La corsa al Quirinale: La Gabanelli e il gatto.

Parlamento riunito al voto per il nuovo Capo di Stato. Rompe gli indugi il M5S, candidando la Gabanelli (o forse Rodotà). Bersani indugia. Berlusconi vuole le larghe intese ed un presidente a lui gradito. Ma la cosa più ovvia sarebbe Romano Prodi, una scelta quasi naturale. E, allora, il confronto, ma forse non lo scontro, potrebbe essere tra la Gabanelli e il….

Sarebbe un errore gravissimo se il PD invece di capire che occorre rinnovare il partito secondo la naturale sua evoluzione, si scindesse in due forze politiche entrambe più deboli del loro originario.

Alla vigilia della convocazione delle camere in seduta congiunta per l’elezione del nuovo capo dello Stato i democratici sono entrati in fibrillazione e il rischio frattura appare possibile se non probabile.

Eppure, dopo le primarie e prima (ma anche dopo) delle elezioni, il candidato Bersani aveva annunciato che dopo il voto si sarebbe cambiata leadership nel partito e aveva “auspicato” che a succedergli fosse Matteo Renzi, il suo competitor nelle primarie.
Il voto è andato come è andato e Bersani ha deciso, forse contro ogni logica, di andare avanti nel suo tentativo (finora vano) di coinvolgere i grillini per un governo di cambiamento; Era la cosa giusta da fare, ma i matrimoni si fanno in due e se il M5S non è consensiente è inutile perdere tempo con altre lusinghe.

Ora, si propone la questione elezione del Presidente della repubblica e mentre gli M5S hanno scelto (sarà poi vero che hanno scelto?) Milena Gabanelli, straordinaria giornalista, di grandissima professionalità, autrice di Report programma televisivo d’inchiesta, gli altri partiti si trovano a ricercare una sempre più vana intesa per un Presidente che sia espressione della più larga maggioranza politica.

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Grillo ora sembra aprire un “furbetto” spiraglio a Bersani: Se il PD vota la Gabanelli o in alternativa Rodotà (in caso di rinuncia della giornalista) si potrebbe iniziare a discutere. Rodotà è figura di alto profilo, esperto giurista, ma di scarsa esoperienza internazionale. Bersani potrebbe ricordare a Grillo che tra i loro candidati c’era anche Prodi, gradito ai grillini, cattolico, già leader due volte vincente contro Berlusconi e per questo non gradito in partenza dal PDL, tuttavia una figura unificante tra i cittadini.

Il problema è che Prodi potrebbe scegliere di tornare alle urne subito dopo la legge elettorale, cosa non gradita allo stesso Bersani, che teme la sua uscita di scena nel momento in cui cio’ accadesse. In tal caso arriverebbe Renzi e questo segnerebbe una svolta nel PD con la probabile fine della stagione bersaniana. Ecco il dilemma. Sul nome di Prodi convergono Vendola e Renzi.

Effettivamente, persa la possibilità di Monti, che salito in politica ha perso il suo ruolo di arbiro e garante superpartes, Romano Prodi, appare figura più che autorevole, forse non gradita al PDL ma certamente la sua storia ha uno spessore europeista e di unione tra i cittadini. Vicino ai cattolici, leader dell’Ulivo e (purtroppo anche dell’Unione), esperto in temi economici, già presidente della Commissione europea, dovrebbe essere la scelta naturale del centrosinistra.

Ma ancora una volta la governance del PD sembra perdersi in astruse alchimie. Certo che è meglio avere un presidente condiviso da tutti, ma la recente storia dimostra che Napolitano che fu eletto a maggiuoranza ed è stato, tuttavia, un ottimo garante per tutti inclusa la destra che l’aveva duramente osteggiato al momento dell’elezione. Bersani dovrebbe pensare che scelto Prodi si potrebbe aprire una possibilità di governo del cambiamento con i grillini e male che vada si tornerebbe al voto, ma da una posizione di forza.

Berlusconi sa bene, che un mancato governo tra PD e M5S, gli riaprirebbe le porte di un più che probabile successo elettorale ed un quarto mandato, cosa per cui dovrebbe ringraziare a Grillo e il suo rozzo massimalismo. Successo che sarebbe ancora più garantito (secondo tutti i sondaggi) da un’eventuale pervicacie resistenza di Bersani a non voler uscire di scena bloccando cosi il processo di rinnovamento già in atto, tra mille contraddizioni, nel PD. Il tutto dopo che lo stesso aveva annunciato più volte che il futuro era Renzi; una contraddizione che sta costando moltissimo al centrosinistra specie in termini di credibilità.

La liquidità del mondo moderno è dimostrata emblematicamente dalle ultime vicende politiche italiane. In meno di un anno siamo passati dalla quasi dipartita del PDL, alla possibile scomparsa del PD.

Naturalmente, il tema dell’elezioni del presidente è un tema cruciale. Se è vero che un tempo questa elezione aveva un valore più simbolico, di rappresentanza, se si vuole limitato ad una forma di controllo sui poteri dello Stato, oggi, viceversa, in virtù delle sempre più numerose anomalie del sistema italiano, il Presidente ha assunto un ruolo importantissimo, come ha dimostrato il settenato di Giorgio Napolitano, come garanzia dell’unità nazionale e della difesa e rispetto della Costituzione.

Chi sarà il presidente per i prossimi sette anni è quindi cosa di assoluto valore politico.

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Ma proprio per questo si impone anche una scelta che indichi una via politica per il futuro del sistema Italia. Occorrerebbe come ricordano Vendola e Renzi una scelta sullo stile Boldrini/Grasso, ovvero una scelta di alto profilo politico. Una figura che sia di indubbia competenza di rinnovamento e che non sia compromessa con quanto è percepito essere della vecchia politica.

In tal senso sono comprensibili i nomi di Prodi, ma anche di Rodotà, dello stesso Zagrebelsky, forse della Bonino. Molto meno nomi come D’Alema, Amato, Marino, Finocchiaro, tutte persone magari in se rispettabilissime e competenti, ma che evidentemente non possono rappresentare la discontinuità, la rottura con un vecchio sistema politico che si vorrebbe al tramonto.

In tal senso, forse Renzi sarà stato poco politicante nell’esprimere il suo dissenso su alcuni di questi nomi, ma in effetti ha interpretato un sentire difuso tra la gente ed in particolare proprio nel popolo del centrosinistra. Dispiace la reazione di alcuni interessati, che creano dubbi sulla tenuta politica del centrosinistra, ma ancora una volta, la vecchia dirigenza del PD ha dimostrato scarsa sensibilità politica, volendo far girare dei nomi che non andavano nemmeno pronunciati e questo ribadisco non perché si tratti di corrotti o di personaggi culturalmente e politicamente irrilevanti, ma semplicemente perché si tratta di figure simbolo di tutta una stagione politica che si vorrebbe cambiare, espressioni di un mondo e di un modo di fare politica che è al capolinea.

Il nuovo Presidente non potrà più essere un uomo che ha partecipato alla stesura della Costituzione, non potrà essere un protagonista della lotta antifascista e della resistenza, per motivi anagrafici non potrà che essere al più un figlio del dopoguerra. In tal senso occorre una figura competente, preparata ma capace di essere operativa su un futuro prossimo in netta evoluzione.

Secondo il FMI saremmo prossimi alla ripresa (addirittura si prevede un +0,5 di crescita per il 2014) e se come sostiene il presidente della Confindustria, Squinzi, si puo’ agganciare la ripresa, occorreranno rinnovamento e competenza, specie nelle istituzioni. Decisioni rapide nel conferire un incarico di governo o nel ritornare alle urne. Il paese deve ripartire senza più esitazioni.

La candidatura di Prodi potrebbe infine saldare i rapporti tra Bersani, Vendola e Renzi, risultando in ultima analisi gradita anche ai grillini e non credo sia inaccettabile per gli stessi montiani. Potrebbe essere la quadratura del cerchio che darebbe un colpo definitivo all’anomalia Berlusconi. Cosa dovrebbe desiderare di più un centrosinistra che predica il rinnovamento?

(nelle foto dall’alto in basso: Milena Gabanelli e Romano Prodi).

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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