I doni della Persia safavide alla Serenissima in mostra a Venezia.

A Palazzo Ducale un’interessante mostra fino al 12 gennaio 2014:“ I doni di Shah Abbas il Grande (r.1587-1629) alla Serenissima. Relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Venezia e la Persia Safavide.” Le relazioni diplomatiche con l’invio di delegazioni e doni reciproci hanno rappresentato una prassi strategica molto diffusa nei rapporti tra Venezia e le grandi potenze, soprattutto quelle dell’Oriente, con le quali la Serenissima era stabilmente in contatto o in lotta per il predominio sul Mediterraneo. Recensione e portfolio da visionare.

Tra il XV e il XVI secolo Venezia ha vissuto il massimo del suo fulgore, grazie anche ai rapporti diplomatico-commerciali che aveva saputo instaurare con le altre grandi potenze del Mediterraneo. Soprattutto con quelle in Oriente, con le quali la Serenissima – pur nell’evolversi degli scenari, dei conflitti e delle mutevoli alleanze – era stabilmente in contatto o in lotta per il predominio di alcune rotte strategiche che servivano ai propri interessi. Un esempio emblematico in tal senso è rappresentato dagli scambi intercorsi in età moderna tra la Repubblica e una delle più importanti potenze dell’epoca, la Persia, al tempo di Shah Abbas il Grande (r.1587-1629). Questo è il tema di un’interessante mostra allestita a Venezia, nell’imponente Sala dello Scrutinio a Palazzo Ducale dal titolo I doni di Shah Abbas il Grande alla Serenissima. Relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Venezia e la Persia Safavide.

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Quinto Re della Dinastia Safavide, Shah Abbas durante gli oltre quarant’anni di regno si dedicò freneticamente a riorganizzare le finanze e l’esercito persiano e a consolidare sul piano militare i confini del paese. Il suo territorio si estendeva dal Caucaso all’odierna Afghanistan, fino al Golfo Persico. Nel 1622 conquistò l’isola di Hormuz che riuscì a strappare ai portoghesi e ciò gli permise di controllare strategicamente le rotte per l’Oceano Indiano. Egli promosse le arti, in particolare con la costruzione della nuova capitale Isfahan – che era posta al centro dell’Iran in una posizione più facilmente proteggibile dalle incursioni ottomane o uzbeche – dove diede inizio a un’imponente serie di lavori di ristrutturazione e abbellimento oltre a una magnifica lavorazione della seta e dei tessuti ad opera della popolazione armena fatta confluire in dalla città di Julfa.

Mentre in Occidente si era andata sempre più affermando la supremazia Ottomana (l’apice di tale espansione era stata la presa di Costantinopoli nel 1453 e la conseguente scomparsa di Bisanzio) sempre più lanciata alla conquista di nuovi territori, Venezia era costretta a mettere in gioco tutte le proprie abilità belliche e diplomatiche per instaurare nuove alleanze ed evitare la perdita del controllo delle vie commerciali verso l’Oriente. Ecco che la Persia di Shah Abbas il Grande divenne un interlocutrice privilegiata e una potenziale alleata della Serenissima. Durante il suo lungo regno a Venezia si avvicendarono ben nove Dogi, il secondo dei quali, Marino Grimani (r.1549-1605) venne ritratto da Gabriele Caliari in un quadro – presente nella Sala delle Quattro Porte a Palazzo Ducale – in occasione del ricevimento dell’ambasceria persiana guidata da Fethi Bey nel marzo 1603.

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Era usanza, nel corso delle visite, come illustra bene il dipinto del Caliari, scambiarsi doni spesso importanti; Venezia non badava a spese per accoglienza e ospitalità delle delegazioni straniere. Gli ambasciatori persiani presentavano quindi al Doge le loro lettere di credenziali e i documenti commerciali chiamati firmani. Le missive venivano tradotte da un interprete ufficiale, fidato della Serenissima, che studiava le lingue orientali e che riceveva l’appellativo di dragomanno. I doni ricevuti erano di proprietà della Serenissima, non personali del Doge e venivano scrupolosamente catalogati dai segretari di Palazzo Ducale (i registri sono tuttora conservati presso l’Archivio di Stato).

Tra i doni presenti nella mostra – inviati con la seconda ambasceria del 1603 – vi sono i tessuti realizzati dalle maestranze armene: un tappeto subito destinato alla Procuratoria di San Marco, dove ancor oggi è custodito, che doveva servire come inginocchiatoio del Serenissimo Principe durante le solenni celebrazioni; e inoltre un velluto con la raffigurazione della Vergine con Bambino, ora nelle collezioni di Palazzo Mocenigo. L’ultima grande occorrenza di scambio di doni, documentato con la consueta precisione, è del 1621. L’inviato di Persia, Sassuar, porterà con sé, oltre alle consuete lettere credenziali, diversi doni che saranno molto ammirati in Senato. Tra questi vi erano quattro tappeti broccati in oro che furono assegnati alla Basilica di San Marco per essere esposti durante le cerimonie pubbliche; essi sono ancora oggi conservati presso il Museo di San Marco. Per suggellare questi incontri, come nel caso della visita dei delegati di Abbas il Grande, il Doge faceva coniare anche delle monete d’oro che entravano poi in uso commerciale.

Fin dai primi viaggi in Oriente di alcuni pellegrini come Pietro Valle (1586-1652), che all’inizio del Seicento intraprese un lungo viaggio alla scoperta dei territori e delle culture mediorientali, le descrizioni riportate sul sovrano persiano tendevano ad esaltare le sue doti di abile cacciatore e guerriero con l’uso dell’arco e delle frecce, uomo colto e raffinato, che rispecchiava una cultura millenaria mediorientale con influssi provenienti dall’Estremo Oriente. Nella mostra sono visibili alcuni testi antichi con le raffigurazioni del Re e dei suoi importanti emissari, talvolta ritratti in maniera molto dettagliata, quasi come un trattato di fisiognomica, dai quali si poteva comprendere quali fossero i costumi presso la corte Safavide e di apprezzare alcuni particolari quali la foggia delle vesti, la qualità dei tessuti e dei gioielli indossati. Importante è anche la sezione dedicata alla cartografia con le prime rappresentazioni della Persia presenti nelle tavole dell’Atlante Nautico firmato da Battista Agnese e datato 1553. Sono presenti inoltre alcuni oggetti di vasellame e una coppa da vino in lega con incisi ricchi disegni ornamentali che sono stati ricevuti in dono dal Doge Grimani.

La mostra è visitabile fino al 12 gennaio del 2014 con il regolare biglietto d’accesso agli itinerari di Palazzo Ducale, ed è stata curata dalla dottoressa Elisa Gagliardi Mangilli, con il coordinamento di Camillo Tonini ed il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Teheran, della Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica e dell’Università degli Studi di Udine.

Palazzo Ducale: www.visitmuve.it

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Andrea Curcione

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

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