicato un intero cd Ferré, l’amore e la rivolta (2003), ti ritrovi in questa etichetta etico/politica/sociale? Cosa vuol dire per te Anarchia? Che cos’è?

Luca: No, personalmente non sono un anarchico, mio padre lo era, io direi di no. Ma gli ideali anarchici sono affascinanti.

Andrea: Anarchia è il coraggio di coltivare l’ inquietudine e di scegliere la riva scomoda se ci credi. Certo, io mi sento anarchico.

P.B.: Hai preferito lavorare con la Pivetti su La7 nella trasmissione “Fratelli e Sorelle d’Italia” o occuparti più di colonne sonore cinematografiche (ricordiamo Le ombre rosse di Maselli. Di nuovo sul grande schermo nel 2011, sono gli autori delle musiche del film Passannante regia di Sergio Colabona e « Non mi avete convinto. Pietro Ingrao, un eretico » di Filippo Vendemmiati)?

Luca: Due cose molto diverse. In linea di massima la televisione è una gabbia di matti ma può essere anche divertente, dipende. Il programma che hai citato è stato una bella faticaccia: decidevamo quali brani avremmo arrangiato e suonato a poche ore, in qualche caso minuti, dalla registrazione. Lavorare ad un film è un’operazione di approfondimento e di ricerca più appagante.

Andrea: Io ho sempre cantato per una persona sola seduta davanti a me, è l’unica passione che so trasmettere.

P.B.: La vostra musica si può ancora definire impegnata politicamente, è difficile scriverla in un mondo massivamente disimpegnato e disilluso?

Luca: No, non è difficile, è la nostra natura…

Andrea: E’ un periodo disilluso, ma non disimpegnato. Molti si battono per le cause in cui credono. Penso ai ragazzi della Val di Susa e alla loro lotta per difendere quella terra dalla devastazione della TAV. Penso a tutti quelli che si battono in difesa dell’ambiente e penso a quelli che lottano contro le mafie ogni giorno. Ma molta gente ha la pancia così piena che non altro obiettivo che difendere il proprio benessere, anche ora che c’è tanta crisi è così. Noi occidentali non ci rendiamo neanche conto di quanto siamo grassi…

P.B.: Ho trovato nelle vostre canzoni il sapore della poesia metropolitana ma anche di una natura sia distante che accogliente come, per esempio, nelle canzoni Albatros o la Luna. Che valore ha per te nelle grandi riflessioni che guidano tutte le vostre produzioni?

Luca: Non so come risponderti. Mi sento molto metropolitano e amo il jazz che certo non è una musica bucolica…

Andrea: La città nasconde un cuore verde. Il prato più bello cresce nel poligono descritto dai binari che si separano poco fuori dal centro e nella corsia del tram sepolta dalle foglie dei platani.

P.B.: Altro soggetto molto presente è la bicicletta: è ostica usarla a Roma come, purtroppo, in molte altre città italiane. Cosa porta in sé quest’oggetto? Perchè è così insostituibile nell’immagine della libertà umana?

Luca: A questo lascio rispondere Andrea che è troppo più forte di me, in bici.

Andrea: Perché è la stessa da cento anni, perché attraversa la nostra storia, perché se non pedali noi vai, perché ti restituisce il tempo e la leggerezza che non credevi più di avere.

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P.B.: Nello scorso Tour, quello di Goodbike avete inventato il palco a pedali, dove i fan pedalavano in diretta per dare l’energia al vostro palco, avete in mente altre performance da portare nel tour?

Luca: Sicuramente ci inventeremo qualcosa di nuovo! Il Palco a Pedali comunque continueremo a farlo in giro anche nei prossimi mesi…

Andrea: Credo che il Palco a Pedali sia una idea formidabile. E’ un po’ come se avessimo inventato la corrente elettrica o l’aspirina. Come può restare una cosa solo nostra? Copiatela pure e ricordatevi che siamo stati felici di averla messa al mondo.

Pietro Bizzini

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Têtes de bois en concert à Paris

Istituto italiano di Cultura
73, rue de Grenelle 75007 Paris
Métro : ligne 10, 12 › Sèvres-Babylone

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Andrea Satta voix, Carlo Amato bass, Angelo Pelini piano et synthé, Luca De Carlo trompette, Lorenzo Gentili batterie, Stefano Coffi guitare.

Sextet musical créé en 1992, lesTêtes de Bois, habitués des concerts de rue dans des lieux insolites comme les périphéries des villes et les zones industrielles, ont développé un mode artistique conforme à leur parcours, entre rock, folk et poésie, entre chansons italiennes et françaises. Ils multiplient les rencontres entre les mots et les sons, qu’ils saisissent dans le quotidien et dans le mouvement. Le concert de ce soir est un hommage à Léo Ferré, à l’occasion des vingt ans de sa disparition.

Les Têtes de Bois interpréteront les chansons de leur nouveau disque, ainsi que celles tirées des textes de Léo Ferré réarrangés en italien, ‘Ferré l’amore e la rivolta’, de même que des vers provenant de Baudelaire, Rimbaud et Verlaine.

En collaboration avec Musica per Roma.

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