Il governo Letta. Problemi e prospettive tra Italia ed Europa.

Si possono avere idee diverse sul governo Letta. Soprattutto, si può valutare in modo differente l’operazione “grande-coalizione” che, dopo essere stata “tecnica”, è divenuta “politica”. Senza dubbio Berlusconi ha il potere di decretare la fine del governo, quindi può condizionarlo in modo maggiore di quanto non dica la lista dei ministri. Ma Letta potrebbe riuscire dove Monti ha fallito, ossia rimettere in moto l’economia italiana. A quel punto diverrebbe più difficile sfiduciarlo.

Giuramento del governo Letta

Tuttavia non è oggi chiaro cosa Letta farà domani, quale sarà la sua agenda per il rilancio dell’economia. Meno tasse e meno tagli, magari con l’aiuto di un’Europa meno severa, potranno essere sufficienti per la ripresa economica? No. Credere che questa sia la ricetta è un errore. Davvero si pensa che basti meno rigore, quello insopportabile e freddo dei tecnici? Non è invece su un “più” politico che deve misurarsi un nuovo governo? Ma se sì, come sperare che sia una grande-coalizione capace di produrlo? Un governo dovrebbe scegliere tra una ricetta di “destra”, alleggerire lo Stato e privatizzare, oppure una ricetta di “sinistra”, riequilibrare il divario economico per rafforzare il tessuto sociale. Ci può riuscire Letta? Come? A quale prezzo?

Nonostante i dubbi sul nuovo governo, occorre ricordare che un governo alternativo, quello di un Partito democratico sostenuto dal Movimento 5 stelle, non avrebbe avuto vita facile. Non solo e non tanto per l’indisponibilità del partito di Grillo a “fare agenda”, preferendo convergere solo su singoli punti. Quanto e soprattutto per le divisioni interne al Partito democratico. Come tutti gli italiani hanno compreso, dentro il più grande partito del centro-sinistra italiano sono attive forze centrifughe e deflagranti. Ricordiamolo ancora una volta: il fatto che 101 tra deputati e senatori abbiano votato contro la figura più rappresentativa e nobile del loro partito, Romano Prodi, è di una gravità che non ha eguali nella storia della sinistra italiana. Letta è il prodotto di questo fallimento e della successiva elezione di Napolitano. Il successo del suo (di Letta) governo potrebbe addirittura essere favorito dall’implosione del suo (di Letta) partito.

Romano Prodi

Non è la prima volta che la crisi italiana si accompagna alla crisi della sinistra e del centro-sinistra. È accaduto già negli anni Settanta, quando Berlinguer si convinse che senza i democristiani non era possibile andare al governo in Italia. Tuttavia ogni paragone con il passato, quando c’era la Guerra fredda, è fuorviante. Il governo Letta non nasce in continuità con i governi di Prodi, ossia di quei governi che grazie alla fine della Guerra fredda trasformarono le vaghe formule del tempo di Berlinguer, quelle della non-sfiducia, della solidarietà nazionale o del compromesso storico, in un vero centro-sinistra di governo. Come già detto, il governo Letta nasce dalle ceneri del Partito democratico e quindi di quel progetto-Prodi per la Seconda Repubblica non ha nulla.

Lo scenario è cambiato e le prospettive dell’agenda Letta devono essere considerate in un quadro realmente europeo. Questa è la novità da quando è iniziata la crisi dell’Eurozona nel 2008. A questo proposito mi pare opportuno ricordare che nell’agosto 2011, commentando una proposta di Prodi e del prof. Quadrio Curzio sulla necessità di emettere titoli europei (valorizzando le riserve auree di cui l’Italia e l’Europa sono ricche), Letta dichiarò: “È la proposta giusta quella che dalle colonne del Sole24Ore Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio prospettano oggi sulla necessità del lancio degli EuroUnionBond. Solo così infatti si rilancia l’Europa in un momento in cui l’Europa comunitaria rischia una crisi senza precedenti. Da questa crisi si esce solo in avanti secondo la proposta di Prodi e Quadrio Curzio”. Può Letta, nonostante quanto abbiamo detto, riuscire a favorire questo indirizzo?

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Occorre ricordare che la proposta di Prodi e Quadrio Curzio – il quale interverrà, proprio su questi temi a Perugia, il mercoledì 8 maggio (diretta streaming e in seguito differita su Altritaliani.net) – nasceva in risposta alla bocciatura degli Eurobond decisa in un vertice Merkel-Sarkozy, quando Francia e Germania fecero capire che, così, intendevano non pagare i debiti di altri Paesi europei. Con l’elezione di Hollande in Francia, il panorama politico è cambiato ancora nell’Eurozona, ma nonostante l’asse tra Parigi e Berlino si sia incrinato, restano comunque ristretti gli ambiti di manovra italiani. Quante possibilità ha Letta di trovare in Europa la forza per manovrare e rimettere in moto l’economia italiana, magari seguendo le indicazioni di Prodi e Quadrio Curzio?

Negli anni del centro-sinistra storico, quello che vide prima il ritorno di Pietro Nenni alla guida della politica estera italiana e poi l’inizio della lunga attività internazionale di Aldo Moro (che da parte democristiana avviò quell’idea di nuovo centro-sinistra, successivamente maturata con Berlinguer), l’Italia si attivò per indebolire l’asse franco-tedesco favorendo l’ingresso della Gran Bretagna nella Comunità europea. Si trattò di un’azione discutibile, visto che un asse tra Roma e Londra sulle questioni europee non era pensabile neppure a quel tempo.
Alberto Quadrio Curzio

Ciò che guidò la diplomazia italiana fu, molto probabilmente, la necessità di dare un segno di cambiamento alla politica estera. Ho ricordato questo esempio, per dire che quel modo di agire nel contesto europeo sarebbe oggi fuori luogo.
Letta non è nelle condizioni, come abbiamo detto, di imporre una svolta all’azione europea dell’Italia alleandosi con Hollande, come sperato dal centro-sinistra italiano. Ma se Letta non può guardare alla Francia, come avrebbe voluto fare l’ex leader del Partito democratico Bersani, questo non è una male, semmai è un bene per il suo governo. Letta non deve trovare alleati in chiave inter-governativa a Parigi o in qualche altra capitale europea, ma deve cercarli a Bruxelles, sede delle istituzioni europee, e a Francoforte, sede della Banca centrale.

Dal governo Letta non c’è niente di buono da attendersi per la sinistra e per il centro-sinistra italiano. Tuttavia, se il primo ministro saprà capire le logiche post-nazionali e post-ideologiche che muovono la finanza europea, allora potrà ottenere quello che economisti seri come Prodi e Quadrio Curzio hanno proposto, andando in tal modo oltre il rigore di Monti. Ciò aiuterebbe la ripresa dell’Italia. Ma senza quel “più” politico di cui si diceva all’inizio – un di più che, sia chiaro, Letta non può dare – difficilmente il Paese uscirà in modo definitivo dalla “tempesta perfetta” in cui si è cacciato negli ultimi due mesi.

Emidio Diodato

Professore associato di Scienza politica

Università per Stranieri di Perugia

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Emidio Diotato
Professore associato di scienza politica presso l'Università per Stranieri di Perugia