Le favole non sono bugie.

Per questo Natale mi piacerebbe raccontare delle favole a dei bambini. Mi ricordo l’emozione e la paura di leggere Cappuccetto Rosso, Pollicino, Hansel e Gretel. Conservo ancora dentro di me quella strana sensazione data da un racconto scritto dai grandi, la nebbia sui significati, il coinvolgimento emotivo e il pathos nonostante la non chiarezza dell’intricato tragitto narrativo.

Erano storie incredibili, forti, delicate, tremende; riuscivano a farci viaggiare dentro immagini e testimonianze attraverso l’inconscio come se questo fosse l’unica cosa che potesse accomunare nella stessa misura bambini e adulti.

Attraverso le favole abbiamo capito come fosse l’abbandono, come fosse essere disprezzati e derisi, come fosse essere poveri e senza scarpe. Attraverso un lungo racconto percepito a gocce abbiamo capito che non di tutti gli adulti ci si poteva fidare e che erano proprio loro a volerci mangiare, ingoiare, farci a pezzetti, chiudere in una gabbia fino a farci diventare grassi come tacchini per poi cuocerci come bestie, senza che la nostra posizione da indifesi facesse scaturire qualche sentimento di pietà. Lo shock di Pollicino per aver scoperto che sono stati proprio i suoi genitori ad averlo abbandonato ha pure un’ eterna ripetizione di quel traumatico avvenimento. Così il ragazzino è costretto a lasciare mollichine per strada per ritornare a casa, come pure succede ai fratelli Hansel e Gretel, una volta persi, non troveranno magie e cose buone lungo la strada, ma subito qualcuno che approfitterà del loro essere bambini. Qualcuno che addirittura vorrà mangiarli!

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E i genitori? I bambini una volta abbandonati si potrebbero domandare se questi genitori fossero a conoscenza di come va il mondo là fuori…e la risposta è satura di una profonda amarezza. Una malinconia che li renderà adulti in poco tempo, quando saranno costretti a badare a se stessi e ad escogitare qualcosa per non venir mangiati, quando faranno appello alla furbizia, alla scaltrezza, alla freddezza, una volta elaborata la delusione divenuta poi disillusione. La nebbia che offuscava quegli occhi da bambini adesso è sparita. Quegli occhi vedranno un mondo per com’è realmente, fatto di orchi, streghe cattive, genitori che hanno messo in pericolo i loro figli senza proteggerli, balene che ingoiano tutto, fame, povertà, boschi fitti da cui è impossibile uscire e non perdersi.

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La fine di queste favole non sarà mai così tremenda nonostante il percorso accidentato. Gli incontri del gatto e della volpe non saranno gli unici. Tra un mucchio di orribili creature si potranno scorgere anime buone, che ti ameranno senza chiederti niente. E allora l’apparizione della fata turchina sarà un’apparizione meravigliosa, estatica. Hansel e Gretel in fondo non sono mai stati soli, ma la solidarietà di esseri fratelli li salverà da un’orrenda fine. Le persone buone le incontreremo, forse non subito, ma saranno quelle che cambieranno la nostra preannunciata fine in un’ inizio meraviglioso, dove c’è chi diventa perfino un bambino vero essendo stato per troppo tempo un banale pezzo di legno. E’ l’amore che ci rende esseri umani, nient’altro in questo mondo. Siamo noi stessi a dare senso alle cose, come a questo Natale.

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Qualcuno potrebbe preferire le Winx da regalare piuttosto che favole così tristi. A me piacerebbe scrivere favole dove gli stereotipi crollano e si guarda alla vita con una maniera diversa di sperare, favole che insegnino a piccoli umani che quello in cui dobbiamo credere non è uno stereotipo in cui non troveremo appiglio nei momenti di difficoltà, ma persone che ci sanno amare e che ci salveranno dalla dannazione di vagare dispersi in un bosco tutta la vita. E i genitori saranno chi ci amerà in modo sano e chi ci proteggerà dal male, gli amici saranno quelli in cui possiamo contare, solidali e generosi, le cose in cui credere saranno quelle che ci faranno diventare uomini dalla testa ai piedi, che ci faranno provare emozioni, che ci faranno smettere di fare del male agli altri, che ci obbligheranno a fare scelte dolorose, ma che non ci condanneranno a vivere la vita come un insensibile pezzo di legno.

Emanuela de Siati

Il blog di Emanuela

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Emanuela De Siati
Emanuela De Siati, nata a Mazara del Vallo in Sicilia nel 1980. Ha una laurea in Storia e Critica del Cinema e una magistrale in Italianistica presso l'univesità di Bologna dove vive. Scrive e disegna per alcune riviste e siti on line. Cura due blog personali : http://emanueladesiatidisegni.blogspot.it/ e emanueladesiati.wordpress.com

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