Destra e sinistra: “la famigerata distinzione” di Bobbio esiste ancora.

Fortuna e falsificazioni del pensiero di Norberto Bobbio che già nel 1994 si opponeva a chi segnava la fine della tradizionale bipartizione del pensiero politico. Da Giddens e la sua terza via al “paradossale” marxismo-ratzingeriano come lo definisce la scrittrice Noemi Ghetti. Un territorio per una riflessione sulla politica che potrà suscitare dibattito e polemiche.

A quasi venti anni dalla prima pubblicazione, l’aureo libricino di Norberto Bobbio non ha perso il suo appeal: uno strepitoso successo immediato (trecentomila copie vendute nel primo anno), traduzioni in venti lingue diverse, una fortuna scandita dalla sequenza delle nuove edizioni da parte dell’editore Donzelli, fino all’ultima del 2010.

L’attualità del saggio “Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica” dal 1994, anno della “discesa in campo” del Cavaliere, è anzi sempre aumentata, e in questi ultimi tempi sulla stampa si moltiplicano gli interventi di politici ed economisti che lo citano.

Sulle pagine di “la Repubblica” del 15 gennaio Anthony Giddens, si chiede «Destra e sinistra sarebbero concetti superati, obsoleti, privi di senso, come qualcuno sostiene nella campagna elettorale italiana?».

bobiothumbs.jpg Ed è davvero sorprendente che l’economista britannico, che nel 1994 in “Oltre la destra e la sinistra” dichiarava la fine o meglio l’inesistenza della distinzione, si collochi adesso sotto il segno di Bobbio, che allora lo contestò apertamente. Destra e sinistra, egli scrive, esistono ancora, e «la discussione sul presunto superamento di concetti come “destra” e “sinistra” ha un difetto di fondo: quello di indurre a credere che, nel mondo di oggi, ci sia bisogno di meno politica di quello di una volta, ossia di meno ideologia, meno partiti, meno governo, come se tutto dipendesse dall’essere disponibili o contrari al cambiamento, inteso come generale progresso dell’umanità». Mentre, al contrario, «i problemi globali dimostrano che solo un intervento collettivo di sana governance può mettere il nostro pianeta sulla strada giusta».

Ma Giddens, celebre teorico della “Terza via” (1999) e mentore di Tony Blair e di Veltroni, dopo aver sancito che «a sinistra non c’è più l’utopia socialista», risponde all’istanza di «un genuino riformismo europeo di sinistra» e di «una ripresa sostenibile» con prospettive che non vanno al di là di un generico «progressismo capace di conquistare consensi al centro, comprendendo le legittime preoccupazioni dei ceti medi (…) non senza rinunciare alle aspirazioni di una società più giusta e egualitaria».

La soluzione è in conclusione quella di «una nuova rivoluzione industriale e tecnologica». Alla luce della proposta, l’ottimismo di Giddens appare poco convincente, e la chiamata in causa di Bobbio addirittura strumentale.

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Immaginare una nuova politica globale imperniata su una nuova economia, alla luce di quanto sta accadendo, è un’ipotesi quanto meno parziale. La sinistra necessita, prima di tutto, di una nuova cultura per potersi opporre al vuoto culturale su cui evidentemente poggia i piedi anche la recente alleanza dei “moderati” di centro. Necessita di una nuova “antropologia” rispetto a quella, vetustissima, invocata ultimamente dai cosiddetti marxisti-ratzingeriani, Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti, Giuseppe Vacca, che auspicano il “superamento” del “relativismo etico” e l’avvento di “un nuovo umanesimo” sotto l’egida dei “valori non negoziabili” della Chiesa. Insomma, una versione filosoficamente aggiornata del cattocomunismo, un’aufhebung hegeliana che intenderebbe “sussumere” l’opposizione tra destra e sinistra a un livello superiore, di fatto eliminandola.

Nello sconcerto ci soccorre Bobbio, lungimirante pensatore laico, antifascista e azionista, richiamandoci dalle nebulose astrazioni della filosofia della storia alla storia reale. Già all’indomani della caduta del muro di Berlino scriveva che l’“al di là” della storica diade, invocato da ex militanti di una sinistra esautorata dalla dissoluzione del comunismo, in realtà non è affatto una sintesi che ingloba i due opposti, ma «il loro completo disconoscimento, la loro radicale falsificazione». Allo stesso modo l’espressione montiana “salire in politica”, che tanto piace a Mario Tronti (“Ora la vera sfida è sulle idee”, l’Unità 30.12.12), è un “superamento” che di fatto intende eliminare ogni precedente opposizione.

L’idea di uguaglianza, essenziale presupposto di qualsiasi idea di libertà, è la nettissima linea di demarcazione che distingue la sinistra dalla destra, la stella polare a cui essa guarda. «Nucleo irriducibile, ineliminabile e come tale sempre risorgente, insieme ideale, storico ed esistenziale», l’egualitarismo rimane pur tuttavia una tendenza, un’aspirazione, come ammette Bobbio. Motto della rivoluzione francese al pari della libertà, è un ideale difficile da definire. Un contenitore vuoto a cui, ormai è evidente a tutti, né il marxismo né il freudismo hanno saputo dare contenuti veri. L’uno perché ha tragicamente mancato di riconoscere, nell’essere umano, l’esistenza della realtà non cosciente, e con essa la fondamentale differenza tra bisogni materiali ed esigenze di realizzazione dell’identità, di cui ciascun essere umano è portatore per nascita.

A prescindere dalle differenze di sesso, di etnia, di classe. L’altro perché ripropone, nella falsa visione del neonato polimorfo e perverso, autoerotico e narcisista, la vecchia dottrina cattolica del peccato originale.

Se la sinistra condivide con la destra l’ideologia della scissione originaria tra spirito e corpo, questo è appunto il suo problema fondamentale. Come pensare a una vera uguaglianza, al superamento dei totalitarismi e del razzismo, se l’idea è quella della natura umana cattiva, animale o demoniaca, condivisa da Platone e Cristianesimo, che solo la ragione o la religione potrebbero e dovrebbero controllare?
«Il comunismo storico è fallito – leggiamo nelle ultime pagine del libro –. Ma la sfida che esso aveva lanciato è rimasta (…) Basta spostare lo sguardo dalla questione sociale dei singoli stati, da cui nacque la sinistra nel secolo scorso, alla questione sociale internazionale, per rendersi conto che la sinistra non solo non ha compiuto il suo cammino ma lo ha appena cominciato».

Vignetta di Altan

Raccogliamo il prezioso testimone offertoci dal grande pensatore della sinistra, per continuare la ricerca dell’uguaglianza, cominciando a rifiutare che la razionalità costituisca la specificità umana, vecchia e falsa idea religiosa fonte di tutte le discriminazioni e di tutti i razzismi.

La “catastrofe antropologica” denunciata dal marxismo ratzingeriano, in realtà è la crisi irreversibile di millenni di cultura razionale e religiosa, e non può essere certo sanata da un ritorno ai precetti della morale cattolica, per la quale la sola uguaglianza è quella dopo la morte, davanti a Dio.

Se poi passiamo al fronte laico, l’eguaglianza radicale di tutti in tutto, che è il nerbo del pensiero degli utopisti, è una formulazione astratta, come l’idea della libertà assoluta. Un’idea, Bobbio osserva, che si è rivelata storicamente funesta, l’«utopia capovolta» del comunismo reale. Con la differenza, osserva acutamente, che il termine eguaglianza è sempre in relazione ad un altro termine. «Posso dire: io sono libero, ma non: io sono eguale».

È un’idea che implica il rapporto con gli altri esseri umani. E il metodo di pensiero razionale, che nello studio della realtà umana si ferma alla coscienza e al comportamento, mostra qui il suo limite storico.

Un nuovo umanesimo può essere fondato solo sull’idea di una nascita sana, e non scissa, della realtà mentale di tutti gli esseri umani per trasformazione dalla realtà biologica. Dal 1971, anno della pubblicazione di Istinto di morte e conoscenza, la teoria della nascita di Massimo Fagioli offre alla sinistra il vero fondamento dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani, e la possibilità di comporre secondo un criterio universale uguaglianza e diversità, a partire da quella fondamentale tra uomo e donna.

(Nelle foto dall’alto in basso: il libro di Bobbio e Norberto Bobbio)

Noemi Ghetti

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Noemi Ghetti
Noemi Ghetti vive a Roma. Laureata in Storia greca all'Università di Padova, ha compiuto studi filosofici all'Università di Firenze, città dove ha insegnato a lungo nei licei. Studiosa di storia, di letteratura e di linguistica, collabora con numerose riviste (tra cui Altritaliani) ed è autrice di trasposizioni di classici per ragazzi, per reading e per drammi musicali. Saggista, ha pubblicato diversi volumi tra cui 'L'ombra di Cavalcanti e Dante' e 'Gramsci nel cieco carcere degli eretici' per l'Asino d'oro Edizioni. Per Donzelli ha pubblicato 'La cartolina di Gramsci. A Mosca, tra politica e amori, 1922-1924' e 'Gramsci e le donne. Gli affetti, gli amori, le idee' , Premio FiuggiStoria sezione biografie 2020.

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