Arriva in Francia “Miele”, opera prima di Valeria Golino: delicatissima e coraggiosa.

Presentato in concorso quest’anno a Cannes nella sezione “Un certain regard” arriva, sorretto da un notevole cast, nelle sale cinematografiche francesi, il film dell’attrice del fortunato “Respiro”. Un ulteriore segnale del buon momento della cinematografia italiana. Da non perdere.

MIELE (drammatico, durata 96 minuti) .

Sinopsi:

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Irene è una 30-enne che svolge una attività illegale in Italia. Si reca spesso negli USA, a Los Angeles, da dove va in Messico in pullman, per acquistare il “Lamputal”, un barbiturico letale che si usa per la soppressione caritatevole di cani ammalati. Riporta il farmaco in Italia clandestinamente e lo usa per suicidi assistiti di ammalati terminali. Dopo l’incontro con l’ingegnere Carlo Grimaldi, apparentemente un “cliente” come un altro, la sua vita ne viene sconvolta. Apprende infatti, solo dopo avergli lasciato il farmaco omicida, che l’ingegnere non è in fin di vita. E’, invece, un settantenne in perfetta salute, solo stanco di vivere. Questo contrasta con il rigido codice etico di Irene, che tenta quindi energicamente di farsi restituire il farmaco. Ma l’ingegnere rifiuta….….

Ispirato al romanzo « A nome tuo » di Mauro Covacich (ed. Einaudi). Opera prima della celeberrima attrice Valeria Golino. Esordio alla regia strepitoso. Lo premetto. Una scelta coraggiosissima. Quella di affrontare un tema tabù. E certamente poco attrattivo per chi pensa a recuperare i soldi investiti per fare un film. Non è stato infatti facile trovarli. Ci sono voluti due anni di tribolazioni, nonostante l’indubbio prestigio e richiamo di cotanto nome. La Golino ha dovuto perfino fondare, con il suo compagno Riccardo Scamarcio, una nuova casa di produzione, per realizzarlo.

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La sua caparbietà le ha dato ragione. Ne ha fatto un film fortissimo e delicatissimo al contempo. Struggente. Un film che non è ideologico, non è contro nessuno, ma è verso tutti. Non è un film sulla morte. Semmai un inno alla vita. Un grande film d’amore. D’amore per la vita, ma anche d’amore filiale, intellettuale. In definitiva, amore umano.

Un film che rasenta la perfezione formale. Senza fronzoli, senza virtuosismi registici. Ma senza nemmeno una sbavatura. Misurato. Contratto, come una corda di violino. Preciso. Rigoroso. Senza indulgenze. Senza scivolamenti nel retorico. Senza ricatti emotivi (fate attenzione alla colonna sonora, da compilation peraltro : nessuna musica è stata scritta per questo film, proprio per non indurre nessuna emozione aggiunta, ma solo una scelta, pregevole, di brani di repertorio, quello che fa la protagonista, con squisita sensibilità, nel preparare CD ad hoc per accompagnare l’ultimo momento dei suoi clienti).

La Golino ha dimostrato di saper rubare, alla grande, il mestiere ai tanti grandi registi che l’hanno diretta in tutto il mondo. Una lezione di cinema. Che dimostra come il cinema possa guardare in faccia la realtà. Per cruda che sia. Come quasi sempre succede, i grandi attori che passano dietro la macchina da presa, danno il meglio di sé nella direzione degli attori. Qui tutti ai loro vertici espressivi. Jasmine Trinca, che ultimamente ha mostrato un grande talento selettivo nello scegliere i copioni, è alla sua interpretazione più convincente di sempre. Formidabile la resa della sua famelica voglia di vita, nelle forsennate nuotate e nei furiosi amplessi, che usa come antidoto alle sue missioni di morte.

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Monumentale la recitazione di Carlo Cecchi, che buca lo schermo ad ogni apparizione e suscita la meraviglia di come sia possibile che il nostro cinema non faccia un uso quotidiano di questo immenso tesoro di bravura. In Italia è uscito in 100 copie : una grande scommessa. Da non perdere!

*****

Curiosità 1: ho visto questo film nella Commissione di Revisione Cinematografica (ex Censura) del Mibac di cui faccio parte come esperto di cinema. È invalsa la facoltà delle case di distribuzione di chiedere alle commissioni il cosiddetto “ascolto”. Una sorta di breve arringa difensiva preventiva contro un temuto divieto ai minori. Che viene in genere affidata a dei professionisti del settore, che, peraltro, non vanno troppo al di là del “mi rimetto alla clemenza della corte”. Non mi era mai capitato invece che si presentassero a perorare la causa del proprio film regista e produttore in persona. La Coppia Golino-Scamarcio si è presentata , timorosa ed apprensiva, quasi “con il cappello in mano”, per difendere con passione il loro lavoro.

Quando il bel tenebroso del nostro cinema mi ha stretto la mano, si è presentato così: “piacere, Riccardo Scamarcio”. Una frase di una comicità irresistibile. In Italia Scamarcio è celeberrimo anche per chi non va mai al cinema. Figuratevi per uno come me che vede e recensisce centinaia di film ogni anno. Ed infatti mi è venuto da ridere. Ma l’aria era talmente rispettosa, direi ossequiosa, con occhi languidi da cagnone di Walt Disney, ed un atteggiamento così tenero, che mi sono trattenuto, senza troppi sforzi, dovessi dire. Anche la Golino è stata deliziosa. Ma non si sono dovuti spendere più di tanto. La commissione, nella sua interezza, era già stata conquistata dal film. E non lo ha vietato.

Curiosità 2 : nel film viene inquadrato per tre volte il nuovo ponte della Musica sul Tevere, inaugurato di recente a Roma, nei pressi dello stadio Olimpico. E’ l’unica volta che l’ho visto pieno di pedoni (comparse pagate, ovviamente), essendo per solito assolutamente deserto, a qualsiasi ora!

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Frasi del film :


 “Sono Miele”.

 « Come?’

 « È il mio nome di servizio. Allora mi dica ».

 « Sono nelle sue mani, è la prima volta che muoio!”. (Jasmine Trinca e Carlo Cecchi).


 “Certo che fa proprio un lavoro di merda!”. (Iaia Forte a Jasmine Trinca).
-“Il vecchio sta meglio di me e di te messi assieme. Io non sono un killer, non ammazzo i depressi!”. (Jasmine Trinca a Libero De Rienzo).


 “Certo capisco, con i malati è più facile. Vedere un corpo che si disfa, fa nascere la -compassione. Invece una malattia invisibile, è più difficile…”. (Carlo Cecchi a Jasmine Trinca).


 “Che cos’è quella cosa? »

 « Un piercing ».

 « E a cosa serve? Immagino abbia un significato per lei.

 « I sacerdoti aztechi usavano pungersi la lingua con uno spillone di agave. Il sangue che usciva era il simbolo di una vita nuova che nasce! »

 « Che stronzata! »

 « Come? »

 « La stupidità moderna non ha limiti!”. (Carlo Cecchi e Jasmine Trinca).


 “Nessuno vuole morire veramente. Di quelli che ho visto in questi anni. Vogliono vivere. Vogliono vivere tutti. Solo che quella non è più vita!”. (Jasmine Trinca a Carlo Cecchi).

Catello Masullo

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